Si è svolta martedì 15 giugno 2010 la seconda udienza del processo contro Ali Amar, a partire dalle ore 13, dinanzi al tribunale di prima istanza di Ain Sebaa a Casablanca. Ali Amar è un giornalista indipendente, co-fondatore ed ex direttore de Le Journal Hebdomadaire (pioniere della stampa indipendente in Marocco, posto in liquidazione dal regime il 27 gennaio 2010). E’ inoltre l’autore di “Mohammed VI, il grande malinteso” (Calmann-Lévy, 2009), lavoro censurato in Marocco. E’ accusato dai suoi ex soci del furto di un computer.
Ali Amar è stato interrogato venerdì 4 giugno 2010 all’alba, nell’abitazione casablanchese di Zineb El Rhazoui, giornalista indipendente e co-fondatrice del Mouvement Alternatif des Libertés Individuelles (MALI) mentre si trovava in compagnia di quest’ultima.
Le circostanze di questo interrogatorio (violazione di domicilio, falsificazione di prove e detenzione illegale durata 12 ore e mezza) costituiscono sintomi assai preoccupanti in vista della sentenza che attende Ali Amar. Così come è stato soprattutto evidenziato nel comunicato che Human Rights Watch ha dedicato alla vicenda. E anche numerosi altri osservatori (ONG nazionali e internazionali, media) si sono interrogati sulla portata politica di un simile processo contro una delle rare voci dissonanti del regno.



COMUNICATO - Rabat, 19 giugno 2010

Interferenza del ministro della giustizia nella vicenda Ali Amar: accuse e violazione della presunzione di innocenza

Nel corso della sessione parlamentare di mercoledì 9 giugno 2010, entrando nel merito del dialogo nazionale sui media, Mohamed Naciri, ministro della giustizia, ha parlato del caso che mi vede in lite giudiziaria con Sophie Jeanne Goldryng davanti al Tribunale di 1° istanza di Anfa, con espressioni diffamatorie e lesive della presunzione di innocenza.
Il suo discorso è stato riportato dal quotidiano Bayane Al Yaoum, organo ufficiale del PPS, il partito di Khalid Naciri, ministro delle comunicazioni e portavoce del governo, nel numero del 10 giugno 2010 senza che siano state fino ad oggi smentite.
Mohamed Naciri ha affermato che:

1)    Io ho “tentato di attribuire un carattere politico ad una vicenda di diritto comune, approfittando della concomitanza del congresso della stampa francofona in Marocco per contrabbandare il mio come un caso che riguarda la libertà di espressione e di stampa, mentre si tratta di un caso di diritto comune”.
2)    Considerando che io ho “tentato di approfittare della vicenda, la procura ha ritenuto che il momento non era opportuno per assumere iniziative a mio carico. La procura ha atteso la fine del congresso e il ritorno della delegazione dei giornalisti dal loro viaggio nelle province del sud”.
3)    La vicenda non avrebbe “assunto le attuali dimensioni”, se io avessi ottemperato “alle procedura in vigore”
4)    Io ho rifiutato di “ottemperare agli ordini della giustizia quando il procuratore  del re (mi  aveva) informato che avrei dovuto ripresentarmi per una seconda udienza, e tuttavia (io ho) rifiutato di comparire col pretesto che mi avrebbero dovuto convocare per iscritto”.
5)    Le imputazioni contro di me “sono state derubricate da crimine in delitto, malgrado si trattasse di una violazione di domicilio con effrazione e uso di chiavi false, e del furto di quanto vi era all’interno di detto domicilio, fatti considerati come un crimine”.

In realtà:

1)    La querela contro di me è stata depositata il 2 giugno 2010 in relazione a fatti del 25 maggio 2010. Io sono stato illegalmente interrogato il 4 giugno 2010 all’alba dopo una violazione di domicilio, vale a dire il giorno di chiusura del congresso dei giornalisti francofoni (dal 1.6.2010 al 4.6.2010). Non avrei dunque materialmente potuto, al contrario di quanto afferma Naciri, approfittare della concomitanza di questo congresso per ammantare questa vicenda di caratteri politici. Va notato invece che il ministro ha implicitamente riconosciuto di avere egli stesso scientemente ritardato il mio interrogatorio, nella qualità di capo della Procura, per ragioni politiche, proprio mentre pretende che non si tratti che di un semplice caso di diritto comune. Egli sconfessa inoltre il verbale della Polizia Giudiziaria di Casablanca che tenta di giustificare il mio interrogatorio con uno stato di flagranza.
2)    Affermando che la procedura è stata ritardata per ragioni di agenda mediatica, il ministro della giustizia confessa che la politica interviene nelle vicende giudiziarie, ciò in contrasto col principio di indipendenza della giustizia e in violazione dello stesso codice di procedura penale.
3)    Contrariamente alle affermazioni del ministro, non è compito dell’imputato quello di presiedere al rispetto delle procedure, ma piuttosto dell’autorità giudiziaria che, nel caso di specie, è incorsa in numerosi vizi di forma. In effetti è stata la Polizia Giudiziaria di Casablanca a violare le procedure di legge. Io non ho mai ricevuto una rituale convocazione, vale a dire una convocazione scritta, e il verbale di polizia presentato alla procura ha alterato i fatti, soprattutto in relazione alle circostanze del mio interrogatorio.
4)    Io sono comparso una sola e unica volta davanti al Procuratore del Re martedì 8 giugno 2010 dopo essere stato arrestato da agenti della Polizia Giudiziaria di Rabat che mi avevano localizzato attraverso il mio telefono portatile con la tecnica della triangolazione delle reti GSM. Sono stato poi tradotto in un furgone cellulare a Casablanca e posto in stato di fermo nelle camere di sicurezza della Prefettura di Polizia per tutta la notte dal 7 all’8 giugno 2010. Non mi è stata notificata alcuna convocazione formale, dopo la mia audizione durata quasi 12 ore e mezza, venerdì 4 giugno 2010. Questo eccezionale spiegamento di forze finalizzato alla mia comparizione davanti al Procuratore dimostra che la vicenda non si riduce ad una semplice lite di diritto comune e non è stata certamente motivata dal mio rifiuto a sottopormi ad una qualsiasi procedura legale.
5)    Non solo il Ministro della giustizia ha riconosciuto di avere interferito personalmente in un procedimento in corso di istruttoria, ammettendo che sono state date direttive affinché le opportune misure a mio carico fossero prese al momento più opportuno, e affinché i fatti contestatimi fossero derubricati da crimine a delitto, ma in più le sue dichiarazioni costituiscono una vera e propria violazione della presunzione di innocenza. Citando solo le prove a carico, Naciri dà l’impressione di avere sposato la tesi della querelante. In effetti, così come ha letto la querela, dovrebbe avere letto anche la mia versione dei fatti, dal momento che le dichiarazioni del ministro sono successive alla mia presentazione al Pubblico ministero. Ma ha taciuto totalmente sul carattere commerciale del mio litigio con Sophie Jeanne Goldryng. Inoltre il ministro cita fatti che non compaiono né nei verbali, né nella querela, né nel capo di imputazione, come quello della violazione di domicilio con effrazione e utilizzazione di chiavi false.

Conclusione, nella sua qualità di ministro della giustizia e garante del diritto di ogni cittadino ad una giustizia equa, nella sua qualità di giurista e di avvocato alla testa di uno dei più importanti ministeri marocchini, Mohamed Naciri non può ignorare le leggi e le procedure in vigore. Violando il suo dovere di riservatezza, e con le sue dichiarazioni deliberatamente accusatorie, egli ha voluto ostensibilmente influenzare il corso della giustizia e l’opinione pubblica.
Io mi riservo il diritto di querelarlo per diffamazione, dichiarazioni calunniose e violazione della presunzione di innocenza.    Ali Amar




Bayane Al Yaoum – 10.6.2010

Il Ministro della Giustizia ascoltato dalla Istance de Dialogue National sur les Media set la Société
98 i reati di stampa nel 2009 in Marocco

Ali Amar ha tentato di far passare per politico un caso di diritto comune che lo vede accusato di furto
Di Mohamed Yassine


Il Ministro della Giustizia Mohamed Naciri ha dichiarato che i casi di violazione della legge della stampa portati davanti ai tribunali marocchini nel corso del primo trimestre di quest’anno sono solo 27. Nel corso di tutto l’anno precedente non sono stati più di 100, uno solo dei quali si è concluso con la condanna alla prigione senza condizionale e ad un ammenda.
Il Ministro ha insistito sul fatto che il caso di Ali Amar, ex direttore de Le Journal Hebdomadaire, sospeso dalle autorità, non rientra tra quelli che riguardano la libertà di espressione o di stampa e che si tratta di una vicenda di diritto comune che vede Ali Amar imputato di furto aggravato.
Nel corso della riunione della Istance de Dialogue National sue les médias et la Société ieri mattina, il ministro ha sottolineato che uno solo dei 98 casi di violazione della legge sulla stampa si è concluso con una condanna alla prigione senza condizionale e ad una ammenda, mentre altri 20 casi sono ancora in fase istruttoria.
Nel corso dei primi cinque mesi dell’anno in corso, i casi giudiziari concernenti la violazione della legge sulla stampa non sono stati più di 27, a maggio del 2010.
Quelli del 2009 sono costituiti da 63 citazioni dirette e 31 procedimenti di iniziativa della procura a seguito di denuncia. I 4 casi restanti costituiscono vicende particolari. I procedimenti dei 5 primi mesi dell’anno in corso sono costituiti da 15 citazioni dirette, 10 procedimenti su denuncia e 2 di ufficio.
Secondo il ministro della giustizia, tra tutte le cause del 2009, una sola si è conclusa con una condanna alla prigione senza condizionale e ad una ammenda, cinque sono state le condanne alla prigione con sospensione della pena e ad una ammenda.
L’anno scorso vi sono state in tutto 26 condanne ad una ammenda e 4 assoluzioni, secondo le statistiche presentate da Mohamed Naciri all’Istance de Dialogue National sur les Média set la Société.
17 casi sono stati archiviati e 13 querele sono state respinte, mentre in 11 casi vi è stata dichiarazione di incompetenza per diverse ragioni. Altri 20 casi sono ancora in istruttoria.
Nel corso dell’incontro, il Ministro della giustizia ha affermato che il caso del giornalista Ali Amar non avrebbe mai assunto tali dimensioni se lo stesso avesse rispettato le procedure in vigore. Ha aggiunto che Amar non ha ottemperato agli ordini di giustizia quando il procuratore del re gli ha chiesto di ritornare per comparire davanti a lui.
Il ministro della giustizia ha evidenziato che Ali Amar ha tentato di attribuire carattere politico ad una vicenda di diritto comune, approfittando della concomitanza del congresso nazionale della stampa francofona in Marocco per contrabbandare il suo come un caso di libertà di espressione e di stampa, mentre è una vicenda di diritto comune, avviata dalla querela di una persona offesa che ha denunciato di essere stata derubata da Amar. Considerando che Ali Amar aveva tentato di approfittare della vicenda, la procura ha stimato che non fosse il momento opportuno per  assumere iniziative nei suoi confronti. La procura ha atteso la fine del congresso ed il ritorno della delegazione dei giornalisti dal loro viaggio nelle province del sud.
Il ministro della giustizia ha dichiarato che le imputazioni contro Ali Amar sono state derubricate da crimine a delitto, nonostante si tratti di una intrusione con effrazione in un domicilio altrui servendosi di chiavi false ed il furto di quanto vi era dentro, fatti considerati come un crimine. Ha aggiunto che Ali Amar era comparso davanti al procuratore una prima volta e che il procuratore l’aveva avvertito che avrebbe dovuto ripresentarsi per una nuova udienza, ma che lo stesso si è rifiutato di comparire col pretesto che avrebbe dovuto essere convocato per iscritto.
La procura aveva ordinato il fermo di Ali Amar lunedì scorso per metterlo a disposizione del procuratore dopo una querela di furto presentata contro di lui da Sophie Goldryng.




Leggere anche:

Arresto illegale di Zineb El Rhazoui e di Ali Amar


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