Tel Quel n. 438 – dal 12 al 18 settembre 2010

Inchiesta. Nelle città senz’acqua
di Mohammed Boudarham

Nonostante una eccezionale pluviometria, alcune regioni del Marocco hanno sofferto di mancanza di acqua durante una buona parte dell’estate. Il ramadan, che è venuto in agosto, non ha migliorato le cose. Giro di orizzonte


Meknes – Piogge “malefiche”
Domenica 22 agosto. Centinaia di abitanti di Meknes protestano, in una piazza della città, per le ripetute interruzioni nell’erogazione dell’acqua potabile. Ancora più gravi in quanto, durante il ramadan, si può bere solo dopo la “rottura del digiuno”. Per porre rimedio a questa situazione, l’approvvigionamento di acqua potabile è diventata un’attività (quasi) a tempo pieno per molti padri di famiglia che fanno rotta verso le regioni circostanti. La ragione? Da diversi anni, ogni volta che piove, l’acqua potabile delle due fonti situate vicino a El Hajeb (Bitil e Rebaa) si mescola alle acque piovane ed esce dai rubinetti di un colore rossastro. L’acqua delle due fonti, sfruttata direttamente dalla RADDEM (Régie autonome de distribution d’eau et d’électricité de Meknès), non è sottoposta al processo di trattamento dell’ONEP (L’ente pubblico nazionale per l’acqua potabile). “Per evitare disagi agli abitanti, procediamo a delle interruzioni nell’erogazione per lasciar riposare l’acqua”, spiega un responsabile. Una soluzione in vista? L’ONEP prevede la costruzione di una stazione di trattamento per un costo globale di 150 milioni di dirham. Lo studio è già pronto”, afferma un responsabile di questo ufficio a Meknes. Bisognerà dunque ancora pazientare due o tre anni. Fino a quel momento, come sottolinea non senza ironia una abitante della città, i Meknesiani “dovranno pregare perché non piova più!” O almeno non troppo…

Imilchil – la collera delle donne
Da due settimane le donne di diversi Douar dei dintorni di Imilchil (provincia di Midelt) hanno organizzato una marcia verso Midelt per protestare contro la penuria di acqua potabile. Dopo avere percorso diversi chilometri, sono state intercettate e respinte dalle forze dell’ordine. “Ogni estate la sete prende il posto del freddo glaciale che infierisce in inverno. La vita diventa insopportabile”, denuncia un militante associativo di Imilchil. La crisi si è avvertita soprattutto, questa estate, in Douar come Akdim o ancora Amerdoul Awragh, che ospita quasi 3000 abitanti. In entrambi, i progetti dell’INDH (Iniziativa nazionale per lo sviluppo umano), avviati per la maggior parte nel 2009, tardano a realizzarsi. Qui c’è un serbatoio d’acqua che tarda a entrare in servizio, là ci sono dei pozzi che, per mancanza di mezzi (pompe, ecc.), non servono a niente. Quale è la soluzione aspettando giorni migliori? “Gli abitanti percorrono talvolta diversi chilometri, vanno a cercare l’acqua nei Douar vicini e meglio attrezzati” ci riferisce una fonte locale. Ed evidentemente il compito incombe prima di tutto sulle donne e i bambini, in un via vai incessante e spossante, ancora  di più durante le lunghe giornate di ramadan. Qualche volta le cose si complicano per colpa delle controversie tra Douar circa il diritto si sfruttamento delle (rare) risorse idriche. “Vi sono alcuni progetti che sono stati promessi dal re nel 2009, in occasione di una visita a Imilchil, ma tardano a diventare operativi”, afferma un abitante. Bisognerà attendere una nuova visita reale per sbloccare la situazione?

Laayoune – Il mare alla riscossa

Da molto tempo gli abitanti del capoluogo del Sahara hanno l’acqua del rubinetto solo tre o quattro ore al giorno. Spetta a loro sbrogliarsela come possono: fare scorta d’acqua per gli abitanti comuni e utilizzare dei serbatoi domestici per i più ricchi che, per questa ragione, non risentono delle interruzioni quotidiane di erogazione. Ci sono anche coloro che sono ricorsi ai “Metfyat” (serbatoi tradizionali e coperti) per recuperare, e conservare fresche, le acque piovane, considerate le migliori per preparare il the. Ciò non toglie che questa estate gli abitanti di alcuni quartieri, soprattutto della periferia, hanno manifestato la loro collera per la penuria di acqua. Una rivendicazione che si ripete quasi ogni estate. Secondo una fonte locale, le autorità avevano promesso che durante il mese del ramadan non vi sarebbero stati problemi di approvvigionamento d’acqua, soprattutto grazie all’entrata in servizio di una nuova stazione di desalinizzazione dell’acqua del mare, costata 240 milioni di dirham. “La stazione entrerà in servizio alla fine di questo mese di settembre o, al più tardi, in ottobre. Essa contribuirà a raddoppiare l’offerta di acqua potabile per Laayoune e i comuni circostanti”, afferma un responsabile locale. Al momento Laayoune può contare solo sui pozzi di Foum El Oued, sfruttati da lungo tempo, e su una prima stazione di desalinizzazione in servizio dal 1995.

Kelaat Sraghna e Al Hoceima – I lavori della discordia

Durante l’estate gli abitanti di diverse città hanno protestato contro le interruzioni nella erogazione dell’acqua potabile, che durano anche due o tre giorni, a causa di lavori in corso. E’ soprattutto il caso di alcune zone della città di Al Hoceima, dove l’ONEP sta rinnovando una parte delle sue istallazioni. Ma anche, e per le stesse ragioni, di molti quartieri popolari di Kelaat Sraghna. “Comprendiamo che l’ONEP deve effettuare dei lavori di revisione per garantire un migliore servizio, ma gli rimproveriamo di effettuare delle interruzioni nella erogazione senza preventivamente informare gli utenti, soprattutto in occasione dei primi giorni di ramadan”, dichiara un militante associativo di Kelaat Sraghna. “Falso! – replica un quadro dell’ONEP – perché di solito noi affiggiamo dei manifesti per avvisare e comunichiamo le interruzioni ai giornali nazionali”. Ma gli abitanti non demordono e considerano come una grave ingiustizia il fatto di vedere il loro rubinetti a secco. Allora, in queste due città come altrove, gli abitanti ricorrono al sistema D, che consiste per molti nel procurarsi l’acqua fuori dal perimetro urbano, da vicini che sono stati tanto previdenti da farne una scorta sufficiente. “Noi non abbiamo niente contro il fatto di bere l’acqua minerale. Ma ci diano un salario sufficiente per comprarla!”, lancia un abitante del quartiere di Ibn Khaldoun, a Kelaat Sraghna.



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