Stampa









Haiti-Liberté, 20/26 gennaio 2010


Haiti distrutta e occupata!


di Hervé Jean Michel


Erano del 4 e 55 del pomeriggio, quel martedì 12 gennaio 2010, quando improvvisamente si è abbattuto l’apocalisse. La terra ha urlato e ha cominciato a bollire. Per pochi secondi che sono sembrati un’eternità, delle scosse di una tale potenza che gli Haitiani non l’avevano mai sperimentate, hanno martellato i dipartimenti dell’Ovest e del Sud-Est.
Di magnitudo 7,3 gradi della scala Richter, il terremoto ha provocato immensi danni in termini di vite umane e di perdite materiali. E’ stata una grande commozione, che nemmeno le espressioni più profonde e più significative possono descrivere. La natura sembrava armarsi per distruggere ogni essere umano ed ogni cosa nello spazio geografico dell’Ovest e del Sud-Est. Secondo alcuni sismologhi, queste regioni si trovano nelle zone delle faille della crosta terrestre, dove attività sismiche possono manifestarsi in modo assai violento. D’altra parte delle valutazioni circa le attività sismiche latenti nella regione avevano fatto presagire una catastrofe del genere. Tuttavia, a differenza dei fenomeni meteorologici, le attività sismiche non possono essere previste con margini di precisione.
Secondo l’agenzia di stampa Network, in un bilancio parziale: 70.000 cadaveri sono stati interrati in fosse comuni. A Port-au Prince, il 20% delle case sono state distrutte, il 50% a Jacmel e il 90% a Léogane. Tra gli edifici distrutti a Port-au-Prince vi sono anche: il Palazzo nazionale, il Palazzo di Giustizia, il Palazzo del Parlamento, Il Palazzo dei Ministeri, gli uffici della Direzione Generale delle imposte, ospedali, scuole, l’hotel Montana, l’hotel Cristopher, la Cattedrale di Port-au-Prince, la Cattedrale Sainte Trinité, facoltà universitarie, magazzini, gli uffici della Minustah, ecc.
Tra gli uccisi figurano: Heidi Annabi, capo civile della Minustah ad Haiti; Luis Dacosta, suo aggiunto; l’arcivescovo di Port-au-Prince; il vescovo coadiutore, Monsignor Joseph Serge Miot; il giudice Roc Cadet, decano del Tribunale civile di Port-au-Prince, due senatori di cui non sono menzionati i nomi, personalità del mondo politico, preti, religiosi e migliaia di persone della popolazione.
Otto giorni dopo il sisma, nel momento stesso in cui questo articolo è in redazione, mentre la popolazione sinistrata si trascina nelle strade tra i cadaveri, le immondizie e le macerie, il governo haitiano non ha ancora decretato lo stato di emergenza. Abbandonata a sé stessa, disprezzata, umiliata dal suo stesso governo, la popolazione sinistrata vive nell’attesa di un cibo qualsiasi per potersi alimentare. La totale assenza  di elementari misure di intervento da parte di questo preteso governo dimostra con chiarezza ch’esso non si è mai fatto veramente carico dell’insieme della società haitiana, contrariamente alle menzogne ufficiali, veicolate nei discorsi ufficiali, secondo le quali il governo ha ottenuto buoni risultati nei settori della sicurezza, della stabilità, nel concetto di un governo di unità nazionale.
 Oggi questa catastrofe che ha gettato la popolazione nella strada deve necessariamente aprire gli occhi a tutti gli ingenui, quelli che si accontentano di una spiegazione soggettiva per comprendere la realtà, rifiutando ogni analisi ch e si proponga di analizzare obiettivamente i fatti sociali. L’assenza totale del governo haitiano al fianco dei sinistrati del sisma del 12 gennaio 2010 significa chiaramente abbandono volontario a sé stessa di una popolazione diseredata, accettazione della sua decimazione per poter meglio dominare nella lotta di classe. Un popolo abbandonato a sé stesso, senza possibilità di intravvedere un domani migliore, senza capacità di capire e spiegarsi la sua situazione, è condannato a seguire qualsiasi pastore.
In mezzo al dramma che investe la popolazione haitiana, soprattutto i più poveri, in mezzo alla loro immensa disperazione, si levano delle voci per fare accettare la colpevolezza, una colpevolezza inventata di sana pianta per giustificare, legittimare la condotta di un governo irresponsabile, di un governo fantoccio, che costringe il suo popolo alla mendicità internazionale.
Non v’è motivo di teorizzare una sorta di complicità tra il governo haitiano assenteista, irresponsabile, ed il governo USA interventista, un interventismo per rafforzare l’occupazione e non per arrecare aiuto umanitario ad una popolazione abbandonata? Il Presidente Obama ha francamente dichiarato: “Gli Haitiani sono Americani”, riprendendo e brandendo la dottrina Monroe: “L’America agli Americani”. Questa tesi USA viene opposta a tutti quelli che vogliono portare aiuto alle sfortunate vittime del sisma del 12 gennaio 2010.
Mentre i 12.000 soldati USA inviati dal loro governo prendono posizione all’aeroporto internazionale Toussaint Louverture di Port-au-Prince, negli altri porti del paese nessun altro aereo può atterrare per portare aiuto. Nella loro euforia di dominatori-colonizzatori, i soldati distribuiscono gli aiuti gettandoli dall’alto dei loro elicotteri ai sinistrati. I piccoli cani famelici devono raccoglierli sbranandosi tra di loro. Fortunatamente qualcuno ha visto in questo gesto l’insulto, l’arroganza del colonizzatore. Se gli USA avessero voluto aiutare i sinistrati lo avrebbero fatto con dignità e fratellanza, senza tracotanza.
Purtroppo alcuni lacchè degli imperialisti, un certo Michel Soukar per esempio, per insultare le masse abbandonate prevedeva che i soldati li avrebbero abbattuti, col falso pretesto che coloro che cercano il cibo tra le macerie sono dei saccheggiatori, dei ladri. Michel Soukar ha dimenticato ch’egli ha contribuito, insieme ai borghesi, i GNBisti, gli imperialisti e tutti i golpisti della sua specie ad affamare gli emarginati, gettati in strada dalla miseria diffusa.
Di fronte all’atteggiamento USA che impedisce ai veri paesi donatori di prestare soccorso, il presidente del Venezuela Hugo Chavez ha protestato, vedendo in questi comportamenti un intento di colonizzazione e non una esigenza di prestare fraterno aiuto ai sinistrati haitiani. Quando Obama diceva che gli “Haitiani sono americani”, molti di loro (dei senza patria) si gonfiavano di orgoglio, pensando che la porta dell’Eldorado USA fosse già aperta per il gran viaggio nel paese dello zio Sam. “I visti saranno rilasciati con facilità, forse addirittura aboliti; potremo viaggiare senza problemi”, si illudevano molti giovani che accusano i loro predecessori, i vecchi, come loro dicono, di aver fallito.
E’ la filosofia di tutte le persone sconfitte dal tempo, in un paese dove i soldi sono diventati il dio per eccellenza, dove il patriottismo muore sotto il peso dei miti e delle menzogne. Disgraziatamente assai presto saranno disillusi, e finiranno per comprendere che non esiste alcun sentimento di fratellanza umana tra i colonizzatori, gli schiavisti e gli imperialisti.
Non c’è alcuna via di scampo per gli Haitiani, al di fuori di una solidarietà attiva, una solidarietà per porre e risolvere i problemi profondi che li assillano. E’ venuto il momento di far piazza pulita dei miti ed occuparsi dei veri problemi, e nello stesso tempo risolverli.