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Le Journal Hebdomadaire 19-25 maggio 2007

 

Un flirt pericoloso tra Marocco e Israele

 

Mentre le relazioni diplomatiche si sono interrotte dal 2000, il Marocco non ha tuttavia tagliato tutti i canali di comunicazione con lo Stato ebraico. Tutt’altro! Al punto di riallacciarli?
Il quotidiano israeliano Maariv ha rilanciato la polemica la settimana scorsa, annunciando che dopo sei anni di rottura, le relazioni diplomatiche tra Marocco e Israele potrebbero riprendere a breve, indicando anche Serge Bertugo quale rappresentante segreto del Regno in Israele. Da una parte l’interessato ha smentito, d’altra parte una ripresa imminente delle relazioni diplomatiche tra i due paesi sembra poco attendibile. Infatti non è la prima volta che i media israeliani ne parlano, senza seguito. Già nel marzo 2005, la televisione pubblica israeliana informava che era stato concluso un accordo di principio tra Mohammed VI e il vice premier Shimon Peres, all’esito di un incontro durante la commemorazione del primo anniversario degli attentati di Madrid in Spagna.
Paradossalmente, se Mohammed VI ha deciso di chiudere l’ufficio di rappresentanza marocchino a Tel Aviv nell’ottobre 2000 per protestare contro la repressione dell’esercito israeliano nei territori palestinesi, non sono stati d’altro canto chiusi tutti i canali di comunicazione con lo Stato ebraico. Pesa il fatto che quasi il 10%  della popolazione israeliana si compone di immigrati marocchini o di origine marocchina. Così come la storica presenza di una importante comunità giudaica in Marocco che contava fino a 270.000 persone alla vigilia dell’indipendenza del Regno. Ma non solo. Per esempio il Marocco non ha esitato a passare per le potentissime lobbys israeliane negli Stati Uniti per ottenere l’appoggio dell’amministrazione nordamericana al suo piano di autonomia per il Sahara occidentale e accrescere la propria influenza a Washington.

 

Eclissi marocchina

Se c’è una continuità tra la politica di Mohammed VI e quella di suo padre nei rapporti con Israele, si assiste tuttavia a una mutamento di direzione rispetto all’era di Hassan II, dopo che il figlio è salito al trono nel 1999. Il defunto re utilizzava abilmente il conflitto israelo-palestinese sia per affermarsi sulla scena internazionale sia per guadagnare al Marocco il ruolo di interlocutore insostituibile nel processo di pace del Vicino Oriente. D’altronde egli era convinto che l’unica via di uscita fosse una soluzione politica e non risparmiava sforzi in questa direzione. Ricordiamo, per esempio, che nel 1976 si erano tenuti degli incontri segreti tra Egiziani e Israeliani proprio in Marocco, ed erano stati seguiti, qualche mese più tardi, dalla storica visita del presidente Anouar El-Sadat a Gerusalemme.
Dall’inizio del suo regno, Mohammed VI ha, certo, incontrato dei dirigenti israeliani: il ministro degli affari esteri Sylvan Shalom, il gran rabbino di Israele e, ancora, il leader del partito laburista e futuro ministro della difesa, Amir Peretz. Ma allo stesso tempo il Marocco si è poco a poco eclissato dal conflitto israelo-palestinese. Un ritiro che è culminato con l’assenza della persona del re al summit arabo di Riyad, tenuto alla fine di marzo 2007 sotto l’egida dell’Arabia Saudita.

 

Pedata saudita

Nell’aprile 2004 un diplomatico marocchino dichiarava al Journal Hebdomadaire: “La situazione è cambiata. Oggi nel Vicino Oriente prevale una logica di odio e il Marocco non può esercitare alcuna influenza. Deve risparmiarsi, mettere da un canto le proprie reti, per poterle attivare quando  si sarà riattivata una dinamica di dialogo”. Certo. Ma mettendosi da parte, il Marocco ha lasciato che l’Arabia Saudita, e soprattutto il re Abdallah,  prendesse il posto che occupava prima Hassan II. Le iniziative del regno saudita, come per esempio l’organizzazione del summit inter-palestinese tra Fatah e Hamas a La Mecca nel febbraio scorso, lo hanno consacrato come la prima potenza diplomatica araba.
Logica conseguenza dell’eclissi marocchina: il Marocco si vede estromesso dalla sua ultima roccaforte nel Vicino Oriente, la presidenza del Comitato Al Qods. Così l’egiziano Amr Moussa non ha esitato, poco tempo dopo la sua elezione a Segretario generale della Lega araba, a rimettere in discussione il carattere ereditario della presidenza del Comitato Al Qods. Fonti diplomatiche saudite rivelano che l’Arabia Saudita preferirebbe vedere un turco alla testa di questo Comitato. Considera infatti la Turchia, oggi, come il vero ponte tra il mondo mussulmano e l’occidente, tenendo soprattutto conto dei successi conseguiti dal segretario generale turco dell’Organizzazione della Conferenza islamica (OCI), che per l’appunto è succeduto a un marocchino. In tale contesto, si può scommettere che Mohammed VI e il re Abdallah di Arabia Saudita, questa settimana in visita in Marocco, avranno da parlare di molto altro che non siano le relazioni bilaterali tra i due paesi.

Catherine Graciet

 


 

 

"Dubito che le relazioni tra Marocco e Israele possano riprendere a breve termine"

Bruce Maddy Weitzman, professore di storia all’Università di Tel Aviv e ricercatore sul Maghreb al Centro di studi “Moshe Dayan per il Medio Oriente e l’Africa”.

 


Mentre le relazioni diplomatiche tra Marocco e Israele si sono rotte nel 2000, i due paesi mantengono tuttavia dei contatti. In che modo?

Malgrado la rottura ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Israele e Marocco, i due paesi condividono interessi comuni, come per esempio un orientamento filo-occidentale o la scelta dell’economia di mercato. I legami che continuano ancora oggi a unirli hanno diverse sfaccettare e discendono essenzialmente dalla lunga storia della presenza di giudei in Marocco. Passano poi attraverso i turisti israeliani che vanno in Marocco, nonostante non vi siano voli diretti tra i due paesi e che debbano viaggiare in gruppo e non individualmente. Passano inoltre per gli scambi commerciali, soprattutto nel settore agricolo, ed una cooperazione tecnologica e universitaria fatta soprattutto di contatti personali piuttosto che istituzionali. E’ proprio il fatto che questi legami perdurino nonostante la rottura delle relazioni diplomatiche, che rende i rapporti tra il Marocco e Israele così speciali.

 


Chi sono i go-betweens o gli emissari segreti tra i due paesi?

Soprattutto dei giudei marocchini vicini al Palazzo, come André Azoulay e Serge Berdugo. Si recano regolarmente in Israele e vi incontrano dei dirigenti israeliani, spesso di alto rango, per farne poi rapporto al Palazzo al loro rientro. Sono anche in contatto con degli israeliani di origine marocchina influenti al livello politico, alcuni dei quali gravitano per esempio intorno ad Amir Peretz, o a una personalità come Shimon Peres. Da notare che dei giudei francesi di origine marocchina svolgono anch’essi una funzione di intermediari nel dialogo tra Israele e il Marocco.

 


Lei ci conferma che Israele desidererebbe riallacciare i rapporti diplomatici col Marocco?

Assolutamente. Israele è anche molto insistente. Considera infatti cruciale stabilire dei rapporti con dei paesi arabi, perché questo fatto rinforza la sua legittimità e contribuisce a far sì che la sua esistenza non sia rimessa in discussione. Oggi tre paesi arabi hanno una loro ambasciata in Israele, si tratta dell’Egitto, della Giordania e della Mauritania. Il Marocco non ha mai aperto un’ambasciata, ma solo un ufficio di rappresentanza tra il 1994 e il 2000. Tuttavia il suo rappresentante è sempre stato trattato come un ambasciatore e Israele desidera tornare a questo livello di relazioni.

 

E il Marocco?

Io credo che al momento il Marocco trovi soddisfacente l’attuale stato di relazioni tra i due paesi e dubito che ci saranno mutamenti a breve termine. Da una parte, contrariamente ad Hassan II  che aspirava ad una leadership internazionale, soprattutto attraverso il conflitto israelo-palestinese, Mohammed VI preferisce concentrarsi sulle questioni di politica interna e di sviluppo. Anche se il nuovo re è meno presente sulla scena internazionale, si può però osservare una continuità con la politica di suo padre nei riguardi di Israele. Ma in materia di politica interna il Palazzo fa questo calcolo: col pluralismo della stampa e la crescita degli islamisti del PJD, non vuole riallacciare ufficialmente i rapporti con Israele o ricevere delegazioni israeliane, perché questo provocherebbe sicuramente delle polemiche che favorirebbero gli islamisti alle elezioni politiche.


 

Il Marocco di Mohammed VI è attivo nella questione del conflitto israelo-palestinese?

Il re Moahmmed VI non si è recato personalmente  all’ultimo summit organizzato dai Sauditi per risolvere la crisi del Vicino Oriente, ma ha inviato in sua rappresentanza il fratello Moulay Rachid. Ciò significa che da questo lato non desidera farsi coinvolgere più di tanto nelle questioni regionali. Strategicamente preferisce lasciare che si espongano paesi direttamente coinvolti nella crisi, come il Libano e l’Iran, e lasciare che l’Egitto e gli Stati Uniti assumano la leadership del campo occidentale. Tuttavia, come sotto Hassan II, il Marocco di Mohammed VI resta un regime moderato e a tendenza filo-occidentale.