TelQuel n. 509 (trad.Ossin)



Quando Taza si ribella
Hicham Oulmouddane


Dall’inizio dell’anno, gli abitanti di Taza si scontrano quotidianamente con le forze dell’ordine, con un bilancio a tutt’oggi di più di 200 feriti. Ritorno su una rivolta di una violenza senza precedenti


Sono le 16 nel quartiere Al Koucha, situato sulle alture della città di Taza. Siamo lontani dall’immagine corrente dei quartieri degradati che circondano le città marocchine. Le stradine sono pulite e le case ben tenute, nonostante le modeste condizioni di vita degli abitanti. In questo venerdì 3 febbraio la temperatura, che non supera i 2 gradi, non sembra dissuadere la folla radunata sul campo di football del quartiere. A un tiro di schioppo si trova la sede della provincia di Taza, dove, per l’occasione, si sono trincerate le unità del BLIR (Brigate leggere di intervento rapido). La tensione è ancora palpabile dopo le violenze che sono durate più di 10 ore due giorni prima. Non meno di 5000 persone formano un corteo che si avvia verso i quartieri bassi di Taza. Centinaia di persone si uniscono alla manifestazione scandendo slogan contro l’intervento violento delle forze dell’ordine di mercoledì e contro il governatore. Non si registra nessuna forzatura o slogan estremista. Ritornando al quartiere Al Koucha, una parte dei manifestanti si disperde, ma qualche centinaio di giovani decide, nonostante il contrario avviso dei militanti dell’AMDH (Associazione marocchina per i diritti dell’uomo) e di altri attivisti del Movimento 20 febbraio, di portare la contestazione davanti alle porte della sede della provincia. “Fate attenzione, non lanciate pietre, sennò vi caricano”, li avverte Mohamed Chbairi, presidente della locale sezione dell’AMDH. Giunti a destinazione, i manifestanti da un lato e le forze dell’ordine dall’altro, si guardano in cagnesco. Finalmente prevale la ragione sulla rabbia dei manifestanti, che si allontanano nella calma. La manifestazione di oggi si è svolta senza scontri, ma non è stato sempre così nel corso di questo mese.


Le radici del male
Tutto comincia mercoledì 4 gennaio. Quel giorno 70 esponenti dell’Associazione nazionale dei diplomati disoccupati decidono di organizzare un sit-in davanti alla sede della provincia e chiedono di essere ricevuti dal governatore.  Ma, non essendo riusciti a strappare al governatore delle promesse di assunzione, alcuni di loro decidono di occupare i locali della prefettura, dai quali saranno rapidamente sloggiati dalle forze dell’ordine. “Alcuni testimoni affermano che una donna incinta sarebbe stata ferita nel corso di queste operazioni, e la cosa ha fatto arrabbiare gli abitanti del quartiere Al Koucha, che non hanno esitato a unirsi ai manifestanti”, ricorda Mohamed Boudiki, militante del Movimento 20 febbraio. Una battaglia campale tra le forze dell’ordine e i manifestanti provoca molti feriti e numerosi danni materiali. La spirale della violenza si innesta e, rapidamente, questo fatto va a risvegliare le frustrazioni quotidiane degli abitanti di Taza.
Con una popolazione stimata in 300.000 abitanti, la città ha costituito per molto tempo una riserva di reclutamento per le forze armate reali o di candidati all’emigrazione verso l’Europa. Ma con la crisi, le rimesse degli emigranti si riducono  e l’esercito arruola poco o per niente nella regione. “In città, da 15 anni, è in corso un fenomeno di urbanizzazione con esodo dalla campagna, senza che siano state apprestate le infrastrutture necessarie”, sottolinea un militante della locale associazione dei diplomati disoccupati. “La regione di Taza paga le conseguenze della negligenza dei diversi governi che si sono succeduti”, si difende da parte sua il sindaco, Hamid Kouskous.
Come se non bastasse, le bollette dell’energia elettrica scatenano la rabbia degli abitanti. E giustamente! L’azienda locale di acqua ed elettricità ha solo sei impiegati addetti alla lettura dei contatori, per mesi si limitano a fare una stima dei consumi della popolazione. Quando gli abitanti ricevono le bollette dopo la lettura, si trovano nell’impossibilità di pagarle. La città è sull’orlo dell’esplosione e l’arresto di cinque persone dopo la manifestazione del 4 gennaio non serve certo a sistemare le cose.


Per qualche watt in più

Per calmare la rabbia degli abitanti, l’azienda di distribuzione locale propone alla popolazione uno scaglionamento dei pagamenti delle bollette, ma gli abitanti rifiutano, esigendo l’annullamento puro e semplice delle bollette di novembre e dicembre 2011. Esasperati, tornano dal governatore della città, Abdelghani Sabbar, ma questi non dispone di competenze in materia.    La tensione cresce, le manifestazioni si susseguono e prendono sempre di più di mira i simboli dell’autorità.
Per evitare incidenti, le autorità locali rafforzano il dispositivo di sicurezza della città, richiedendo rinforzi a Fes, che si istallano nelle scuole, vuote durante le vacanze scolastiche.  L’aria è carica di tensione e per gli abitanti di Taza tutti i pretesti sono buoni per manifestare. Così, la sconfitta del Marocco contro la squadra del Gabon, il 27 gennaio, spinge qualche giovane a lanciare pietre contro gli edifici che ospitano le forze dell’ordine.  “Taza è una piccola cittadina e la gente non riesce a capire la presenza di questo impressionante dispositivo di forze dell’ordine. Il messaggio delle autorità è stato mal percepito dalla popolazione”, commenta un commerciante della vecchia medina. Martedì 31 gennaio, migliaia di manifestanti organizzano un sit-in davanti al Tribunale di prima istanza per chiedere la liberazione di cinque persone arrestate dalla polizia. La rabbia raggiunge oramai diversi quartieri della città. Lo scontro tra forze dell’ordine e popolazione sembra sempre più inevitabile. Vi sarà mercoledì 1 febbraio.


Guerriglia notturna
I primi scontri cominciano verso le 15 del 1° febbraio nel quartiere Al Koucha, nei pressi della sede della provincia. Diverse divisioni di BLIR e del CMI caricano non meno di 600 persone che rispondono con lanci di pietre e di proiettili. “E’ la prima volta nella nostra vita che vediamo dei candelotti lacrimogeni”, confida un abitante del quartiere, che ce ne mostra alcuni. Lo scontro, di una rara violenza, provoca quasi 70 feriti tra le forze dell’ordine ed un centinaio tra i manifestanti.
La situazione si aggrava al calar della notte. I manifestanti approfittano del terreno sassoso e collinare per respingere gli assalti delle forze dell'ordine. Ma il peggio deve ancora venire. Esasperati dalle azioni dei manifestanti, le forze dell’ordine assumono il controllo della zona e lanciano un assalto nel quartiere Al Koucha verso le 22. "Molti giovani si sono rifugiati sulla collina che sovrasta il quartiere per evitare l'arresto", racconta un residente, il cui figlio è stato arrestato il giorno successivo. Intorno a mezzanotte, decine di membri delle forze dell'ordine passano al setaccio la zona, lasciando dietro di sé ingenti danni materiali. Solo intorno all'1 del mattino la calma torna in città.


La paura e la disperazione
Girando per i vicoli del quartiere Al Koucha il giorno successivo, la situazione appare desolante: distruzione quasi sistematica di contatori di elettricità, vetri di auto distrutti, finestre e porte di molte case fracassate ... "Ho fornito assistenza medica ad alcuni giovani che sono stati feriti negli scontri. Durante la notte, alcuni poliziotti sono venuti a casa mia. Mi hanno maltrattato e rotto la televisione e i computer delle mie figlie ", racconta un'infermiera ancora sotto shock. "Siamo  dei conservatori. Il fatto di vedere poliziotti rompere le porte delle abitazioni dove vivono madri di famiglia e ragazze ha sconvolto la popolazione", lamenta un attivista dell’ AMDH.
Sabato 4 febbraio, il ministro delegato presso il Ministero degli Interni, Charki Draiss, viene inviato sul posto con l’incarico di investigare sulla situazione. Per evitare assembramenti, i controlli d'identità si fanno più frequenti, cosa che viene percepita dalla popolazione come un coprifuoco camuffato. Da parte loro, i sette deputati della regione rientrano in zona per incontrare gli abitanti di Taza. "Abbiamo aiutato alcuni feriti negli scontri di mercoledì a ricoverarsi in ospedale, senza paura di essere arrestati. Noi crediamo che le proteste siano legittime, ma gli elementi che sono coinvolti in atti di violenza e di vandalismo saranno perseguiti ai sensi della legge ", dice Jamal Masoudi, deputato cittadino del PJD (il partito islamista al governo, ndt). Lunedì 6 febbraio, l’ufficio politico del PSU e un gruppo di attivisti del 20 febbraio organizzano una carovana per valutare la situazione sul campo. Tuttavia il processo contro le 13 persone arrestate nel corso di questi eventi rischia di rendere inutili gli appelli alla calma e di turbare la comunicazione tra la popolazione e le autorità locali.






Reazione. Primo crash-test per Benkirane
Gli eventi di Taza sono un primo test della capacità di gestione delle crisi da parte del governo di Abdelilah Benkirane. Fin dallo scoppio delle ostilità, gli attivisti hanno preso d'assalto il web per postare le foto e i video che mostrano la sequenza degli avvenimenti e che sono stati ripresi dalla  stampa. Il governo di Benkirane attenderà fino a domenica 5 febbraio per rilasciare una dichiarazione assolutamente ambigua. Pur riconoscendo la legittimità delle rivendicazioni sociali dei manifestanti, il comunicato critica il ruolo di alcuni media, soprattutto quelli del web che avrebbero "inventato alcuni fatti e amplificato gli incidenti, fornendo informazioni false e inducendo così in errore l'opinione pubblica ", precisa il comunicato. La cacofonia del governo raggiunge il  culmine quando i deputati del Pjd, accorsi in zona, testimoniano invece l’assalto delle forze dell’ordine contro il quartiere Al Koucha e i danni provocati.

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