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El Watan 28 dicembre 2008 (Editoriale)


Massacro a Gaza
 
Nella mattinata di ieri Israele ha lanciato dei massicci raid aerei contro la striscia di Gaza. E’ una spedizione punitiva annunciata da molto tempo dal Governo israeliano, più determinato che mai a farla finita con l’ Hamas palestinese. Per raggiungere un tale obiettivo l’aviazione dello Stato ebraico non ha esitato a sparare nel mucchio. Il bilancio in perdite umane, poco dopo la prima offensiva, è stato particolarmente pesante, giacché solo i primi colpi avrebbero provocato quasi 200 morti. Un massacro spaventoso che rende proporzionalmente più ciniche le “raccomandazioni” di Washington a Tel Aviv di non toccare i civili. Più cinicamente ancora, il capo dello Stato ebraico, Shimon Peres, si è mostrato rassicurante, escludendo una invasione della striscia di Gaza. L’esercito israeliano non vi troverebbe che rovina e desolazione.
 
E’ più comodo per Israele procedere a bombardamenti intensivi sapendo che i raid non susciteranno che proteste o inquietudini solo formali e ipocrite. L’Europa e gli Stati Uniti condividono con Israele la determinazione a liquidare definitivamente l’Hamas palestinese, classificata come un’organizzazione terroristica. I massicci raid israeliani traggono pretesto dai razzi lanciati dal territorio di Gaza, ma giungono di fatto dopo un blocco implacabile del territorio, la cui popolazione è stata privata di tutto. Era uno stato di assedio appena mascherato, il cui obiettivo era di suscitare una reazione di Hamas palestinese. Cosa diventata peraltro assai possibile giunti alla fine di un tregua che lasciava poche speranze agli abitanti di Gaza di vivere in pace.
 
Tutto ciò sullo sfondo delle gravi discordie interpalestinesi e della totale impotenza degli Stati arabi ad incidere positivamente sulla tragica situazione dei palestinesi nel loro insieme. Le Potenze occidentali giocano a questo proposito un ruolo più che ambiguo, avallando la tesi dei buoni e cattivi Palestinesi e indebolendo l’unità di quel popolo. Israele è, in questo contesto, il braccio armato di un Occidente che non è mai venuto meno al suo indefettibile sostegno allo Stato ebraico. Questo spiega come il Ministro israeliano agli Affari esteri abbia potuto annunciare i raid contro Gaza senza suscitare alcuna reazione nelle capitali occidentali. Occorreva inoltre a Israele un’occasione, interamente trovata coi suoi raid assassini contro Gaza, per ridare in qualche modo smalto alla sua immagine guerriera sgualcita dal fallimento contro gli Hezbollah libanesi. E’ una brutale dimostrazione di forza contro una popolazione disarmata, sfinita da un implacabile blocco che aveva già fatto piombare Gaza nella bufera.
 
Sono solo i razzi di Hamas che terrorizzano Israele o il timore di vedere i Palestinesi rinserrare i ranghi di fronte a un nemico che non lascia loro alcuna alternativa alla guerra, non attribuendo alcun credito alle soluzioni politiche e negoziate? Questa soluzione è ancor più esclusa da Israele dal momento che la sua sopravvivenza poggia sul conflitto permanente e che anche l’eliminazione di Hamas non dispenserebbe lo Stato ebraico dal fare la guerra. Un generale nordamericano amava dire, più di due secoli fa, che i soli pellerossa buoni sono quelli morti. Israele pensa lo stesso, dal 1948, dei Palestinesi.

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