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Afrique Asie - settembre 2008

 

Mauritania  -  Afflitto dalla povertà, il paese vive da dieci anni sotto una spada di Damocle: l’esercito, che non si rassegna a rinunciare ai giochi avvelenati di potere. Ne è prova quello che è successo il 6 agosto scorso.


 

Putch: e adesso?

 


di Hamid Zyad

 

Ha preso il potere il 6 agosto scorso, nel corso di un colpo di Stato contro il presidente eletto Sidi Ould Cheikh Abdallahi, che ha sostituito alla testa di una giunta militare. Ma adesso il generale Mohammed Ould Abdelaziz è fortemente imbarazzato. Unanime, la Comunità internazionale reclama il ritorno dell’esercito nelle caserme e la restituzione del potere ai civili eletti democraticamente. Il nuovo uomo forte della Mauritania, 52 anni, diplomato all’Accademia militare di Meknès, non è tuttavia per niente disposto ad accontentarla. Limitandosi a promettere, a fior di labbra, che organizzerà le elezioni presidenziali in data da stabilire, aperta a candidati dei quali lui personalmente redigerà la lista. Lui ne farà parte? “Non è ancora deciso”, afferma.
I rappresentanti della Francia, Germania, Spagna e Stati Uniti, il delegato della Commissione Europea ed il rappresentante del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Pnud) lo hanno incontrato a Nouakchott dopo il putch e gli hanno espresso la loro contrarietà alla “organizzazione di un’elezione unilaterale che, per questa ragione, sarà considerata illegittima” e l’hanno invitato ad annodare un dialogo con la Comunità Internazionale, per evitare alla Mauritania di restare isolata”. Gli inviati speciali della Lega Araba, dell’ONU e dell’Unione Africana (UA) – di cui la Mauritania è membro – hanno formulato la medesima richiesta, mentre l’UA annunciava la sospensione della Mauritania “fino a quando il paese non avrà di nuovo un governo costituzionale”. La quasi totalità dei suoi membri hanno d’altra parte chiesto alla Giunta di ristabilire l’ordine costituzionale calpestato.
Già istigatore di un precedente colpo di Stato, il generale Ould Abdelaziz, componente della potente tribù dedita al commercio degli Ouled Esbah, ha cercato allora di ribaltare i ruoli, accusando il Capo di Stato destituito di avere “fomentato un colpo di Stato contro la democrazia” che l’esercito, secondo il capo della Guardia presidenziale, vuole ristabilire. Comprenda chi può. Secondo lo schema classico che è stato invocato dappertutto in Africa, Abdelaziz si presenta come il garante di uno “Stato di diritto” che il presidente eletto era sul punto si stravolgere, secondo lui, giacché voleva licenziarlo insieme a qualche altro compagno d’armi. Così si giustifica: “Ho telefonato personalmente (al presidente Sidi Ould Cheikh Abdallahi) per spiegargli la gravità del suo decreto e suggerirgli di differirlo per evitare il peggio, ma lui si è impuntato ed ha categoricamente rifiutato di tornare sulle sue decisioni”.  

 

Caduta annunciata

Capo della Guardia presidenziale, incaricato – ironia della sorte – di vegliare sulla sicurezza personale del presidente costituzionale, non c’è voluto molto perché passasse il Rubicone, invitando il presidente Cheikh Abdellahi a lasciare la sua poltrona. Lasciandolo adesso ad intristirsi prigioniero in una residenza ufficiale, ben sorvegliato. Ha potuto ricevere qualche libro e qualche medicina, ma ogni contatto con l’esterno è vietato. La maggior parte dei suoi ex-seguaci  si è dissociato e la popolazione ha vissuto nell’indifferenza la sua destituzione.
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Messoud Ould Boulkheir, dirigente dell’Alleanza popolare e progressista, che conta cinque deputati e tre ministri, ha dichiarato di “riconoscere, come solo depositario legittimo del potere esecutivo, il presidente eletto”. E’ stato subito denunciato dalla grande maggioranza dei deputati mauritani, sessantasette su novantacinque, che hanno preferito prestare giuramento di fedeltà al nuovo padrone di Nouakchott.
Come si è arrivati fino a questo punto? Il presidente Cheikh Abdellahi, che si annunciava come l’uomo del rinnovamento democratico mauritano, si è rivelato incapace di governare una classe politica organizzata in clan tribali rivali. Inoltre, tentando di liberasi della tutela dei militari che l’avevano fatto re, si è esposto alla loro vendetta.
Tutti oggi riconoscono che i deputati della maggioranza presidenziale sono stati manipolati da Ould Abdelaziz, alla ricerca di un pretesto per presentarsi come il “salvatore del paese”. Il seguito ricalca le orme del manuale del perfetto putchista: formazione di un nuovo governo, dimissione dei ministri, richiesta di convocazione di una  sessione straordinaria dl Parlamento,  blocco, crisi, minaccia del Presidente in carica di “prendere misure” eccezionali, intervento del’esercito per “porre fine alla deriva presidenziale”.
Il politologo mauritano Abdallahi Ould Kebd vede in questa nuova impresa dell’esercito “una sorta di peccato originale che caratterizza e mina la democrazia in Mauritania”. E deriva dal sostegno dato dai militari influenti del regime di transizione alla candidatura di Sidi Ould Cheuikh Abdallahi, un sostegno riconosciuto dal Presidente deposto, che ne è stato la vittima principale.

 
 
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L’Expression – 5/11 settembre 2008

 

Nouakchott e il Maghreb


 

di Mohamed Chokri


 

Il Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika ha, fin dal primo momento, manifestato la sua categorica opposizione al cambiamento avvenuto il 6 agosto scorso a Nouakchott, quando la Giunta militare diretta dal generale Mohamed Ould Abdelaziz ha rovesciato il presidente democraticamente eletto, Sidi Oueld Cheikh Abdellahi. Il Presidente (tunisino) Ben Ali e il colonnello Kadhafi, commentando all’indomani del colpo di Stato, hanno preferito evitare il problema, dando mandato al Segretario Generale dell’Unione del Maghreb Arabo (UMA), Habib Ben Yahia, di seguire da vicino la situazione e di tenerli informati sull’evoluzione degli avvenimenti.
Quanto al Marocco, ha dato prova della più grande prudenza, mostrandosi discreto nell’analisi e nei commenti. Si considera infatti direttamente coinvolto negli avvenimenti di Nouakchott, tanto più che il Re stava per recarvicisi a breve, dopo diversi rinvii.
In tutte le capitali maghrebine, ad eccezione di Algeri, le reazioni sono state dunque prudenti, contrariamente a quelle registrate a Bruxelles, Addis Abeba, Washington ed altrove, nella maggior parte chiaramente critiche nei confronti del colpo di Stato.
Queste esitazioni si spiegano col fatto che alcuni dirigenti maghrebini, soprattutto (il presidente tunisino) Ben Ali, sono rimasti scottati dall’esperienza del passato.
Nessuno ha dimenticato la reazione di Tunisi all’indomani del rovesciamento di Ould Taya e le sue conseguenze sulle successive relazioni tuniso-mauritane che si sono raffreddate. Sembra dunque normale lasciare tempo al tempo, e di affrettarsi lentamente in attesa che la situazione si chiarisca.
Già, quasi un mese dopo il colpo di Stato, l’opposizione politica diretta da Ahmed Ould Dada e la presidenza non sembrano avere ancora trovato un terreno di intesa per la formazione di un governo di transizione. La rivendicazione più importante formulata dall’opposizione, di vietare ai militari della Giunta di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, non ha ottenuto l’approvazione dell’attuale presidente.
A questa rivendicazione, contenuta nella piattaforma dell’opposizione, se ne aggiunge un’altra non meno importante che chiede alla Giunta di stabilire immediatamente i tempi per la prossima elezione. Nel silenzio – interpretato da alcuni osservatori a Nouakchott come un rifiuto da parte dell’attuale presidente Mohamed Ould Abdelaziz – i quattro partiti che compongono l' opposizione democratica rifiutano di partecipare alla formazione di un governo di transizione.
Tra gli altri componenti della società civile è condivisa la condanna del colpo di Stato. Alcuni si spingono già da ora a prevedere che le prossime elezioni presidenziali porteranno nuovamente il presidente deposto, Sidi Ould Cheikh Abdellahi, alla magistratura suprema. Solo i sindacati operai hanno sostenuto fin da subito quello che hanno definito “il movimento riformatore” avviato il 6 agosto dal presidente Ould Abdelaziz.
Tale è l’imbroglio che caratterizza la situazione politica mauritana. Cosa che spiega largamente la prudenza di cui danno prova le capitali maghrebine. Solo l’Occidente fino ad ora ha alzato i toni, reclamando fortemente che i militari putchisti tornino nelle loro caserme.
L’ambasciatore degli Stati Uniti a Nouakchott, il presidente francese e presidente di turno dell’Unione europea, tutti hanno intimato al presidente putchista Mohamed Ould Abdelaziz di rispettare la Costituzione del paese.
Nei prossimi giorni si vedrà l’evoluzione di questo ennesimo colpo di forza che la Mauritania subisce oramai regolarmente.