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MAROCHEBDO – 25 aprile/1 maggio 2008


Il Marocco sull’orlo dell’esplosione


 

Il carovita, la disoccupazione endemica, la miseria strisciante e l’attivismo integralista minacciano seriamente la stabilità del paese.

 

 

Il governo è riuscito nell’impresa di ricompattare i sindacati in un unico fronte del NO. Una novità assoluta, rispetto alle divisioni tradizionali tra le principali centrali sindacali ufficialmente considerate come le più rappresentative del mondo salariale, pubblico e privato. Dall’UMT alla CDT, passando per l’UGTM, la FDT e l’UNTM, tutte le sigle hanno detto NO alle proposte del governo, certo con toni diversi, ma quasi all’unisono. Proposte considerate molto al di sotto delle rivendicazioni sindacali e delle attese dei salariati.
Che cosa ha proposto il governo nel corso dei tre rounds di negoziati, l’ultimo dei quali si è tenuto lunedì 21 aprile 2008, presieduto dal primo ministro Abbas El Fassi? Un aumento dello SMIG (salario minimo intercategoriale garantito, ndt) del 10% in quattro anni, nella misura del 2,5% per anno. Senza bisogno di una calcolatrice, se ne può dedurre che il valore attuale dello smig, dell’ordine di 1.870 dirhams (circa 180 euro, ndt), beneficerà di un aumento “vertiginoso” di 47 dirhams (circa 45 centesimi di euro, ndt) nel 2001. Bell’affare! Chissà cosa trattiene gli smingart (percettori di smig, ndt) dal manifestare la loro soddisfazione a Fquih Bensaleh, Ain Taoujdat e Had Brachouia (piccole città del Marocco, ndt) perché sono loro evitati gli eccessi gioiosamente isterici delle grandi città.


 

Demoni
I funzionari avranno anch’essi diritto al loro 10% negli stessi termini e con la stessa data di scadenza del 2011. Non c’è una, ma due ciliegie sulla torta: l’aumento degli assegni familiari da 150 a 200 dirhams per i primi tre figli e la riduzione delle imposte sui redditi dal 42 al 38% da qui al 2011. Si sarà capito che questa data limite, 2011, corrisponde curiosamente all’inizio della fine dell’attuale legislatura e dell’attuale premierato. Si capisce anche perché i responsabili sindacali, questo lunedì 21 aprile, avessero perso il loro gigno in forma di sorriso entrando nella sala della riunione. I visi erano fermi. Dovevano fin da subito trasmettere un messaggio di delusione dopo gli incontri con le loro basi legittimamente incazzate. L’hanno fatto uscendo dalla Sala del Consiglio.
Tra Miloudi Moukharik, Abderrahmane Azouzi, Mohamed Yatim e Noubir Amaoui, è stato quest’ultimo il più virulento. Come al solito Amaoui non ha derogato dalla sua regola di condotta, anche con i suoi ex compagni del governo Abderrahmane Youssoufi. Subito dopo essere rientrato nel suo ufficio, ha fatto scoppiare la sua collera come sa fare così bene da quando si è ben sistemato nelle stanze sindacali. Nella foga, Amaoui ha ridato vita ai suoi vecchi demoni. Ha brandito la minaccia di uno sciopero generale. Non è la prima volta che lo fa, aveva già utilizzato questa arma, della quale è difficile distinguere tra motivazioni strettamente sindacali e reazione di carattere politico appena velato, a meno che non vengano esplicitate.
Bisogna credergli questa volta? Due cose sono certe. 1) Noubir Amaoui, così come il 20 giugno 1981, il 16 dicembre 1990 e il 5 luglio 1995 – senza contare gli scontri locali a Tétouan tra i manifestanti e le Forze ausiliarie armate dell’11 gennaio 1984, è capace di far seguire i fatti alle parole. 2) E’ vero che il contesto politico è sensibilmente mutato, ma la situazione sociale è peggiorata.
Prova ne sia l’aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti di prima necessità. Il grano, sia tenero che duro, ha subito un aumento del 45,4%, le paste si sono sopravvalutate dal 76,47% al 115,38%, a seconda dei marchi; la promozione tariffaria dei cereali ha toccato il 36,36%; gli oli si negoziano, senza possibilità di contrattazione, a più del 50% del prezzo di sei mesi fa; quanto al burro, col suo 47,05%, è diventato un prodotto di lusso; una tartina imburrata, come pasto accompagnato da un bicchiere di the per ingannare la fame prima di andare a letto, bisogna averne i mezzi. A questa lista di alimenti di sopravvivenza, detti prodotti di base, bisogna ben aggiungere un tot per non dormire sotto le stelle come un SDF (sans domicile fixe, senza fissa dimora, ndt). Una baracca nelle bidonville per i nostri ecologisti forzati, o una camera in un piccolo spazio collettivo con bagno in comune, che è difficile chiamare sanitari, nelle stradine della medina dove due persone non possono incrociarsi se non dandosi la precedenza, costa non meno di 1.000 dirhams di affitto al mese (circa 100 euro, ndt). Vale a dire un po’più dello SMIG attuale. Queste immagini possono essere tacciate di compiacimento nel rappresentare gli aspetti più miserabili della vita. E tuttavia esse forniscono un colpo d’occhio su una miseria reale, di una estrema infelicità sociale.. Sono il riflesso di una realtà che i discorsi e le statistiche ufficiali non possono nascondere con una cattiva parodia tartufesca maldestramente presa in prestito da Molière.

 

Raccolto
Non se ne dispiacciano gli elaboratori di cifre accuratamente edulcorate per meglio essere soporifere, la verità sociale, nella sua insolente crudezza, li smentisce puntualmente, dopo più di cinquanta anni di indipendenza. Per completare il quadro bisogna solo ricordare che una buona parte degli integralisti pronti a farsi esplodere per accorciare il cammino verso il paradiso sono reclutati tra questi dannati della terra marocchina. L’esperienza di molteplici attentati terroristi, con qualche pressappoco rara eccezione, l’ha provato sufficientemente. E’ vero che il Marocco non ha petrolio; e che il barile sta per passare dai 32 dollari degli anni ’80 a più di 120 dollari.  Ma è altrettanto vero che il prezzo del grano ne ha seguito l’esempio. Di grano noi potremmo avere una produzione di autosufficienza, se non avessimo preferito la cultura esportatrice per il dopo pasto degli europei al nostro pane quotidiano. Mal ce n’ha incolto. Basti qui ricordare che nel 1968, grazie ad una pluviometria clemente e ben ripartita, abbiamo realizzato un raccolto record. E’ proprio da quell’anno, precisamente, che abbiamo cominciato a diventare sempre di più importatori di grano.

 

Fiammata
Un segnale che gli strateghi della nostra economia hanno superbamente ignorato, preferendo le primizie e gli agrumi per l’esportazione ai cereali con valore nutritivo. Ne paghiamo il prezzo oggi in una società dove il regime alimentare da secoli è a base di farinacei. Risultato, non solo le mele, le albicocche, le pesche, le prugne, le banane, le fragole e le ciliegie, ma anche il grano da macina diventa fuori dalla portata delle tasche dei più poveri e anche delle classi medie schiacciate.
Ci si dice che la crisi alimentare è mondiale. La FAO, con i suoi aleatori strumenti di misurazione e di soccorso, ci dice che 100.000 persone nel mondo muoiono ogni giorno di fame ed 850 milioni, vale a dire 1/6 della popolazione mondiale, sono sottoalimentati. Queste statistiche sono destinate a crescere rapidamente. Il mondo ha fame.
Grazie a Dio, noi marocchini non siamo ancora a questo punto. La carestia ed il razionamento alimentare sono un incubo del quale solo i nostri nonni conservano il ricordo, negli anni 30 e 40 del secolo scorso.. Tra le due fiammate, quella del petrolio e quella del grano, i meno abbienti tra noi mangiano ancora a sazietà. Difficilmente ed a prezzo di acrobazie nella gestione quasi alla virgola di un magro budget familiare che deve sopportare l’affitto amputatorio di un alloggio accessorio, così come i costi di una scolarità gratuita e le spese per la salute, perché l’AMO (assurance maladie obligatoire, l’assicurazione obbligatoria di malattia, ndt), checché se ne dica , non è gratuita. Si paga sempre il ricovero in ospedale e si pagano le medicine. In poche parole, per questa popolazione di un Marocco povero non bisogna cadere malati, ancora meno avere delle ambizioni per i figli. Questa ultima utopia incanta solamente quelli che si lasciano andare a sogni ad occhi aperti.

 

Segregazione
La speranza del salto sociale, per interposti figli, non può realizzarsi se non attraverso un miracolo provvidenziale, magari nella Notte del Destino, quando il cielo si apre per esaudire i desideri della gente da poco. Tanto più che il nostro sistema educativo è a due velocità. Quelli che hanno i mezzi per un’educazione a pagamento e di qualità; e quelli che non hanno altra risorsa se non la scuola pubblica. La prima filiera produce e, molto spesso, riproduce l’élite dirigente in politica e in economia; la seconda sputa semianalfabeti inadeguati alle esigenze del mercato del lavoro. Questa è la vera verità di un sistema di insegnamento fondato sulla segregazione sociale.
I presentatori del bilancio del Consiglio Superiore di Insegnamento, Abdelaziz Meziane Belfkih e Ahmed Akhchichine, davanti a SM il Re Mohammed VI, sono dovuti ricorrere a tutte le circonlocuzioni del linguaggio cerimoniale per trovare degli aspetti positivi in un percorso educativo che ha finito con l’andare dritto contro il muro, col suo stock di dispersione scolastica e i suoi diplomati handicappati per l’inadeguatezza dei suoi corsi in rapporto alle offerte di impiego nel settore privato. La funzione pubblica, dal canto suo, una volta primo datore di lavoro del paese, oggi assume col contagocce. Le successive infornate di laureati male indirizzati rimangono al palo, fanno manifestazioni. Fanno lo sciopero della fame davanti al Parlamento. Non c’è bisogno di essere sociologi sul campo per capire, nella nostra stratificazione sociale, che i bocciati dalla nostra politica scolastica e i diplomati disoccupati appartengono alle categorie sociali meno danarose, la cui ultima speranza è di poter tenere un giorno la testa al di sopra dell’acqua.
Aspettando che un ragazzo prodigio, per chissà quale concorso di circostanze trascendentali,  garantisca il salto sociale a tutta la famiglia, la questione si pone in modo molto semplice: pure tenendo conto dei sussidi familiari aumentati in dosi omeopatiche, degli straordinari non sempre retribuiti e delle altre indennità parsimoniosamente indicizzate, come si può vivere con un salario minimo di 1.870 dirhams (circa 180 euro, ndt)? Bisogna per forza improvvisarsi esperti contabili per poter rientrare nelle spese, con un debito cronico dal droghiere all’angolo; se non esporsi all’ira del proprietario per il ritardo dell’affitto.
Questo non è il Marocco delle cartoline e dei festival. I cantanti di gnaoua (musica popolare marocchina, ndt) di Essaouira (cittadina costiera del Marocco che ospita ogni anno un importante festival musicale, ndt) possono radunare migliaia di visitatori estemporanei per una villeggiatura di tre giorni prima che la morosità riprenda il sopravvento in una città senza attività a effetti durabili.
Lo stesso per Assilah (altra cittadina costiera del Marocco che ospita ogni anno un festival di arte, ndt), tra le altre. L’obiettivo di 10 milioni di turisti entro il 2010 non può costituire una leva perenne per il nostro sviluppo.


 

Incremento
L’incremento del turismo non dipende solo da noi, non dipende solo dalla nostra ospitalità. Così come non è sufficiente invitare amabilmente dei turisti, non si può nemmeno vivere solo di convivialità ed acqua fresca. Quando i turisti ripartono,  ricadiamo nella nostra realtà. Questa realtà non è propriamente felice, in rapporto ai nostri meritori sforzi per uno sviluppo durevole, è viziata dai nostri problemi strutturali ugualmente durevoli. Quello che costituisce una zavorra per il nostro lavoro finalizzato a diventare un’economia emergente è questa dicotomia tra i nuovi ricchi, che si nutrono delle nostre peculiari difficoltà, e la massa, che patisce per le stesse difficoltà. Nel 2008 noi ci troviamo in questa schizofrenia sociale.

 

Crogiolo
I poveri sono diventati più poveri e i ricchi, come per una gemmazione spontanea, ancora più ricchi. Altrimenti detto, come si possono avere segni esteriori di ricchezza in negozi dove un accappatoio costa due volte lo smig e trova compratori? Si può obiettare, perché uno smigard (una persona che vive dello smig, ndt) morbosamente curioso sente il bisogno di fermarsi davanti a questo tipo di vetrine.
Tanto più che non fa bene ai suoi nervi paragonare il suo smig mensile al prezzo di un accappatoio. Accade che la vetrina sia sulla strada verso la sua bidonville. Quali sono i suoi sentimenti in quel preciso momento? Dio solo lo sa. Ma i suoi vicini lo sanno bene. Rientrando a casa lui regola la sua parabola sul canale islamico Iqraa. Diventa un bersaglio di prima qualità per una ideologia waabista che si indirizza proprio alla sua condizione ed al suo spirito di redenzione. Così viene puntato come candidato al sacrificio supremo per salvare la sua anima e risvegliare, con la morte, coloro che hanno dimenticato i loro doveri religiosi tra gli altri apostati e rinnegati.
E’ in questo crogiolo che si mescola la nuova razza di predicatori e promettitori del paradiso. Vi sguazzano come pesci nell’acqua. In conseguenza delle nostre difficoltà sociali, la loro propaganda porta a porta e le loro prediche viziosamente in espansione trovano orecchie attente, che non sono state rese messe in guardia sulle conseguenze inconsciamente autorizzate. E’ così che va il Marocco di oggi.

 

Abdellatif Mansour