A partire dall’inizio di Ottobre, dignitari tra cui il Primo Ministro giapponese Yukio Hatoyama, il Presidente sud coreano Lee Myung-bak, il Primo Ministro Vladimir Putin e il Premier vietnamita Nguyen Tan Dung, hanno pagato visite di alto profilo in Cina.

Mentre questi summit e queste conferenze propongono una sovrabbondanza di obiettivi, meritano particolare analisi due temi ricorrenti. Posto che la Cina ha ottenuto quest’anno il miglior risultato in termini economici tra tutti i principali Paesi, attestandosi su un tasso di crescita pari all’8% - l’Amministrazione Hu Jintao è desiderosa di far diventare il suo Paese una “quasi-superpotenza”, che rappresenti anche un azionista responsabile nella comunità mondiale.

Inoltre, durante la preparazione  al summit tra Obama e Hu, Pechino vuole promuovere agli occhi degli Stati Uniti le sue azioni contrattuali insistendo sulla piena uguaglianza in ciò che è visto come un crescente Gruppo a due (G-2).  Per cui l’obiettivo è di svalutare e sottostimare l’impatto globale degli USA.

Subito dopo la parata militare tenutasi il 1 Ottobre in Piazza Tiananmen, il Premier Wen è volato a  Pyongyang,  per tentare di convincere il regime stalinista  a ritornare a tenere dialoghi a sei sulla denuclearizzazione, ospitati da Pechino. Mentre il Caro Leader Compagno Kim Jong-il ribadiva l’impegno teorico del Nord a creare una zona senza nucleare nella Penisola coreana, il dittatore esprimeva l’interesse del suo Paese “a tenere dialoghi multilaterali, ma solo dopo aver valutato il risultato che avrebbe dato il dialogo tra gli Stati Uniti e la Repubblica Democratica della Corea del Popolo”.

Prima dell’arrivo di Wen in Corea del Nord, il Ministro degli Esteri cinese ha rotto con il passato, rendendo pubblico il fatto che circa il tema degli aiuti cinesi sotto forma di cibo e di carburante alla Corea del Nord sarebbe rientrato in agenda. Mentre il Premier non è riuscito a persuadere Kim a fare delle concessioni che avrebbero soddisfatto gli Stati Uniti, il Giappone o la Corea del Sud, la leadership cinese sembra sia riuscita a rafforzare l’abilità di Pechino di giocare la “carta della Corea del Nord”  nei confronti dei tre Paesi.

Sono stati firmati nuovi accordi relativi all’intensificarsi dell’attività commerciale con la Corea, che l’anno scorso ha raggiunto il record di 2.79 miliardi di dollari. La decisione di Pechino di sostenere il regime di Kim significa tirarsi indietro di fronte alle sanzioni autorizzate dalle Nazioni Unite contro il regime canaglia. Il messaggio che la leadership del Partito Comunista cinese sembra voler lanciare agli Stati Uniti è: Washington deve collaborare maggiormente con Pechino se vuole esercitare pressioni su Kim e fermare il suo programma sugli armamenti oppure tornare al tavolo dei negoziati.

Anche se la comunità globale fosse scontenta della spedizione di Wen, Pechino pare convinta del fatto che ospitare due eventi questo mese – il meeting trilaterale dei Capi di Governo cinese, giapponese e sud coreano e il conclave dei Primi Ministri delle nazioni facenti parte della Shangai Cooperation Organization (SCO) - rinforzi le sue credenziali come promotrice dell’amicizia globale e della stabilità.

La riunione dei rappresentanti dei tre giganti dell’Est asiatico, hanno attratto più attenzione del solito, grazie all’appoggio da parte del Primo Ministro giapponese Yukio Hatoyama alla creazione della East Asian Community (EAC).  In più, in parte poiché l’EAC vorrebbe includere nazioni “pro USA” come l’India, l’Australia e la Nuova Zelanda, la reazione dell’amministrazione del Partito Comunista cinese è stata tiepida. Secondo lo studioso giapponese dell’Università Tsinghua Liu Jiangyong, l’EAC potrebbe dare più risultati come concetto economico piuttosto che come concetto legato alla sicurezza. Il Professor Liu ha criticato Tokyo per “ aver spinto troppo per lo sviluppo delle funzioni dell’alleanza Giappone-USA e che [il Giappone] ha enfatizzato [troppo] i valori occidentali.”

La squadra di Hu-Wen sembra più interessata a costruire una qualche partnership strategica con il Giappone per convincere Tokyo a non applicare il patto difensivo Usa-Giappone ai territori cinesi. Dopo tutto, Pechino ha sempre dimostrato un certo nervosismo nei confronti del presunto ruolo chiave che Tokyo avrebbe nella “politica di contenimento anti–cinese” di Washington.  É forse per questo motivo che durante il suo tête-à-tête con Hatoyama, Wen ha sollevato la possibilità di dare nuova linfa a legami bilaterali “del tutto strategici”.

Alla vigilia della grande vittoria elettorale del Partito Democratico giapponese avvenuta il 30 Agosto, Hatoyama si è allontanato dalla tradizione sottolineando l’imperativo di trovare un equilibrio nei rapporti tra Tokyo, Stati Uniti e Cina.
Durante l’ottavo meeting dei Capi di Stato organizzato dalla SCO tenutosi a Pechino,  si sono fatti molti progressi in termini di sinergia e comunione d’intenti. I Capi di Stato della Cina, della Russia, del Kazakhstan, del Tajikistan, dell’Uzbekistan e del Kyrzgyzstan hanno concordato di rendere più forte la cooperazione finanziaria e commerciale con lo scopo di affrontare meglio la crisi finanziaria globale.

Ad esempio, sta per essere istituito un fondo speciale dalla SCO, grazie al contributo di progetti congiunti delle nazioni membro, con lo scopo di risanare cali finanziari. La ricca Pechino ha offerto 10 miliardi di dollari per aiutare le nazioni facenti parte della SCO che stanno vivendo delle difficoltà economiche. A parte i loro sforzi congiunti atti a sconfiggere il terrorismo, i Capi di Stato della SCO non si soffermano molto sulle questioni politiche.  In più, non per niente fin dall’inizio nel 2001, la SCO è stata considerata un contrappeso al North Atlantic Treaty Organization (NATO).

Il fatto che i Primi Ministri dei Paesi osservatori  tra cui Pakistan, Afghanistan e Iran abbiano preso parte alle decisioni di Pechino, ha aggiunto all’incontro un’evidente dimensione geopolitica. Mentre Pechino ha criticato in modo manifesto le politiche americane nei confronti di Afghanistan, Pakistan e Iran, il messaggio della SCO è sembrato essere questo:  in particolare se Washington fosse obbligato a ritirarsi dall’Afghanistan e dai problematici Paesi limitrofi, Pechino e i membri della SCO potrebbero essere in una buona posizione per riempire il vuoto lasciato.

Il fatto che Pechino sia pronto ad avere un ruolo più attivo almeno nei dibattiti politici che riguardano il pasticcio afgano è palesato da un articolo del China Daily scritto da Li Qinggong, un ragguardevole esperto che lavora presso il pubblico Consiglio cinese per gli Studi in Politica di Sicurezza Nazionale. Li ha invitato Washington prima di tutto a “porre termine alla guerra” e poi a “promuovere la riconciliazione tra il Governo afgano, i Talebani e i principali signori della Guerra del Paese”.

Altrettanto significativi sono stati i dialoghi bilaterali tra Putin e i leader cinesi. I precedenti alleati comunisti avevano firmato un patto sulla mutua denuncia di piani riguardanti il lancio di missili balistici. Li Daguang, un esperto militare presso l’Università di Difesa Nazionale cinese, ha detto che questo dimostra la “speciale relazione” esistente tra i due Paesi, che già godono di “una partnership strategica duratura”.

Entrambe le parti hanno firmato accordi commerciali per un valore di 4 miliardi di dollari. Inoltre, Mosca ha acconsentito a vendere alla Cina 70 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. Oltremodo importante è il fatto che almeno una parte di queste transizioni saranno fatte in yuan e rubli; il che ha fatto pensare che Pechino e Mosca abbiano fatto un accordo con lo scopo di minare l’ “egemonia” del dollaro americano.

Ovviamente, la Cina, qualche anno prima, ha firmato accordi di questo tipo con un altro Paese facente parte del BRIC e cioè il Brasile.  Inoltre, la Cina e la Russia sono tra le molte nazioni che stanno conducendo accordi segreti con i Paesi medio orientali sulla possibilità di smettere di stabilire il prezzo del petrolio in dollari. In alternativa, in futuro le transazioni del petrolio e del gas potrebbero essere effettuate con una serie di valute, tra le quail l’euro, lo yuan e lo yen.

Le manovre per cambiare la situazione tra Cina e Stati Uniti è stato evidente anche in occasione del viaggio in Europa fatto dal Vice Presidente Xi – in particolare in occasione della sua prima visita in assoluto in Ungheria, Bulgaria e Romania. In apparenza, le questioni economiche e politiche sono state il solo scopo del viaggio. Ad esempio, Xi ha detto a un gruppo di politici e imprenditori ungari che la Cina “continuerà  a incoraggiare le sue aziende a importare maggiormente dall’Ungheria e spero anche che le compagnie ungheresi faranno maggiori sforzi per esplorare il mercato cinese.”

In più, il corteggiamento di Xi nei confronti dell’Europa centrale e orientale, è arrivato sull’onda dell’annuncio a sorpresa  fatto da Obama sul fatto che gli Stati Uniti avrebbero rinunciato alla costruzione di uno scudo di difesa anti - missilistico in Polonia e in Ungheria. I politici polacchi e cechi, inclusi l’ex Presidente Vaclav Havel e l’ex Presidente polacco Lech Walesa hanno accusato l’Amministrazione Obama di essersi arresa alla Russia e di lasciare l’Europa dell’Est vulnerabile alle prepotenze di Mosca. Il viaggio di Xi può essere interpretato come un modo chiaro di proporre una “terza alternativa” e cioè la Cina ad un’importante parte dell’Europa che si sente lontana dalla Russia e dagli Stati Uniti.

Quale dei principali obiettivi della diplomazia d’autunno di Pechino sono stati raggiunti? Almeno a breve termine, l’Amministrazione Obama sembra ansiosa di convincere la Cina di essere trattata alla pari degli Stati Uniti. Questo sembra appoggiare la politica della “rassicurazione strategica” che gli esperti cinesi di Obama sponsorizzano dall’estate. Ad esempio, durante il suo ultimo e recente viaggio americano, al Dalai Lama è stato rifiutato l’incontro con Obama. È la prima volta dal 1991 che, in occasione di una sua visita nella capitale americana, al leader spirituale tibetano viene negato l’incontro con un Presidente americano.

La scorsa settimana, il Governo americano ha dichiarato l’innocenza di Pechino in quanto non ha partecipato alla manipolazione del valore dello yuan. Washington non ha proferito parola sul fatto che incrementando i suoi aiuti al Governo coreano Pechino ha violato la sostanza se non la forma delle sanzioni statunitensi imposte al regime canaglia dopo i test nucleari da esso effettuati il 25 Maggio. Inoltre, i vecchi ufficiali  statunitensi hanno continuato a tacere su molti elementi che provano il fatto che Pechino ha calpestato i diritti umani di dissidenti e attivisti legali. 

Inoltre, si prevede che alla vigilia della visita che i membri dell’ufficio politico Li e il Generale Xu faranno negli USA, verrà intensificata la cooperazione cino-americana nell’ambito della formazione del personale esperto e nella costruzione della sicurezza di sé dei militari. In più, anche la tensione esistente sul confine meridionale di Pechino è considerevole. Pensiamo, ad esempio, all’intensificarsi dei disordini con i due Paesi confinanti con la Cina e cioè India e Vietnam. 

La tensione lungo il confine tra Cina e India sta aumentando proprio mentre dai media in entrambe le nazioni è stata intrapresa una guerra di parole.  È rilevante che mentre l’India è un Paese osservatore della SCO, il suo Primo Ministro non è riuscito ad essere presente all’incontro dei Capi di Governo a Pechino.

A metà Ottobre, il Premier Wen ha tenuto dei negoziati con la sua controparte vietnamita in concomitanza con la 10° Fiera Internazionale del Commercio della Cina orientale nel Chingqong, nella provincial del Sichuan. Entrambi promettono di incrementare il prossimo anno il commercio tra i due Paesi a 25 miliardi di dollari. Inoltre, mentre i due leader giurano di voler “gestire al meglio il loro confine e le questioni legate al Mar Cinese del Sud,”sono stati fatti piccoli passi avanti nella risoluzione delle dispute relative alla sovranità sulle Isole Spratly. 

Mentre la proiezione del valore militare e diplomatico di Pechino senza esclusione di colpi potrebbe andare in qualche modo verso l’accrescimento del suo ruolo di intermediario del potere globale, potrebbe anche aver reso la teoria del “trattato cinese” più credibile. In più, l’immagine del drago sputa fuoco potrebbe fare così paura che i vicini della Cina come l’India e il Vietnam potrebbero scegliere di allacciare legami più stretti con gli Stati Uniti, l’unico Paese che sembra essere in grado di ostacolare le ambizioni a livello mondiale della Cina.




Il Dottor Willy Wo-Lap Lam è Membro anziano presso la Jamestown Foundation. Ha ricoperto  ruoli di particolare importanza e prestigio in media internazionali tra cui il Magazine Asia Week, il South China Morning Post e l’Asia-Pacific Headquarters della CNN. È autore di cinque libri sulla Cina, tra cui “Le politiche cinesi ai tempi di Hu Jintao: nuovi leader, nuove sfide”, che è stato pubblicato di recente. Lam è Professore aggiunto di Studi cinesi presso l’Università Internazionale di Akita in Giappone e presso l’Università cinese di Hong Kong.  



fonte: Asia Times (traduzione a cura di ossin - Francesca Pollastro)

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