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Francia e Marocco, un’alleanza a delinquere

di Nicola Quatrano

Nel Sahel si è insediata una cellula molto attiva di Al-Qaida nel Maghreb islamico (AQMI). L’Algeria promuove una strategia di impegno comune dei paesi coinvolti, anche per evitare che le potenze europee approfittino dell’occasione per insediarsi nella zona, ricca di risorse naturali. Il Marocco attacca l’Algeria e lavora per favorire l’intervento della Francia nella regione. In cambio di questi “servizietti sporchi” ottiene vari vantaggi, primo tra tutti l’appoggio francese sulla questione del Sahara occidentale

La diplomazia marocchina è molto attiva in questi giorni sul fronte del Sahel, zona geografica cui non appartiene propriamente, e della lotta contro il terrorismo di AQMI (Al Qaida nel Maghreb islamico), che si è insediata appunto nelle zone poco controllate del Niger, ai confini col Mali e l’Algeria.
Riferisce Aujourd’hui le Maroc del 19 ottobre 2010, che “Il Marocco attira l’attenzione internazionale sui pericoli rappresentati dalle reti criminali che operano nella regione del Sahel. In apertura dei lavori della Conferenza degli Stati parti alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale, lunedì 18 ottobre, a Vienna, il Regno ha chiesto la realizzazione di un rapporto ONU sulla situazione in questa zona… Nello stesso spirito, la diplomazia marocchina ha messo in guardia contro i pericoli di queste reti per la stabilità della regione e la sicurezza internazionale. Da un po’ di tempo, la regione del Sahel è in pericolo a causa della crescita delle attività criminali di diverse organizzazioni transnazionali che operano nel circuito del traffico di droghe, di armi e nel contrabbando. Peggio ancora, queste organizzazioni criminali sono riuscite a stabilire stretti legami con l’organizzazione terrorista di Al Qaida nel Maghreb islamico (AQMI), l’ex gruppo salafista per la predicazione e il combattimento (GSPC) algerino… Il Marocco è molto attivo al livello regionale e internazionale per rafforzare la lotta contro la criminalità nel Sahel. Infatti una importante delegazione marocchina ha partecipato, mercoledì 13 ottobre, alla riunione del Gruppo d’azione antiterrorista dei paesi del G8 (CTAG), per studiare i mezzi per rafforzare la lotta nel Sahel contro Al Qaida nel Maghreb islamico. A questa riunione di esperti dei rappresentanti del G8 (Stati Uniti, Russia, Giappone, Canada, Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania) hanno preso parte, oltre ai rappresentanti dell’Unione Europea, anche la Svizzera, la Spagna, l’Australia, il Marocco, la Mauritania, il Niger, il Burkina Faso, il Senegal e la Nigeria. Come ci si poteva aspettare, l’Algeria ha boicottato la riunione, con la scusa che la lotta contro AQMI è questione che riguarda i soli paesi del Sahel coinvolti e non richiede l’implicazione di potenze straniere”.
E’ questa è la vera ragione dell’attivismo del Marocco, che lavora nell’interesse delle potenze occidentali, soprattutto della Francia, che vogliono mettere le mani sul Sahel con la scusa del pericolo terrorista.

Le vere ragioni delle critiche marocchine all’Algeria
L’Expressione del 13 ottobre 2010, in un articolo dal titolo “Il Marocco lavora per Parigi nel Sahel”, afferma: “Il centro di ricerche e di studi El Read ha organizzato ieri una conferenza-dibattito a proposito dei “motivi reconditi delle campagne mediatiche marocchine e le loro conseguenze sulle relazioni algero-marocchine”. Universitari, accademici e giornalisti hanno partecipato a questa conferenza che si è svolta nel Centro internazionale della stampa, sito alla casa della stampa di Kouba, Algeri.
I conferenzieri hanno sviluppato tre temi principali: i contenuti e i messaggi della campagna marocchina, le sue motivazioni e la posizione diplomatica dell’Algeria. Va detto che le vere ragioni delle trame marocchine sono la questione del Sahara occidentale e la lotta antiterrorista nel Sahel. Secondo Slimane Chenine, direttore del centro El Raed, l’accanimento della stampa marocchina contro l’Algeria è diretta da circoli politico-militari al servizio del Regno dello Sceriffato. L’obiettivo è di distrarre l’opinione pubblica marocchina dalle sofferenze quotidiane e non dare conto del fallimento della sua politica interna. In questa operazione contro l’Algeria, il Marocco è, secondo l’universitario, sostenuto da potenze occidentali.
I paesi occidentali vogliono infatti imporre la presenza del Marocco nel dossier del Sahel, come loro testa di ponte per poter rimettere piede nella regione. Il Marocco lavora per l’occidente, soprattutto la Francia. E’ la ragione per la quale esso vuole imporne la presenza, nonostante le ragioni geografiche escludano il Marocco dalla striscia del Sahel. E ha continuato sostenendo che un’eventuale integrazione del Marocco nell’alleanza dei paesi del Sahel aprirebbe le porte all’ingerenza straniera nella regione. Una opzione che l’Algeria rifiuta categoricamente.
Alcune potenze occidentali, soprattutto la Francia, usano la lotta antiterrorismo come un pretesto per installarsi nella regione e perseguire i loro interessi strategici, prima di tutto lo sfruttamento delle risorse naturali.
Da parte sua, il dottor Smail Marif si è interrogato sui tempi scelti dai nemici dell’Algeria per avviare la campagna. Per lui la ragione è semplice da comprendere. Questa campagna interviene in un contesto politico-economico molto importante. Sul piano economico – ha spiegato – essa interviene nel momento in cui l’Algeria ha varato una serie di riforme legislative a protezione dell’economia nazionale. Sul piano politico – ha aggiunto il dottor Marif – l’Algeria è nel mirino di una lobby USA-sionista, con la complicità del Marocco. ..
Per Smail Débeche, l’accanimento marocchino contro l’Algeria non è cominciato oggi. Egli ha ricordato i tradimenti del Marocco verso l’Algeria nel corso della storia. Dopo il recupero della sua sovranità nel 1956 – ha detto – il Marocco ha negoziato con la Francia la questione delle frontiere con l’Algeria. Nel 1963 ha attaccato militarmente l’Algeria e negli anni 1990 ha voltato le spalle al nostro paese. Ha concluso dicendo che Forze straniere, in prima linea Francia e Israele, utilizzano il Marocco per perseguire interessi territoriali. La Francia tutela i suoi interessi e il Marocco la protegge. Per il conferenziere, il passato nero della Francia coloniale pesa ancora sul paese che ha visto nascere i diritti dell’uomo. Gli stessi interessi economici francesi in Algeria impediscono un attacco frontale… e dunque ha trovato nel Marocco uno strumento per mettere sotto pressione l’Algeria”.

Scherzare col fuoco
Sul tema in generale del Sahel, è ancora da segnalare l’editoriale del numero di ottobre 2010 di Afrique Asie, dal titolo: “Stop agli apprendisti stregoni”.
Esso si chiede se “il Sahel sia diventato, dopo l’Afghanistan, la Somalia, lo Yemen e l’Iraq, il nuovo punto di ritrovo dei seguaci di Bin Laden. E se l’oramai mediaticamente celebre Al-Qaida nel magre islamico (Aqmi) rappresenti veramente una minaccia per i paesi del sahel e del Maghreb, e anche per l’Europa.
Se tale tesi sembrerebbe essere confermata dalla serie di rapimenti di occidentali, ad alto valore aggiunto per i diversi gruppi mafiosi, terroristi o irredentisti che sembrano avere eletto domicilio in questa immensa regione che attraversa una decina di paesi, vasta più di due milioni di chilometri quadrati, bisogna tuttavia mantenere il senso della realtà. Perché qualche decina di terroristi, nella peggiore delle ipotesi riconvertiti al grande banditismo, che rifiutano contro ogni evidenza di dichiararsi vinti nei paesi dove avevano a lungo imperversato, nei paesi del Maghreb e altrove, non sono certo in grado di sconvolgere l’equilibrio geopolitico della regione. E tuttavia si rischierebbe di minimizzare i danni per la stabilità della regione se si continuasse con gli interventi occasionali. Versando, negli ultimi anni, dei riscatti – che qualcuno valuta nell’ordine di 150 milioni di euro – in favore di questi gruppuscoli terroristi e mafiosi, in cambio della liberazione di ostaggi, i paesi europei coinvolti (Italia, Spagna, Austria, Gran Bretagna, Francia…)non rischiano forse di stimolare lo sviluppo di un’attività che si rivela assai lucrosa e fornire i mezzi per ampliare il loro campo d’azione, aiutati da una mediatizzazione a oltranza?
Appena appreso del rapimento in Niger, il 15 settembre, nel sito minerario di Arlit, mal controllato da Areva, di sette persone (un Malgascio, un Togolese e cinque francesi), non è stato forse scioccante sentire il ministro francese della difesa, Hervé Morin, annunciare per radio che “preoccupazione della Francia era di entrare in contatto con Al-Qaida e di ricevere richieste che fino ad oggi non abbiamo ricevuto”? Certamente l’imperativo di salvare le vite umane è lodevole e moralmente comprensibile. Quello che lo è meno é di farlo tanto e tanto male da rischiare di incitare i rapitori a perseverare su questa strada e di trascinare gli Stati in una spirale di trattative che favorisce inevitabilmente altre prese di ostaggi. Piuttosto che limitarsi all’immediato, non sarebbe meglio affrontare questo problema alla radice?
Bisogna essere inflessibili col terrorismo, ma bisogna esserlo allo stesso modo con le sue cause. Ora l’impiantarsi e lo svilupparsi di questi gruppi nella zona sahelo-sahariana sono stati in primo luogo favoriti dal crollo delle strutture statali di alcuni paesi. E’ il caso del Niger, che è stato teatro dell’ultimo rapimento. Lo scarso coordinamento tra gli Stati colpiti da questo nuovo flagello, alcuni dei quali sottoposti a forti pressioni estere, è anch’esso un grave ostacolo allo sradicamento del fenomeno. A ciò si aggiunge la volontà dei paesi europei di continuare a condizionare la vita di questi paesi fragili. Bamako, Nouakchott e Niamey, impantananti nei falsi calcoli sul sostegno che sperano di ottenere da Parigi, ostacolano l’avvio di una forza regionale comune antiterrorista. L’idea è stata lanciata dall’Algeria, allo scopo di evitare ogni intervento straniero, e in sintonia con le raccomandazioni dell’Unione Africana. Essi rischiano di pagare caro questo ritardo. Lo si vede oggi con l’ultima operazione rivendicata dall’AQMI, che ha spinto i capi di stato maggiore di quattro paesi del Sahel (Algeria, Niger Mali e Mauritania) a riunirsi d’urgenza, il 26 settembre, a Tamanrasset, nel Sahara algerino, per rilanciare la strategia di lotta comune contro il terrorismo e il crimine organizzato nella sotto-regione.
Questa strategia di sicurezza, decisa da un anno ma non ancora avviata, sarà finalmente realizzata? Ne va in ogni caso della stessa sopravvivenza di certi regimi che hanno recalcitrato a rispettare gli impegni presi nell’agosto del 2009 sempre a Tamarasset. Ma l’approccio securitario, per quanto indispensabile, non è sufficiente. Il coordinamento politico è prioritario per sradicare il fenomeno. L’intervento della Francia e della Mauritania in territorio maliano nel luglio scorso, che si è risolto in un fiasco causando la morte dell’ostaggio che si voleva liberare e che ha indebolito il vicino Mali, è il genere di condotta da evitare”.