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Regno del Belgio


Un paese… in via di estinzione?


L’Expression 24 dicembre 2008



Incapace da più di un anno di darsi un governo, il paese sprofonda in una nuova crisi politica



La situazione non sembra prossima a risolversi. In piena crisi economica, il paese vive un vuoto di potere più lungo del previsto. Dopo le dimissioni del governo di Yves Leterme, lunedì 22 dicembre nessun nuovo Primo Ministro è stato designato, in mancanza di un candidato capace di raccogliere un ampio consenso. Il re del Belgio, Alberto II, cui spetta la decisione finale, si è limitato ad accettare le dimissioni del leader dei democratici cristiani fiamminghi, silurato dall’affaire Fortis, senza annunciare il nome del successore.
Il sovrano ha solo affidato nella serata ad un ex Primo Ministro, Wilfried Martens, 72 anni, una missione “esplorativa” consistente nell’avvio di consultazioni per tentare di formare un nuovo governo. Un comunicato del Palazzo reale recita: “Il re l’ha incaricato di svolgere una missione esplorativa per trovare rapidamente una soluzione all’attuale crisi politica. M. Wilfried Martens ha accettato la missione”.
M. Leterme, che aveva gettato la spugna martedì, dopo essere stato accusato di pressioni sulla giustizia nell’affaire della banca Fortis, resta solo per l’espletamento degli affari correnti. Durante tutta la giornata di lunedì, i media nazionali avevano rilanciato l’ipotesi di un ritorno alla testa del governo di un altro ex Primo Ministro, Jaen-Luc Dehaene. Ed altri nomi erano stati avanzati, tra i quali quello dell’ex capo del governo Guy Verhofstadt, o del liberale francofono Didier Reynders, ma nessuno è riuscito a raccogliere un consenso unanime nella colazione eterogenea uscente, che va dai cristiano-democratici, ai liberali, fino ai socialisti. Partiti che devono anche decidere se optare per elezioni politiche anticipate, nel prossimo giugno, da accorpare con le elezioni regionali e quelle europee, in modo da uscire finalmente dallo stato quasi permanente di campagna elettorale  che oggi paralizza il Regno. In tal caso, ritenuto il più probabile, il futuro governo sarà solo di transizione con una durata di qualche mese. Wilfried Martens, un cristiano-democratico fiammingo, come Yves Leterme, è stato capo del governo belga in modo praticamente ininterrotto dal 1979 al 1992.
La designazione di questo redivivo della politica belga riflette le difficoltà dei partiti politici ad accordarsi rapidamente su di un nome e sulla durata della nuova compagine. In Belgio, l’”esploratore” indica una personalità priva di ambizioni personali ed incaricata di consultare i dirigenti politici dei partiti, per verificare le diverse possibilità di coalizione.

E’ in questa piena instabilità politico-securitaria, che Israele esercita pressioni sul Regno per affermare il suo controllo su Gerusalemme, fino a rischiare di creare un incidente diplomatico col Belgio. Come? Fino ad oggi ha tenuto a freno le rivendicazioni immobiliari dell’uomo d’affari israeliano, David Sofer, sulla residenza consolare belga a Gerusalemme – villa Salamé. Ma recentemente il Ministero della Giustizia israeliano lo ha autorizzato a citare in giudizio il Belgio per ottenere il pagamento di anni di affitto insoluto. L’ambasciatore belga, Bénédicte Frankinet, ne è stato informato la settimana scorsa. Sofer potrà avviare la procedura a partire dal gennaio 2009.
Questo per il Belgio è un problema politico. La villa è stata costruita negli anni ’30 dal Palestinese Constantin Salamé, nella parte ovest della città che sarebbe diventata la Gerusalemme israeliana nel 1948. Con la creazione dello Stato ebraico, Salamé l’ha affittata al consolato belga ed è partito per l’esilio. Israele, da parte sua, se ne è considerata curatrice, avendo confiscato i beni palestinesi abbandonati nella parte ebraica della città. Ma il Belgio ha continuato a pagare l’affitto ai Salamé all’estero.
All’inizio degli anni ’80, all’insaputa del Belgio, Salamé ha venduto i suoi beni allo Stato di Israele, con l’impegno che quest’ultimo avrebbe ceduto la villa a Sofer, che avrebbe fatto da mediatore nell’affare. Lo Stato ha esitato a collocare la villa nel mercato privato, dal momento che si tratta di una sede diplomatica. Alla fine del 200, sempre all’insaputa del Belgio, ha ceduto finalmente la casa a Sofer, ma unicamente con una locazione della durata di 98 anni, imponendo varie condizioni a protezione dei Belgi che la tengono in affitto. Nel 2003 La Corte Suprema ha respinto un ricorso di Sofer che insisteva per ottenere la proprietà piena del bene. Da questo momento la situazione è rimasta in sospeso, con Sofer che restava un proprietario enfiteutico, soggetto ad una clausola restrittiva che impone di non avviare alcuna causa contro il Belgio, senza l’autorizzazione espressa del Ministero israeliano della Giustizia.
Nel frattempo, dagli anni ’80, il Belgio ha cessato del tutto di pagare i canoni di locazione, giacché Salamé non li ha più richiesti ed Israele non può accampare diritti. Perché fino ad oggi il Belgio, al pari di tutta la comunità internazionale, non riconosce il controllo di Israele sui beni palestinesi abbandonati a Gerusalemme ovest.
Secondo il Belgio, la questione deve essere regolata nel quadro di un accordo di pace che risolverà la questione di Gerusalemme in modo globale e indennizzerà tutti i palestinesi derubati. E questo ha, già nel passato, comunicato ad Israele.
A questo punto Israele ha fatto saltare la clausola restrittiva, almeno parzialmente, perché Sofer non sarà autorizzato a sfrattare i Belgi, ma potrà fare causa al governo belga per ottenere gli arretrati dei canoni di locazione che, secondo l’uomo di affari, ammonterebbero a 2 milioni di euro. Il bene varrebbe attualmente più di dieci milioni di euro.  


 



Conflitto di proprietà sul consolato belga in Israele

Lunedì il giornale Le Soir ha scritto di una causa immobiliare avente ad oggetto la proprietà dell’edificio affittato dal consolato belga in Israele, che vede contrapposti il Belgio e lo Stato ebraico e sta prendendo una piega politica.



Proprietario palestinese
La Villa Salameh, che si trova a Gerusalemme, appartiene secondo il Belgio all’uomo di affari palestinese Constantin Salameh ed alla sua famiglia, fuggiti in Libano nel 1948, durante le violenze giudaico-arabe che hanno accompagnato la nascita dello Stato ebraico. Il palazzo art-deco, costruito nel 1930 dall’architetto Marcel Favier, è considerato uno dei più belli di Gerusalemme. Dopo la fuga, l’uomo d’affari palestinese ha affittato la casa al Belgio, che ne ha fatto la residenza del suo console generale ed ha sempre scrupolosamente pagato il canone al proprietario.

“Legge sugli assenti”
Tuttavia, qualche mese dopo la nascita di Israele, la Knesset ha votato la “legge sugli assenti”, che autorizzava lo Stato a confiscare i beni dei Palestinesi in esilio che non si fossero registrati nei sei mesi successivi. Da dove si trovavano, Salameh e la maggior parte degli altri rifugiati non erano in grado di far valere i loro diritti. Così la villa Salameh  è diventata proprietà dello Stato ebraico che l’ha venduta qualche anno fa all’uomo di affari israeliano David Sofer, che risiede a Londra.

Davanti ai tribunali
“Proprietario” dell’immobile secondo il diritto israeliano, quest’ultimo esige che gli siano versati i canoni di locazione e reclama 2 milioni di euro di arretrati, mentre la famiglia Salameh si proclama ancora proprietaria del palazzo. Il Belgio non riconosce tuttavia validità alla “legge sugli assenti” e rifiuta di cedere alle pretese di Sofer. L’ambasciatore belga in Israele, Bénédicte Frankinet, è stato convocato la settimana scorsa al Ministero israeliano degli Affari Esteri ed è stato informato che il Governo israeliano aveva autorizzato l’uomo di affari a fare causa al Belgio davanti ai tribunali dello Stato ebraico.

Soluzione globale o niente
Secondo il quotidiano israeliano Yediot Aharonot, questa decisione fuori del comune è stata presa dal Ministro della Giustizia, Daniel Frydman in persona, con l’assenso della collega degli Affari Esteri, Tzipi Livni. La diplomazia belga ha fatto sapere ad Israele, da parte sua, che considera l’immobile illegalmente acquisito dallo Stato ebraico e che la questione potrà essere risolta solo nel quadro più globale della soluzione del conflitto israelo-palestinese. (belga/th)