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La Voix de la Russie, 26 dicembre 2013 (trad. Ossin)



Le Monarchie del Golfo si preparano alla guerra

Sergei Duz


Le monarchie del Golfo Persico formano una forza di difesa collettiva di centomila uomini. Fino a che punto questa decisione è stata influenzata dalla crescente minaccia che viene dall’Iran?


Metà dicembre, il Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo, composto da sei monarchie arabe, l’Arabia Saudita, Oman, il Kuwait, Bahrein, gli Emirati arabi uniti e il Qatar, ha annunciato la creazione di un comando militare unico il cui quartier generale sarà a Ryad. Saranno i militari sauditi a dirigere il gruppo. In senso stretto, questi paesi già disponevano di una forza comune di azione rapida. Tuttavia, secondo Elena Melkoumiane, professoressa del dipartimento dell’Oriente contemporaneo dell’Università statale di scienze umane della Russia, si tratta adesso di elevare la cooperazione tecnica e militare ad un rango superiore.


“Si tratta oggi di allargare, accrescere numericamente questa forza. Comunque, in linea generale, le monarchie del Golfo Persico dedicano maggiore attenzione alla cooperazione militare. Da un lato è la continuazione di quanto già accadeva prima. Dall’altro le monarchie si concentrano oggi sugli aspetti di difesa. Vedono nell’Iran una grande minaccia. E visto che l’Iran ha cominciato a negoziare con gli Stati uniti, e che ha firmato un accordo preliminare a proposito del suo programma nucleare a Ginevra, gli Stati del Golfo Persico capiscono che la situazione sta cambiando.

E, se prima si affidavano al ruolo moderatore degli Stati uniti, ritengono oggi di dover fare più conto sulle loro stesse forze”.


Non bisogna per questo pensare che le monarchie del Golfo Persico siano un blocco militare e politico. A questo o quel livello essi sono legati dalla medesima forma di governo, dal sunnismo e dal commercio degli idrocarburi. Ma le divergenze tra di loro sono profonde. In una situazione diversa potrebbero essere una vera e propria barriera contro una maggiore integrazione. Vassili Kouznetsov, ricercatore all’Istituto di studi orientali dell’Accademia russa di scienze, è convinto che, di fronte a un Iran che raccoglie le sue forze, queste monarchie sono pronte a passare su molti dei loro disaccordi.


“Certamente la situazione nella regione del Golfo Persico si aggrava sempre di più. Vi sono due potenze concorrenti: l’Arabia saudita e l’Iran. Il Consiglio di cooperazione è sempre stato un organismo che doveva unire le monarchie del Golfo Persico contro l’Iran. La minaccia è reale e la lotta è piuttosto seria. Ma, da un punto di vista operativo, nessuno degli eserciti del Golfo può rivaleggiare con quello iraniano. A prescindere dal livello di equipaggiamento, gli Iraniani si battono meglio. Peraltro una guerra tra questi paesi è assai poco probabile per diverse ragioni, prima di tutto grazie all’alto grado di pragmatismo dei regimi iraniano e saudita. Vedo piuttosto la creazione di una forza comune come un atto politico, positivo per le stesse monarchie arabe, in quanto dimostrativo della loro volontà di trovare un compromesso, e non come una risposta ad un rimescolamento delle carte nel campo della sicurezza”.


Possibile che la creazione di una forza comune da parte delle monarchie del Golfo costituisca un messaggio rivolto agli Stati uniti, che Ryad considera troppo presi dall’intento di stabilire delle relazioni con l’Iran. E’ evidente che la linea indipendente della politica estera saudita è vicinissima a quella della rottura del suo partenariato strategico con Washington. Gli Stati Uniti sono gli unici garanti della sicurezza dell’Arabia saudita nella regione.


In ogni caso, l’unione militare tra le monarchie del Golfo Persico, i cui contorni si fanno sempre più chiari, è potenzialmente capace di produrre effetti negativi sulla regione, contribuendo a rendere più tesi i rapporti tra Ryad e Teheran.