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L’Expression, 28 novembre 2010


Il Re scarta ogni idea di inchiesta internazionale. Mohammed VI protegge i suoi assassini

di Mohamed Touati

Il potere marocchino si considera in “stato di guerra” e respinge in blocco la risoluzione adottata giovedì dal Parlamento europeo

Di che cosa ha paura il trono marocchino? Non deve essere fatta luce sui fatti sanguinosi accaduti dopo l’assalto assassino lanciato dall’esercito il giorno 8 novembre 2010 contro il campo di Gdeim Izik. Il Marocco vuole proteggere i suoi assassini. Non vi sarà alcuna Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e non sarà ampliato il mandato della Minurso, la missione delle Nazioni Unite per un referendum in Sahara Occidentale, attribuendole il controllo sul rispetto dei diritti dell’uomo.
Rabat, che così ha deciso, sfida l’Europa. Il capo della diplomazia marocchina ha dichiarato che si recherà il 1° dicembre a Strasburgo. Taieb Fassi Fihri va a sfidare i parlamentari europei a casa loro per “dimostrare il carattere parziale, ingiusto e squilibrato della risoluzione”, ha dichiarato nel corso di un’intervista pubblicata sabato dal quotidiano spagnolo El Pais.
“Non intendiamo transigere su questa questione che favorisce i nostri avversari (il Polisario, l’Algeria, ndr), perché siamo in stato di guerra”, ha sottolineato il ministro marocchino degli Affari Esteri evidentemente scosso per il voto dei deputati europei. Il Makhzen è completamente sulla difensiva. Solo lui detiene la verità, nei confronti e contro tutti gli altri.
“Sono state dette molte menzogne all’opinione pubblica spagnola che è male indirizzata quando le si dice che l’unica soluzione al conflitto del Sahara Occidentale è un referendum”, ha confidato Taieb Fassi Fihri al giornale madrileno, tentando di difendersi dalle accuse di torture e sparizioni di Saharawi che vi sarebbero state nella città occupata di Laayoune dopo l’attacco delle forze di repressione marocchine contro il campo della Libertà. Le dichiarazioni del ministro marocchino sono contraddette da  un rapporto schiacciante di HWR (Human Rights Watch).
“Alcuni sono stati picchiati fino a perdere conoscenza, mentre altri sono stati minacciati di stupro. Alcuni avvocati dei fermati hanno dichiarato a Human Rights Watch che almeno uno dei detenuti ha confidato al giudice istruttore di essere stato violentato durante la detenzione. I testimoni intervistati da Human Rights Watch presentano gravi contusioni e ferite recenti che fanno pensare che siano stati picchiati durante la detenzione”, rende noto un rapporto dell’ONG statunitense, reso pubblico venerdì a New York a proposito dei detenuti saharawi che è riuscita a intervistare e che, sulla scia della risoluzione votata al Parlamento europeo, ha chiesto ufficialmente al Marocco di aprire un’inchiesta sulle violenze e i maltrattamenti commessi dalle forze marocchine contro i Saharawi detenuti, dopo l’assalto di Gdeim Izik.
“Le forze dell’ordine hanno sistematicamente brutalizzato le persone arrestate. Le autorità (marocchine) debbono immediatamente porre fine alle violenze contro i prigionieri ed avviare un’inchiesta indipendente”, ha dichiarato il comunicato di HRW.
Che cosa dunque vuole nascondere il Marocco che respinge tutte le accuse e che fa di tutto per farsi accusare? “Un governo che dichiara ripetutamente che non ha niente da nascondere, deve dimostrarlo permettendo a tutti i media e le organizzazioni non governative di venire e raccogliere informazioni senza ostacoli”, ha fatto giustamente notare Sarah Leah Whitson, incaricata delle regione del Medio oriente e dell’Africa del nord da Human Rights Watch.
Spetta a Rabat di assumere decisioni che vadano in questa direzione per liberarsi da ogni sospetto. In attesa, il sovrano marocchino tappa i buchi. L’attacco al campo di Gdeim Izik avrà provocato almeno una vittima collaterale: Mohamed Jelmouss, il governatore di Laayoune, che è stato rimpiazzato da Khalil Dkhil, un ex membro del Polisario che ha tradito nel 1976, appena ha risuonato la prima raffica di Kalashnikov. Mohammed VI cambia strategia.