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L’Expression, 4.6.2009

Mohammed  VI, il grande malinteso

Un regno in declino

Ex giornalista e co-fondatore di un giornale marocchino  dai toni liberi e originali, Ali Amar ha scritto un pamphlet sui malintesi che hanno accompagnato i dieci anni di regno del giovane re Mohammed VI

L’autore, Ali Amar, è un giornalista marocchino, co-fondatore con Aboubakr Jamai  del settimanale Le Journal. Iconoclasta, Ali Amar nel suo libro: Mohammed VI, il grande malinteso – uscito lo scorso aprile per le edizioni Calmann-Levy – mette un po’ le cose a posto  e demistifica l’aura che circonda un re “giovane, moderno, moderato e aperto”, gentilmente propagandato dai media occidentali accolti pomposamente a Marrakech.
Se effettivamente il re è giovane, la sua modernità, la sua apertura e la moderazione, non è – assicura  Ali Amar – che una “vernice”. Il grande malinteso è il ritratto a scanner di un monarca che, se è riuscito  a ornarsi degli orpelli della modernità, non si è liberato, secondo l’analista, delle tradizioni e della sindrome del sultano. Scrive l’autore: “Dietro l’apparenza si nasconde tuttavia una monarchia affarista, infagottata nella pesantezza del suo apparato e del suo fasto(…)”.
Ali Ammar si chiede a un certo punto: “Chi conosce veramente Mohammed VI?”e prosegue: “L’erede di Hassan II, salito sul trono del Regno dello sceriffato già da 10 anni, proietta in Occidente l’immagine di un giovane monarca moderno, moderato e aperto, che desidera più di ogni altra cosa, far uscire il suo paese dalla miseria e di legarlo alla vicina Europa. Il suo regime è percepito come un modello di transizione in un mondo arabo in declino, dove la schiacciante maggioranza  degli Stati, monarchie e repubbliche insieme, sono sia incatenate all’autorità  di potentati, che vittime di una instabilità cronica.
Tuttavia l’illusione di un Regno in movimento è frutto di una leggenda tenace, alimentata da una comunicazione efficace ma ingannevole: La Primavera marocchina non è improvvisamente fiorita, come troppo spesso si credo, all’indomani del 23 luglio 1999, giorno della morte di Hassan II”.
Ali Amar nega questo falso stereotipo, per misurarsi con la dura realtà di un Regno assai più complesso. Il libro è pieno di aneddoti sul percorso più o meno accidentato del futuro monarca dello sceriffato, una specie di testa matta amante dei bolidi e delle vetture di lusso, al limite del feticismo.
“Quando non aveva che 22 anni, il 19 settembre 1985, il giovane Sidi Mohammed – racconta Ali Amar – viaggiava a rotta di collo verso un complesso turistico che doveva inaugurare. Era solo al volante della sua Mercedes 190, ed era in forte ritardo. In una curva la macchina slittò, urtò un traliccio elettrico e precipitò in un burrone. Ne uscì con una spalla rotta (…)”.  Spensierata giovinezza!
Questo incidente dell’erede al trono, che fece tremare Hassan II, gli farà dire qualche anno dopo nel corso di un’intervista al quotidiano francese Le Figaro – riporta Ali Amar – che “da noi, nella società marocchina, non conosciamo Freud. I figli fanno quello che vogliono, anche se la cosa provoca danni a una giuntura. Io vedevo 20 anni di educazione, di formazione completamente distrutte.
Hassan II chiese allora a Michel Jobert, ex ambasciatore ed ex ministro francese degli affari esteri. “Spiegagli che è il futuro re, che non si appartiene e che non ha diritto di mettere la sua vita in pericolo”, gli domandò il sovrano marocchino.
Il re Hassan II vedeva cosi che tutta l’architettura che aveva pazientemente costruito rischiare di crollare sotto di lui per colpa dell’incoscienza di un rampollo viziato da troppi. Essere re è un mestiere, di più, un sacerdozio, al quale occorre prepararsi.  Quello che il giovane Sidi Mohammed non sembra avere immediatamente compreso, perché non sembra avere immediatamente fatto tesoro delle dure lezioni impartitagli dal padre, né essere subito pronto ad assumersi le sue responsabilità. Si è ravveduto in seguito, ma le speranze che ha suscitato  tra i Marocchini si sono sfilacciate a causa delle promesse non mantenute, mentre un’élite dorata si è arricchita oltraggiosamente alle spalle di un popolo marocchino sempre più povero. Questa lontananza del giovane re dalla popolazione è descritto da Ali Amar in un aneddoto, quando Mohammed VI, manipolato da alcuni arrivisti e nuovi ricchi, cominciò a vedersi già nelle vesti di un ricchissimo emiro petrolifero del Golfo, giungendo fino ad annunciare egli stesso una improbabile scoperta di petrolio in un luogo sperduto.  Una falsa notizia che ridicolizzò il giovane Mohammed VI. L’apprendimento della saggezza è una strada fatta di esperienze che il re ha dovuto fare a sue spese. In effetti in “Mohammed VI, il grande malinteso”, Ali Amar non rivela niente di fondamentale sul governo, la politica, ed altri fatti economici e sociali del Marocco, limitandosi a riportare degli aneddoti che, anche se gustosi, alla fine non rivelano al lettore niente che non sappia già e che spesso sono solo un segreto di Pulcinella. Finito di leggere, il libro ci lascia, malgrado tutto, ancora una certa curiosità, perché il mistero Mohammed VI resta intatto.


Othmane Siddik