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Il Marocco scalo di tortura della CIA

di Catherine Graciet


 

Il giornalista inglese Stephen Grey ha indagato per anni sui voli segreti della CIA che hanno solcato il pianeta per trasferire illegalmente dei presunti terroristi e farli interrogare sotto tortura. Consegna oggi il frutto del suo lavoro all’opera “I voli segreti della CIA., come l’America ha subappaltato la tortura”, in vendita in Marocco. Grey rivela il programma segreto dei servizi nordamericani impegnati nella lotta contro Al Qaida: il programma di consegne (renditions in inglese).
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, i voli segreti della CIA esistevano già molto prima degli attentati dell’11 settembre 2001. Già negli anni ’70 l’agenzia usava la flotta di aerei chiamata “Air America” nella lotta contro il comunismo nel sud –est asiatico. Negli anni ’80 ancora in Africa e in America Latina. E’ stato dunque del tutto naturale che dopo la guerra globale contro il comunismo, i nordamericani abbiano riattivato la vecchia “Air America” alla fine degli anni ’90 per i bisogni della loro guerra globale contro il terrorismo. Salvo che stavolta a viaggiare negli aerei americani sono presunti terroristi islamisti catturati in paesi come l’Arabia Saudita, il Pakistan, l’Iraq o l’Afghanistan.


 

Fare sparire dalla circolazione

L’ONG Amnesty International definisce in questo modo le "consegne straordinarie" effettuate dalla CIA: “il trasferimento di persone da un paese all’altro senza alcun rispetto delle procedure giuridiche o amministrative (..) La rete delle consegne permette di ricorrere a tutti i mezzi necessari per raccogliere informazioni  e sottrarre i detenuti a ogni controllo giudiziario”. A cominciare dalla tortura.
Nel suo libro Stephen Grey spiega che ci sono tre categorie di consegne. La prima riguarda i prigionieri più importanti , cioè i membri di Al Qaida. Detenuti in prigioni segrete della CIA o in “siti neri”, essi sono interrogati direttamente dall’agenzia. Seconda categoria: quelle riservate ai “combattenti illegali”, secondo la terminologia usata dagli USA. Sono stati, la maggior parte, trasportati nella base nordamericana di Bagram, a nord di Kabul, o a Guantanamo (Cuba). Infine l’ultima categoria, la più numerosa,  riguarda i prigionieri trasferiti nelle prigioni dei paesi alleati degli USA nel mondo mussulmano, tra cui il Marocco, ma anche l’Egitto, la Giordania, la Syria e perfino la Lybia. Il minimo comun denominatore è la pratica della tortura, generalizzata e denunciata dalle ONG che difendono i diritti dell’uomo.

 

Quaranta scali di aerei della CIA in Marocco

Coma aveva già scritto Le Journal Hebdomadaire nel dicembre 2006 in un dossier intitolato “Marocco, pattumiera della CIA”, anche in Marocco hanno fatto scalo degli aerei noleggiati dalla CIA, soprattutto a Rabat-Salè, ma anche a Marrakech e a Casablanca. Secondo il rapporto della Commissione del Parlamento Europeo incaricata di indagare sui voli segreti della CIA in Europa, questi aerei hanno effettuato, tra la fine del 2001 e la fine del 2005, quaranta scali in Marocco. E questo solo nell’ambito dei 32 codici di volo controllati, mentre i nordamericani sono giunti ad utilizzare fino a cinquantuno apparecchi. I diari di bordo di due degli apparecchi della CIA – un Gulfstream V immatricolato N379P e un Boeing d’affari immatricolato N313P - accessibili su Internet – mostrano in effetti che il Marocco ha collaborato strettamente con gli Stati Uniti nella loro guerra contro il terrorismo. Per esempio, il 3 dicembre 2003 e anche l’11 marzo 2004, il Gulfstream V ha effettuato un volo da Rabat-Salè a Guantanamo dove i nordamericani hanno installato il loro tristemente celebre campo di detenzione. Altro esempio, il 23 settembre e il 22 novembre 2003 il Boeing d’affari ha decollato da Rabat-Salè in direzione Guantanamo. Prima di effettuare il tragitto inverso, il 28 dicembre 2003, e proseguire per la Giordania. Ma c’è di peggio per quanto riguarda il Marocco. Studiando le carte di volo di questi due aerei, si vede che prima di atterrare a Rabat-Salè, sono transitati una volta, e nelle stesse 24 ore, per due basi polacche e rumene sospettate di ospitare delle prigioni segrete della CIA (I due paesi hanno smentito). Così tra il 22 e il 23 settembre 2003, il Boeing d’affari ha effettuato il seguente tragitto: Kabul, in Afghanistan – Szymany in Polonia – Costanta in Romania – Szymany in Polonia – Bucarest in Romania – Rabat/Salè – Costanta – Rabat/Salè – Guantanamo Bay. Ora, secondo l’ONG Human Rights Watch (HRW) che ha fatto ricerche sulle “consegne” della CIA, “i servizi di intelligence polacchi hanno una grande istallazione vicino all’aereoporto di Szymany”: A proposito dell’aereoporto  di Costanta – Mihail Kogalniceanu, in Romania, HRW è ancora più precisa: “Gli Stati Uniti hanno usato dal 2002 la pista di aviazione di Mihail Kogalniceau in Romania, per operazioni in Iraq e Afghanistan e la base fu chiusa al pubblico e alla stampa dall’inizio del 2004”. Il fatto sconcertante è che il Dipartimento nordamericano della Difesa non ha dichiarato alcuna trasferta verso Guantanamo in questo periodo, mentre sarebbe stato sensato farlo.

 

Il Marocco ha consegnato dei residenti stranieri

Occorre adesso porsi la questione di chi fossero le persone trasportate in questi voli, perché non basta il loro itinerario sospetto perché si possa parlare di "consegne", per questo occorre che vi fossero dei prigionieri a bordo.
Altra questione: nell’ipotesi che questi aerei abbiano fatto delle consegne, trasportavano individui catturati all’estero e poi resi al loro paese di origine, o, al contrario, degli stranieri senza legami diretti coi paesi dove la CIA li portava?
Almeno nel caso dei due voli transitati per il Marocco, la Commissione di Inchiesta del Parlamento europeo è precisa: a bordo si trovavano due stranieri residenti in Marocco. Il che significa che il Marocco ha partecipato attivamente al programma di consegne della CIA. Si tratta del cittadino etiope Binyam Mohamed, legalmente residente in Inghilterra, che è stato trasportato nel Gulfstream V della CIA da Islamabad (Pakistan) a Rabat-Salé il 21 luglio 2002. Diciotto mesi più tardi, il 22 gennaio 2004, è stato di nuovo ricondotto da Rabat a Kabul a bordo del Boeing d’affari della CIA. Il secondo caso è quello del cittadino italiano e marocchino Elkassim Britel che, secondo la stessa commissione di inchiesta, è stato trasportato da Islamabad a Rabat il 24 maggio 2002 nel Gulfstream V. La storia del residente tedesco di origine siriana, Mohamed Haydar Zammar, sospettato dai nordamericani di essere coinvolto nel complotto dell’11 settembre, è ugualmente edificante. Secondo un rapporto di Amnesty International, pubblicato nell’aprile 2005, Zammar “sarebbe stato arrestato, all’inizio del dicembre 2001, all’aereoporto di Casablanca da elementi dei servizi di intelligence marocchini e interrogato per 15 giorni da agenti marocchini e nordamericani. Alla fine di dicembre (in realtà il 27 dicembre 2001) sarebbe stato trasferito a Damasco (Syria) a bordo di un aereo Gulfstream V immatricolato N379P, noleggiato dalla CIA”. Testimonianze concordi affermano che in Syria è stato torturato e non si sa se sia ancora vivo.

 

Il Marocco tortura per conto della CIA? 
Se adesso è chiaro che il Marocco ha partecipato attivamente al programma di "consegne straordinarie" della CIA, resta da stabilire se gli USA gli abbiano consapevolmente subappaltato l’interrogatorio di presunti terroristi da effettuarsi sotto tortura.  L’etiope Binyam Mohamed non ha dubbi: incarcerato in Marocco dal luglio 2002 al gennaio 2004, dichiara di essere stato selvaggiamente torturato da poliziotti marocchini. E tuttavia è il solo caso conosciuto fino ad oggi di un residente straniero portato dalla CIA in Marocco e torturato dai servizi marocchini. Per contro nel suo rapporto, la Commissione d’inchiesta del parlamento Europeo enumera 9 paesi che, oltre al Marocco, hanno accolto aerei della CIA che probabilmente trasportavano detenuti. Si tratta dell’Azerbaidjan, del Turkménistan, dell’Egitto, dell’Ouzbékistan, dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Lybia e di Guantanamo (Cuba). Si tratta di una rete di subappalto della tortura per conto dei nordamericani? Anche se fino ad oggi niente permette di provarlo, il rapporto degli Europei sottolinea tuttavia con forza che, in “un buon numero dei paesi citati, la tortura e la detenzione arbitraria è molto diffusa”.




 

 

CHI E’ IL TORTURATORE MAROCCHINO?

Nell’opera “I voli segreti della CIA” il giornalista Stephen Grey riporta un estratto del colloquio di Binyam Mohamed con un avvocato dell’ONG Reprieve che lo difende. L’etiope, legalmente residente nel Regno Unito,  è accusato di legami con Al Qaida e di essere il presunto complice di José Padilla, un nordamericano accusato di appartenere ad una cellula terrorista e un tempo sospettato di avere intenzioni di preparare una “bomba radiologica”. Binyam è stato arrestato il 21 luglio 2002 in Pakistan, trasferito in Marocco dove è stato imprigionato e torturato fino al 22 gennaio 2004, data in cui un aereo della CIA lo ha trasferito da Rabat a Kabul. E’ infine giunto a Guntanamo il 20 settembre 2004. Durante il suo soggiorno in Marocco, Binyam afferma di essere stato torturato da un gruppo di otto uomini e donne tra cui un certo Marouane, che così descrive: “circa 1,85, 100 kg, pelle scura, occhi marroni, rasato di fresco”. Binyam lo indica come il capo dei torturatori, quello che decideva il trattamento, ivi compresi i tagli fatti con un coltello sul suo sesso. Binyam aggiunge che questo “Marouane” fumava sigarette Malboro light ed aveva un telefono mobile Motorola Wing.
Anche un altro “consegnato”, Abou Elkassim Britel parla di un torturatore marocchino di nome “Marouane”. Britel è un italo-marocchino che è stato catturato in Pakistan e trasferito a Rabat il 24 maggio 2002 in un jet privato della CIA. La descrizione fisica che fa del suo “Marouane” assomiglia a quella del “Marouane” di Binyam: trent’anni, corpulento, alto, fuma molto. “In effetti – aggiunge Britel – Marouane conduceva gli interrogatori e mi ha detto che apparteneva alla DST. Mi ha torturato schiaffeggiandomi, insultandomi e picchiandomi. Quando sono stato rimesso in libertà, mi ha dato dei soldi: 5000 dhirams in tre mesi coi quali io ho vivacchiato. Ha tentato di convincermi a ritornare in Italia, per servire come informatore del DST negli ambienti islamismi, e veniva spesso a casa mia a Kénitra. Viaggiava in una Fiat Uno di colore verde oliva”.