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Le Potentiel, 1 maggio 2010


Festa senza lavoro

Editoriale


1 maggio 2010 “giornata non lavorativa e pagata”, la tradizione sarà rispettata. Anche questa volta ci sarà il tradizionale appuntamento in RDC (Repubblica democratica del Congo) con la banda e le sfilate. Tuttavia solo chi lavora può comprendere fino in fondo il significato di una festa dedicata alla celebrazione del lavoro.
La storia insegna che il 1 maggio trae origine dal sanguinoso sciopero del 3 maggio 1886 alle officine McCormick di Chicago negli USA. I manifestanti reclamavano la giornata lavorativa di otto ore. Il bilancio macabro fu di otto poliziotti uccisi da una bomba e quattro manifestanti impiccati… In memoria dei martiri del lavoro, il 1 maggio è diventata una data simbolo della lotta di classe.
In RDC il lavoro non è appannaggio di tutti i cittadini. Solo una minoranza è in grado di trovarlo, mentre la stragrande maggioranza subisce i tormenti della disoccupazione con tutte le sue conseguenze: indigenza cronica e generalizzata, impossibilità di mandare i figli a scuola, esposizione alle intemperie e alle malattie, ecc.
E anche chi trova un lavoro non riesce a tirarsi fuori da questo quadro di miseria. Percepisce infatti un salario ridicolo che gli viene versato in modo irregolare, favorendo così ogni pratica corruttiva per assicurarsi la sopravvivenza.
Non importa, in RDC pochissimi lavorano realmente. Una disoccupazione mascherata, provocata da salari di miseria, è la regola nelle amministrazioni e nelle imprese pubbliche. Solo un pugno di persone riceve stipendi veri.
La FEC (Fédération des Entreprises du Congo) lo denuncia regolarmente, senza che nulla venga tentato per assicurare lavoro alla maggioranza dei Congolesi. L’agricoltura che potrebbe assorbire questa massa laboriosa  non è organizzata per farlo. La vocazione della RDC a produrre nutrimento per 2 miliardi di persone rischia di restare solo un pio voto.
 Celebrare il lavoro significa anche interrogarsi sulla qualità dei posti di lavoro creati in RDC e trovare rimedi alla piaga del lavoro sottopagato. L’inesistenza di una politica del lavoro, malgrado i tanti seminari e studi, dimostra che la RDC è ancora lontana da colmare il deficit.
Non si conosce il numero di posti di lavoro esistenti in tutto il territorio nazionale, crearne degli altri è una cosa da libro dei sogni, tanto più che il Ministero del Lavoro non è in grado di realizzare nemmeno delle statistiche affidabili.
Di fatto la RDC vive nell’informale. E non potrebbe essere altrimenti dal momento che l’80% della produzione sfugge completamente al controllo dello Stato e del Tesoro. Sedici miliardi di dollari USA non circolano infatti fuori dal circuito legale?
In RDC la popolazione lavoratrice domanda solo di poter lavorare. E’ stanca di sopravvivere grazie alla donazioni delle ONG locali e internazionali. Comincia a rifiutare gli improvvisi gesti di carità dei politici quando si avvicinano le elezioni. Tutti vorrebbero “mangiare oramai col sudore della propria fronte”
Festeggiare la giornata del lavoro senza lavoro equivale a passare la giornata in meditazione, aspettando che il cielo faccia miracoli.