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TelQuel n. 442 - dal 9 al 15 ottobre 2010

Una bella avventura
di Ahmed R. Benchemsi


Nichane non è più. Ricordiamo la storia movimentata, appassionata e alla fine tragica del fu primo settimanale arabofono del regno


(Ir)razionalità
Venerdì 1 ottobre 2010, insormontabili difficoltà finanziarie hanno costretto Nichane, pubblicazione arabofona "sorella" di TelQuel, ad abbassare il sipario. Motivo: il boicottaggio pubblicitario dei grossi inserzionisti strettamente legati al regime. Un regime al quale le posizioni di Nichane non sono mai piaciute, tanto più che esse si esprimevano in una lingua accessibile a tutti. Tra settembre 2008 e settembre 2010, il boicottaggio ha provocato a Nichane la perdita di quasi l'ottanta per cento dei suoi introiti pubblcitari. Non è sopravvissuto.
Se l'assassinio di Nichane ha innegabili ragioni politiche, bisogna riconoscere che nessuna legge è stata violata. Nulla obbliga gli inserzionisti ad acquistare spazi pubblicitari in un giornale. Se questo giornale vende bene (nel caso di specie, Nichane era il n. 1 della sua categoria), gli inserzionisti che lo boicottano si privano di un' esposizione ottimale e dell'opportunità di raggiungere il maggior numero di clienti. Sono liberi di farlo, per quanto la cosa sia irrazionale dal punto di vista economico. Ma è una loro scelta, la politica ha delle ragioni che la razionalità economica ignora.


"Dovete trasmettere il vostro messaggio ai lettori arabofoni". Durante tutta la prima metà del decennio scorso, i responsabili di TelQuel hanno ascoltato questa frase in modo ricorrente, insistente, pressante. TelQuel non era certamenhte l'unico giornale indipendente in Marocco. Prima della sua nascita nel 2001, qualche pioniere - primi tra i quali Le Journal, Assahifa e, per altri versi, Demain - avevano già intrapreso la strada dell'indipendenza editoriale e del coraggio politico. Collocandosi in questa prospettiva, TelQuel ha apportato un carattere che gli è proprio: un diverso sguardo sulla società. Agli inizi degli anni 2000, i concetti di "laicità" e di "libertà individuali", di "rinascita culturale" o di "darija, lingua nazionale" non facevano ancora parte del dibattito pubblico. Ma la società marocchina, indubbiamente, ne covava i semi. Divulgandoli, mettendoli in luce, perfino attribuendo loro un nome (la parola "Nayda", diventato il nome dello sviluppo artistico degli anni 2000, è stata per esempio lanciata da una delle nostre copertine), TelQuel si era dato come obiettivo di innaffiare questi semi per contribuire a farli fiorire. Ottenendo un indubbio successo, quando si veda fino a quel punto questi concetti, oggi, sono al centro del dibattito pubblico in Marocco. Ma questa missione, così entusiasmante in sé stessa, aveva un punto debole: coinvolgeva solo i lettori francofoni, quindi un pubblico d'elite in un paese la cui lingua non è il francese. "Dovete fare la stessa cosa in arabo", ci dicevano sempre.


Lancio in pompa magna
Metà 2006, abbiamo fatto il salto di qualità. Presse Directe, la società editrice di TelQuel, ha acquisito quote di proprietà di Free Media, una srl che editava all'epoca il tabloid Al Jarida Al Oukhra. L'operazione aveva un senso: questo settimanale arabofono di recente creazione si era subito fatto notare per la sua indipendenza e per la libertà dei toni. Il matrimonio Presse Directe-Free Media ci ha dunque aperto la porta verso la stampa arabofona. Dopo un disaccordo editoriale (riguardante principalmente lo spazio da accordare alla darija), i fondatori di Al Jarida Al Oukhra, Taoufik Bouachrine e Ali Anouzla, si sono ritirati con eleganza per lanciarsi in un'altra avventura (il quotidiano Al Massae - che hanno lasciato dopo qualche anno per fondare ciascuno il proprio giornale). Diventata azionista di maggioranza di Free Media dopo un primo aumento di capitale, Presse Directe si è a questo punto attrezzata per potere pienamente "trasmettere il messaggio di TelQuel" ai lettori arabofoni. Questo è stato fatto trasformando il tabloid in magazine e col cambio del nome, da Al Jarida Al Oukhra in Nichane. E l'avventura è cominciata.
Eravamo nel settembre 2006. Sotto la Direzione di Driss Ksikes, riconosciuto giornalista ed ex redattore capo di TelQuel, e con un gruppo di giornalisti giovani e di talento, Nichane si é subito fatta notare per le sue "cover" audaci: "Gli islamisti nell'esercito", "Le  marocchine tra hijab e bikini", "A cosa serve il primo ministro in un regime di monarchia assoluta?", "Ramadan: il mese dell'ipocrisia?"... Fin dai primi numeri, Nichane ha  messo insieme argomenti fastidiosi e polemiche. Tanto meglio! L'obiettivo - dare corpo al dibattito democratico, stimolando la riflessione sulla società marocchina e il suo futuro - è stato raggiunto immediatamente.


Cominciano gli attacchi
Fin dal quattordicesimo numero, vale a dire 3 mesi appena dopo il suo lancio, Nichane ha subito il primo attacco massiccio: un divieto di pubblicazione, niente di meno! Dopo un dossier intitolato "Barzellette - Come i Marocchini ridono della religione, del sesso e della politica", alcuni gruppi islamisti hanno lanciato una campagna, mandando al diavolo questo "giornale miscredente che prende in giro l'islam e la sacralità".  Nessuno voleva prendere in giro niente, si trattava solo di analizzare l'umorismo popolaresco marocchino, di dire ciò che rivela della nostra mentalità collettiva. Perché proprio questi temi? Perché la maggior parte delle barzellette marocchine riguardano proprio questi argomenti, perdiana! Erano stati consultati anche dei sociologhi, degli antropologi e degli psicologi e l'inchiesta di Nichane, al di là del titolo, era un dossier serio e documentato. Ma gli integralisti si sono accorti solo dei campioni di barzellette riportate da Nichane - accuratamente scelti peraltro tra le più "leggere" tra quelle che si possono ascoltare per la strada e nei caffé del regno. Niente da fare. Il malcontento degli islamisti montava, i giornalisti di Nichane ricevevano messaggi di insulti e decine di minacce... Timoroso di una possibile escalation "alla danese" (la violenta polemica sulle caricature del profeta era ancora fresca nella memoria), il governo ha sequestrato il numero in corso di Nichane, deciso il "divieto definitivo" (!) della pubblicazione e denunciato l'autore dell'articolo e il direttore del magazine. Dopo un processo-lampo, si sono buscati una condanna a tre anni di prigione, con pena sospesa, e il giudice ha commutato il divieto definitivo di pubblicazione in divieto temporaneo.  Durante i tre mesi che è durato, i giornalisti di Nichane sono stati ospitati da TelQuel che ha pubblicato, ogni settimana, un supplemento di otto pagine in arabo, intitolato "Good": un sinonimo di Nichane in darija, maramao simbolico a tutti i censori. Anche se assente dalle edicole, lo spirito di Nichane restava.
Il 17 marzo 2007 Nichane riappare trionfalmente, con una copertina dal titolo: "Dal moqaddem ai servizi segreti". Il male non è venuto solo per nuocere: dalla riapparizione in edicola ipermediatizzata, le vendite di Nichane sono esplose. E continueranno a crescere attraverso reportage scioccanti e copertine audaci... e scoop. Così bruciando sul tempo anche la stampa internazionale, Nichane è stato il primo (anche rispetto a TelQuel, che sarebbe uscito in edicola il giorno successivo) a pubblicare il testo integrale del piano di autonomia per il Sahara. Combinazione, a Casablanca era in corso una caccia al terrorista, dopo che alcuni kamikaze si erano fatti esplodere in pieno centro cittadino. La copertina di quella settimana, combinando lo scoop sul Sahara e immagini esclusive di poliziotti in borghese, armati di tirapugni, in azione, ha realizzato un nuovo record di vendite. Nichane era definitivamente lanciata nel novero dei grandi.


Dibattiti sulla società
Con una redazione formata da giovani giornalisti entusiasti, i temi audaci si succedevano a ritmo sostenuto. Al di là della politica e del terrorismo, il marchio di Nichane si é veramente impresso nei temi sociali: "La sessualità nella cultura islamica", "I Marocchini, l'acol e l'ipocrisia", "L'obbligo del matrimonio", "Legalizzazione della cannabis: apriamo il dibattito", e molti altri. Ogni tabù infranto portava nuovi lettori, nuovi sostenitori... e nuovi nemici irriducibili, che accusavano il magazine di "combattere i valori religiosi e tradizionali che sono alla base dell'identità marocchina". Le aspre polemiche tra Nichane e il quotidiano islamista Attajdid sono così diventate ricorrenti. Islamismo contro laicità, libertà individuali contro tradizioni comunitarie... Il solo dibattito ideologico che ha realmente senso nel Marocco di oggi - modernità contro conservatorismo - era posto con chiarezza, polarizzato con chiarezza, e assunto con franchezza, su due sponde. TelQuel, il "fratello maggiore", difendeva ovviamente con la stessa forza, e da più tempo, i valori modernisti. Ma cosa rispondere alle accuse di "elitismo" provocate dalla sua lingua, il francese? Nichane era al di sopra di ogni sospetto da questo punto di vista, visto che diceva le stesse cose, ma in arabo. Meglio: in darija, la lingua naturale dei Marocchini!
E proprio a causa della darija, Nichane ha subito nel 2007 un nuovo potente attacco. A causa di un editoriale giudicato "irrispettoso" verso il re Mohammed VI, 50.000 copie del magazine sono stati sequestrati e distrutti dal ministero dell'interno. TelQuel ha subito la stessa sorte, perché aveva pubblicato lo stesso testo. Ma era ovviamente la versione pubblicata da Nichane che creava problemi alle autorità. In tema di "mancanza di rispetto", è stato l'uso del darija nell'editoriale che ha suscitato le ire dello Stato. Come abbiamo osato parlare del sovrano in una lingua considerata "volgare"? Il "processo della darija" era aperto, atto inaugurale di ciò che doveva in seguito diventare un dibattito nazionale: quale posto accordare alla lingua materna dei marocchini rispetto all'arabo classico, loro lingua ufficiale? Se il dibattito non si è ancora concluso, la darija, incontestabilmente, ha guadagnato punti. Perfino lo Stato, che pure è il più acceso sostenitorte del dogma ufficiale dell'arabo classico, non esita a servirsi di una darija disinibita per rivolgersi al popolo, in televisione, nella lingua che comprende.


Asfissia finanziaria
Dibattito dopo dibattito, inchiesta dopo inchiesta, polemica dopo polemica, sono passate le settimane e i mesi. Che la si amasse o la si detestasse, si comprava Nichane, la si leggeva, la si commentava. A partire dal 2008 le sue vendite - attestate dall'OJD, organo di controllo della stampa marocchina - ne hanno fatto il primo settimanale arabofono del regno. Sul piano economico la situazione di Free Media era tuttavia preoccupante. Per quanto le vendite fossero rilevanti, gli introiti non bastavano a coprire le spese della società editrice (tra cui lquelle di stampa, necessariamente elevate dato il formato magazine del settimanale). Risultato: una crescente dipendenza dagli introiti pubblicitari. La situazione è identica per tutti i magazine del mondo. La differenza, in Marocco, è che la pubblcità è qualche volta considerata come uno strumento di controllo politico. E Nichane, fin dal suo lancio, è stata oggetto di un boicottaggio pubblicitario da parte di diverse grandi imprese legate, in un modo o nell'altro, al Potere.
La ragione? Non è mai stata ovviamente comunicata ufficialmente. Ma non c'è dubbio che si trattasse di una misura di ritorsione contro la linea editoriale indipendente di Nichane che non esitava, quando occorreva, ad assumere posizioni critiche verso il Potere.
Eccetto una schiarita nel 2008 (un periodo durante il quale il boicottaggio é stato sospeso), si accumulavano le perdite, rendendo la situazione finanziaria di Free Media sempre più precaria, malgrado le sovvenzioni statali sul costo della carta - che andavano comunque diminuendo. Nel 2009 il sequestro, poi la distruzione di 50.000 copie di Nichane (e altrettante di TelQuel, a causa della pubblicazione di un sondaggio - nonostante fosse favorevole - sul regno di Mohammed VI) non ha certo contribuito a migliorare le finanze del magazine. Un secondo aumento del capitale, seguito da un forte apporto in conto corrente, non è stato sufficiente a recuperare le perdite accumulate. Tra settembre 2008 e settembre 2010, ultimo mese di attività di Nichane, i suoi introiti pubblicitari sono diminuiti del 77%. Di fronte a questa riduzione drammatica delle risorse e in mancanza di prospettive di miglioramento, gli azionisti del magazine, che avevano già investito quasi 10 milioni di dirham in Free Media, in perdita, non vedevano più l'uscita del tunnel.
In quattro anni di vita Nichane ha dunque subito divieti, sequestri, processi, ammende, distruzioni di copie... Ma è stato per asfissia finanziaria che una delle rarissime voci laiche e moderniste del Marocco - e del mondo arabo - ha finito per spegnersi. Ma la sua eco rimane. Gli argomenti che Nichane ha divulgato tra il pubblico arabofono sono oggi al centro del dibattito sociale marocchino. Al di là della sopravvivenza di una impresa giornalistica, si tratta di un risultato del quale tutta la redazione di Nichane può essere legittimamente fiera. I giornali muoiono, le idee restano.



La morte di Nichane nella stampa marocchina
Grazie di cuore ai colleghi Akhbar Al Youm e Al Ahdath Al Maghribiya, i cui editoriali, cronache e commenti, rattristati e fraterni, hanno accompagnato la sparizione di Nichane con una dignità che onora i loro autori. Eccetto questi due giornali (oltre al  quotidiano gratuito Au Fait che ha dedicato la prima pagina all'avvenimento), tutto il resto della stampa marocchina, al momento di andare in stampa, si è divisa in tre categorie: quelli che hanno dato la notizia in qualche rigo senza commento, quelli che l'hanno totalmente ignorata... e quelli che vi hanno dedicati lunghi articoli lieti, celebranti la morte di un collega come si trattasse di una vittoria personale, gli isulti più vili disputandosi il posto con le calunnie più odiose. Nichane, e anche TelQuel, si sono sempre rifiutati di rispondere alle stupidaggini che li hanno bersagliati, e ne sono state tonnellate. Oggi come ieri non ci faremo trascinare nel fango. Qualche parola tuttavia, perché le attuali dolorose circostanze lo esigono: sapevamo che l'indegnità e l'assenza di onore potevano spingere dei colleghi in basso, molto in basso. Ma sparare sulla Croce Rossa con dichiarato giubilo, questo supera ogni intelletto. La stampa in Marocco soffre di molti mali. Quello peggiore è la sua decomposizione morale.