La Voce della Russia, 27 dicembre 2013



« L’aggressività » russa spaventa i politici italiani

Mario Sommossa


Qualche giorno fa, a Roma, un politico italiano, durante una discussione sulla politica internazionale, ha affermato si essere assai inquieto per “l’aggressività” internazionale rinascente della Russia. Si tratta ovviamente della supposta ingerenza della Russia nei fatti di Kiev e della sua decisione, poi smentita, di dispiegare missili Iskander nell’enclave di Kaliningrad


Dimenticava quel politico, e come lui molti altri, che a Kiev la protesta contro un legittimo governo aveva visto tra i protagonisti proprio dei politici europei e che l’Unione Europea avrebbe voluto l’associazione dell’Ucraina ma non era disposta a dare alcun contributo alla disastrata economia del Paese. Dimenticava altresì che, molto prima che Mosca minacciasse di installare i missili a Kaliningrad, gli USA avevano già deciso la collocazione dei loro missili in Romania, Polonia e Turchia.


Se lo scopo dichiarato di quelle installazioni era la difesa da possibili attacchi iraniani, perché confermarli anche nel caso di una distensione con quel Paese?

E’ da quando cadde l’Unione Sovietica che una gran parte di politici occidentali sembra avere come principale preoccupazione il “contenimento” della Russia. Ed è sotto gli occhi di tutti che alcune delle “rivoluzioni arancioni” sono state finanziate dagli statunitensi e dai loro alleati e che l’obiettivo, soprattutto dei repubblicani USA, è ancora quello di destabilizzare il più vasto Paese del mondo. Molte delle azioni occidentali, diplomatiche e non solo, svolte nei Paesi centro-asiatici e molte delle critiche al sistema politico russo, amplificate da tanti giornali, avevano come ultimo scopo proprio quello di indebolire, sia all’interno che all’esterno, il governo di Mosca e, magari, favorire la disgregazione del Paese. C’è da stupirsi se Mosca infastidita da tutte questi atti ostili risponde colpo su colpo?


Fortunatamente l’Italia non ha mai partecipato a queste azioni di sabotaggio anche se è sempre più di moda, pure tra i giornalisti nostrani, evidenziare le “pagliuzze” negli azzurri occhi russi piuttosto che le “travi” in occhi più familiari.

Queste contrapposizioni, purtroppo, sembrano intensificarsi negli ultimi mesi ed a noi sembra che, da una parte e dall’altra, si stia perdendo di vista quali siano i veri, razionali, interessi reciproci.


Tutto l’occidente industrializzato avrà sempre più bisogno di materie prime, in particolar modo energetiche, e la Russia ne è estremamente ricca e vuole continuare a vendercele. Nello stesso tempo, è altrettanto evidente che essa avrà, ed ha, un profondo bisogno di tecnologie e di know-how che noi possiamo offrire. E’ quindi naturale che coloro che un tempo furono nemici debbano, oggi, stare dalla stessa parte e che nessuno dei due abbia l’interesse a rendere impossibile una spontanea sinergia. La Russia non vuole certo perdere un importante cliente e l’Europa sarebbe pazza a precludersi una tale fonte ed un grande mercato che deve ancora svilupparsi fino in fondo.


Il pericolo vero, per entrambi, è ben altro e sta molto più ad est: la Cina. E’ da lì, e non da Mosca, che potrebbero venire, in un futuro non troppo lontano, le sfide che metteranno in crisi sia il nostro benessere che il ruolo che ancora manteniamo nel mondo. Al di là di alti e bassi storici, è ben viva laggiù, in ogni abitante di quello che fu il Celeste Impero, la nozione di essere il “Regno di mezzo” e cioè la consapevolezza storica che gli spetti di diritto un ruolo di “centralità” nell’intero mondo.


La dirigenza cinese ha una lunga tradizione di pazienza e di saper giocare su tempi lunghi ma, nello stesso tempo, è fortemente determinata a raggiungere i propri obiettivi. Sa benissimo che la pretesa di una posizione da unico protagonista non può essere manifestata immediatamente e che, ancora per qualche anno, deve giocare un profilo minore, dissimulando ciò a cui veramente mira. Ma, nonostante lo minimizzino, la loro presenza al di fuori del continente asiatico è sempre più invasiva. L’Africa e le sue risorse sono sempre più frequentemente sotto controllo cinese e in Sud America ed in Europa stanno investendo ed acquistando tutte le aziende tecnologicamente avanzate a cui poter sottrarre know-how.


I cinesi hanno tutto il diritto di desiderare uno sviluppo economico come quello di cui, per ora, noi godiamo, ma è ovvio che uno sviluppo come il nostro, esteso anche a solo la metà di un miliardo e mezzo di persone, non potrà mai realizzarsi senza una dura concorrenza sull’approvvigionamento di materie prime ed uno sfruttamento ambientale più’ intensivo. E tutto ciò non potrà’ avvenire, essendo il mondo limitato, che a nostro discapito.


Invece di continuare ad aver paura dell’ “orso russo” con cui condividiamo storia, cultura e bisogni, forse sarebbe meglio aprire gli occhi su chi costituisce il nostro reale competitor e non, invece, coltivare atteggiamenti che potrebbero spinger anche i nostri naturali amici nelle braccia di chi sta attentando realmente al nostro benessere futuro.

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