The Unz Review, 1° aprile 2017 (trad. ossin)
 
Alla ricerca della Russia
The saker
 
Che la si ami o meno, penso che tutti saranno d’accordo che la Russia è un paese davvero diverso, diverso in modo profondo e unico. E’ c’è qualche verità in questo. Un celebre autore russo ha scritto che «la Russia non può essere compresa razionalmente» (ha utilizzato l’espressione «non può essere compresa con l’intelletto»). Aggiungete qualche politico piuttosto eccentrico come Vladimir Jirinovsky, noto per il suo mélange di analisi assai razionali e bene informate e di assurdità assolute, ed avrete la famosa formula «la Russia è un indovinello avviluppato in un mistero all’interno di un enigma». Francamente è solo una divertente esagerazione, la Russia non è poi così misteriosa. Essa è tuttavia molto diversa dai paesi europei dell’ovest, del centro e dell’est e, anche se una grossa porzione della Russia si situa all’interno del continente europeo a ovest degli Urali, in termini di civiltà essa è molto lontana da quello che viene chiamato «Occidente», soprattutto l’Occidente moderno.
 
 
Per esempio la Russia non ha mai avuto un «Rinascimento». Direi perfino che la Russia non ha mai veramente avuto un Medio Evo perché, come erede dell’Impero Romano di Oriente (vale a dire di Bisanzio), le sue radici affondano nell’Antichità. Mentrele fasi della civiltà occidentale possono distinguersi secondo la sequenza Medio Evo -> Rinascimento -> Modernità -> Epoca contemporanea, nel caso della Russia, la sequenza è molto più corta: Antichità -> Modernità -> Epoca contemporanea.
 
Nota a margine
Tenete presente che ho collocato le radici della civiltà occidentale moderna nel Medio Evo e non nell’Antichità. La ragione è che, quando i Franchi hanno alla fine conquistato l’Impero romano di Occidente, l’hanno distrutto così radicalmente che l’epoca immediatamente successiva al crollo dell’Impero romano di Occidente ha meritato il nome di «Età oscura» (la Russia, sia detto en passant, non ha mai attraversato questo millennio tenebroso e dunque non ha mai avuto bisogno di un qualsiasi «rinascimento» né di «rinascere»). Contrariamente a quanto affermato dalla storia ufficiale, la civiltà occidentale non affonda le sue radici nell’Impero romano, e ancor meno nell’Antichità greca. I veri fondatori del «mondo occidentale» sono stati, a ben vedere, i Franchi.
 
Direi quindi che se la Russia si trova in Europa, geograficamente parlando (almeno la sua parte più popolosa), culturalmente però non ha mai condiviso una storia comune o, ancor meno, una cultura comune con l’Occidente. Dire che la Russia è «asiatica» è altrettanto problematico per due ragioni essenziali: in primo luogo, la Russia, come cultura, è nata dalla antica «Rus» di Vladimiro il Santo alla fine del X° secolo. Il tipo di cristianesimo impiantatosi in Russia era romano, e non franco. Io credo che nessuno sosterrebbe seriamente che Roma o Bisanzio fossero «asiatiche». Dunque non lo sono nemmeno le radici culturali e spirituali della Russia. Etnicamente parlando, la maggior parte dei Russi sono Slavi, mescolati in vario modo ad altri gruppi etnici. E per quanto ritenga personalmente la categoria dei «Bianchi» di dubbio valore analitico, non penso che alcuno sosterebbe seriamente che i «Bianchi» siano asiatici. Detto questo, resta il problema dello Stato russo, della forma di governo russo, e qui sì, direi che sono stati gli invasori tartaro-mongoli asiatici (espressione inappropriata e ingannevole, ma è quella che viene comunemente utilizzata) che hanno creato lo Stato russo moderno. Il fattore che complica le cose qui è che, dopo che la Russia è diventata un Impero di stile occidentale con Pietro 1°, è stata governata da una élite soprattutto occidentalizzata che aveva più punti in comune con le élite dell’Europa occidentale che con la maggioranza delle masse russe. E’ un processo complesso e dalle molte sfaccettature che ha prodotto molti fenomeni contraddittori, e ne potremmo discutere in eterno, ma quel che è certo è che questo processo si è interrotto nel 1917 con un colpo di Stato borghese liberale (massonico) seguito, dopo otto mesi, dalla presa del potere da parte dei comunisti e da una sanguinosa guerra civile. Mentre né il colpo di Stato di febbraio, né la presa del potere da parte dei comunisti a novembre sono state delle vere e proprie «rivoluzioni», l’anno 1917, preso nel suo insieme, ha visto realizzarsi una immensa rivoluzione: una classe dirigente è stata totalmente sostituita da un’altra, completamente differente.
 
Non ho qui né il tempo né l’intenzione di discutere del periodo sovietico, l’ho fatto diverse volte in altre sedi, ma voglio solo indicare la mia principale conclusione: non è possibile considerare il periodo sovietico come una continuazione della Russia di prima del 1917. Sì, geograficamente l’URSS coincide più o meno con l’ex Impero russo e sì, la popolazione che viveva nella Russia ante 1917 ha continuato a vivere nella nuova Unione Sovietica, ma le radici dell’ideologia bolscevico/comunista dominante al potere non devono essere cercate nell’antica Russia e nei valori culturali, spirituali e religiosi russi tradizionali: le loro radici sono state importate dall’Occidente (esattamente come i più importanti dirigenti dell’insurrezione bolscevica). Direi però che, nel 1917, un tipo di élite occidentale (l’aristocrazia) è stata sostituita da un’altra (il partito comunista) e che entrambe erano «importazioni» e non «prodotti intellettuali russi». Mi spingerei anche più oltre e direi che il popolo, la cultura e la civiltà russe sono state perseguitate nel corso di questi ultimi 300 anni e che è stato solo con l’arrivo di Vladimir Putin alla testa dello Stato russo che questa persecuzione è terminata.
 
Permettetemi di precisare subito che questi tre secoli passati non sono stati uniformi e che certi periodi sono stati per il popolo russo migliori, e certi peggiori. Mi pare di poter ritenere che il periodo in cui primo ministro è stato Petr Stolypin (1906-1911) è stato probabilmente per la Russia il migliore. I tempi peggiori sono venuti solo sei anni dopo, quando la banda Lenin -Trotsky si è impadronita del potere e si è subito abbandonata ad una campagna genocida contro tutto quello che era «russo» in senso culturale, spirituale o intellettuale (un’orgia sanguinosa che si è calmata solo nel 1938). Nell’insieme, anche con variazioni molto accentuate, io credo che, in senso culturale e spirituale, la nazione russa sia stata oppressa, con diversa intensità, più o meno tra il 1666 e il 1999. Sono 333 anni: un lungo periodo, qualsiasi siano I criteri.
 
E poi c’è la Russia moderna, che io chiamo «Nuova Russia». Non è chiaramente quella di prima del 1917, ma nemmeno più la Russia sovietica. E tuttavia è una Russia che, per la prima volta in tre secoli, si iscrive finalmente in un processo diretto a sbarazzarsi progressivamente dei modelli culturali, politici e socio-economici giudiziari e che tenta di restaurare quello che io chiamo la «sfera di civiltà russa». Ovviamente qui non si dovrebbe essere ingenui: Putin ha ereditato un sistema politico interamente creato da «consiglieri» statunitensi il cui unico obiettivo era di continuare ad opprimere il popolo russo. I costi umani ed economici degli anni di Gorbaciov ed Eltsin possono solo paragonarsi agli effetti di una guerra importante. E però, da questo orrore, è venuto fuori un leader che si è dimostrato leale solo al popolo russo e che si è assunto il compito di liberare la Russia dai suoi oppressori stranieri. Questo processo di «recupero di sovranità» è lontano dall’essere terminato, richiederà probabilmente molti anni e conoscerà degli alti e dei bassi, ma è stato innegabilmente avviato per la prima volta da secoli e il capo del Cremlino non è qualcuno che l’Occidente possa sperare di sottomettere o cooptare.
 
Di qui la paranoia isterica a proposito di Putin e dei suoi cattivi Russkof.
 
L’Occidente è terrorizzato dal rischio assai reale che, per la prima volta in 333 anni, la Russia possa tornare ad essere veramente russa.
 
Un’idea effettivamente terrificante.
 
Facciamo un bilancio di quella che potremmo definire la «Russia oppressa». Tutto è cominciato con la disfatta inflitta da Pietro 1° ad una delle maggiori potenze militari europee, la Svezia, durante la Grande Guerra del Nord (1700-1721). Se siete interessati, guardate su Wikipédia la lista delle guerre russe tra il 1721 e il 1917 e considerate con attenzione quelle guerre indicate come «disfatte» per la Russia e notate che, ad eccezione della Guerra di Crimea, della guerra russo-giapponese e della Prima Guerra Mondiale, la Russia ha vinto tutte le sue guerre più importanti (guerre nelle quali la Russia ha giocato un ruolo essenziale o che costituivano per essa una posta capitale). Personalmente, non mi pare che la Russia abbia perduto la guerra contro il Giappone (e nemmeno agli storici giapponesi, d’altronde), e nel caso della Prima Guerra Mondiale, la Russia si è sostanzialmente auto-distrutta alla vigilia della vittoria. Quanto a quella che io definisco la «grande guerra ecumenica contro la Russia» (che vide coalizzati i cattolici romani, gli anglicani e i mussulmani ottomani), la definirei un «brutto proposito» le cui peggiori conseguenze per la Russia sono state rapidamente attenuate. Contrapponete questo alla guerra veramente importante, l’aggressione di Napoleone contro la Russia, nel corso della quale quest’ultima ha vinto da sola una coalizione che sostanzialmente univa tutta l’Europa contro di lei. Guardate questa foto di un monumento sul luogo della più grande battaglia della guerra, la battaglia di Borodino, e verificate la lista dei paesi alleati contro la Russia:
 
Francia
Italia
Napoli
Austria 
Baviera
Berg
Sassonia
Vestfalia
Prussia
Olanda
Spagna
Portogallo
Polonia
Svizzera
Confederazione tedesca
Totale: 20 nazioni
Fanteria: 145.000
Cavalleria: 40.000
Cannoni: 1.000
 
Vale a dire 15 paesi contro la Russia. Gli aggressori sono stati di meno durante la «grande guerra ecumenica», ma tre degli aggressor su quattro non erano solo paesi, ma imperi interi: l’Impero francese, l’Impero britannico, l’Impero ottomano. Che si tratti di 15 paesi contro uno o di tre imperi contro uno, uno schema comincia a emergere. Mentre durante la Seconda Guerra mondiale solo sei paesi hanno partecipato all’invasione iniziale dell’Unione sovietica (la Germania, la Romania, la Finlandia, l’Italia, l’Ungheria e la Slovacchia), numerose unità più o meno «volontarie» vi si sono unite.
 
L’unità europea al suo meglio, in effetti
 
Ogni volta che l’Europa ha messo insieme tutte le sue forze per vincere finalmente, sottomettere, conquistare e assimilare la Russia, quest’ultima ha vinto ed è diventata più grande e più forte. Pur essendo, a ben vedere, una Russia paralizzata, dilaniata da profonde contraddizioni interne, diretta da élite che le masse russe consideravano, al meglio, poco entusiasmanti. Certamente gli zar, individualmente, erano veramente popolari, ma il regime, l’ordine non erano quello che considererei come popolari o rappresentativi della visione del mondo e della cultura delle masse russe. E però la Russia ha vinto. Ancora e ancora, Per quanto debole.
 
Qualcuno dirà che si tratta di vicende del lontano passato, che il mondo oggi è diverso, che nessuno più in Europa pensa a questo tipo di guerre. Ma non è vero. Per una ragione, ognuna di queste guerre è stata accompagnata da una frenetica campagna di denigrazione della Russia nella stampa e nella letteratura, e tutte queste guerre venivano presentate come ispirate dai nobili valori europei e contro le orde barbariche del selvaggio Oriente. E quando la Russia non ha subito attacchi militari, è sempre stata destinataria di sanzioni economiche, con uno o un altro pretesto pietoso. Aveva ragione il re Salomone quando ha detto: «Quel che è stato, quel che sarà, quello che è stato fatto, quello che si farà, non c’è niente di nuovo sotto il sole». Progressivamente e insidiosamente, l’odio e la paura della Russia sono diventate una parte dell’identità culturale occidentale. Considerando come l’Occidente ha imparato a temere una Russia paralizzata e indebolita, si può bene immaginare il terrore che una Russia veramente unita ispirerebbe.
 
E sapete come si chiama il partito politico di Putin? «Russia unita», ovviamente.
 
Tenete a mente che, nel corso di questi anni, la Russia è stata guidata da una élite disperatamente filo-occidentale e che tutti i leader russi, da Pietro 1° a Dmitry Medvedev, salvo Alessandro III e Giuseppe Stalin, hanno tentato di farsi accettare come partner egalitari dall’Occidente. Ma le élite occidentali non avevano bisogno di un partner o di un alleato, quel che volevano era uno schiavo obbediente.
 
Vladimir Putin ha affermato in modo chiaro che non aveva alcun progetto del genere.
 
A proposito di Putin, c’è qualche altra cosa nel suo regno che lo rende assolutamente unico: il suo vero potere non discende dalla Costituzione russa o dal fatto che è il comandante in capo delle forze armate, della intelligence e dei servizi russi. Se così fosse, le élite russe, che sono ancora in gran parte filo-occidentali, avrebbero da tempo trovato il modo di rovesciarlo, con l’aiuto dello zio Sam se necessario. No, il suo potere poggia sul fatto indiscutibile che il popolo russo lo riconosce non solo come il suo dirigente, ma anche come il suo rappresentante, se così si può dire, alla testa dello Stato russo e sulle questioni internazionali. C’è una confidenza personale, un capitale politico personale, che il popolo russo nutre nei confronti di Vladimir Putin, che lo colloca in una posizione particolare rispetto a tutte le altre personalità politiche russe. E’ un sentimento tanto forte che perfino alcuni ex oppositori politici sono diventati adesso suoi partigiani e quelli che ancora gli si oppongono lo fanno con grandi difficoltà e tormenti personali.
 
Questa autorevolezza personale di Putin non si estende a Medvedev o, ancor meno, al governo russo. Io direi che quest’ultimo è assai impopolare, come lo è anche la Duma, ma la mancanza di alternative praticabili al partito «Russia unita» rende questa impopolarità improduttiva di effetti.
 
Se prendiamo l’espressione «monarchia» nel suo significato originario di «potere di una sola persona» e se ricordiamo che molti zar sono stati personalmente popolari anche quando i loro governi non lo erano, allora potremmo dire che il regno di Putin è una sorta di «neo-monarchia» russa molto tradizionale, e che Putin ha trovato il modo di combinare le forme esteriori della democrazia con i caratteri sostanziali della monarchia russa. Fatto interessante, il dirigente ceceno Ramzan Kadyrov ha costituito una guardia personale per Vladimir Putin (potete leggere a questo proposito qui). Per conformarsi alla legge, questi uomini si sono prima dimessi dalla loro carica e hanno offerto i loro servizi a Vladimir Putin come persone e non al presidente russo.
 
Inutile dire che i sedicenti «esperti russi» in Occidente liquidano tutto questo come un segno del governo «autoritario» di Putin e lo descrivono nella migliore delle ipotesi come un «uomo forte» e nella peggiore come un «dittatore». In realtà paura e odio sono pessimi consiglieri e non sorprende che si sbaglino in questa misura. Detto questo, gli «esperti russi» non sono pagati per capire la Russia, sono pagati solo per demonizzarla.
 
Allora dov’è la Russia o che cosa è oggi?
 
Allo stato attuale, io direi che la Russia è contemporaneamente una promessa e un processo. Come promessa è assai vaga, ci sono molte idee su cosa era e cosa dovrebbe essere la «vera Russia». E’ un ideale più percepito che compreso. Come processo, la Russia è molto meno ambigua: decolonizzazione, riconquista della propria sovranità, resistenza e proclamazione senza complessi di un modello di civiltà unico e differente. I tempi in cui i Russi scimmiottavano stupidamente l’Occidente sembrano davvero passati. Alcuni dicono che il futuro della Russia è nel Sud (il Caucaso, l’Asia centrale, il Medio Oriente, il subcontinente indiano), Alcuni vedono il futuro della Russia a Est (la Siberia e l’Asia dell’Estremo Oriente, in particolare la Cina), mentre altri ancora lo vedono nel Nord (la Siberia, di nuovo, e l’Artico).
 
Ma nessuno lo vede più in Occidente.
 
Evidentemente non è questo il modo in cui molti Europei considerano le intenzioni della Russia. I Polacchi e I Baltici, soprattutto, non dormono la notte temendo invasioni russe di tipo convenzionale o «ibride». Questo mi ricorda una barzelletta russa che suona più o meno così: un uomo cammina per strada quando una donna si mette improvvisamente a urlare dal suo balcone: «Aiuto! Quell’uomo sta per stuprarmi!» L’uomo, sconcertato, leva la testa e dice: «Cara signora, lei è pazza. Io non ho alcuna intenzione di stuprarla. D’altra parte io sono in strada e lei sta sopra di me, sul suo balcone». Al che la donna risponde: «E va bene, ma io sto per scendere!». Esattamente come questa donna, i Polacchi e i Baltici, probabilmente mossi da un profondo senso di colpa unito a un vecchio complesso di inferiorità, tentano penosamente di convincersi che la Russia vuole davvero invaderli. La Russia, certamente non ha assolutamente bisogno di altre terre e ancor meno della popolazione ferocemente ostile e decisamente ostile di questi paesi. In realtà il progetto russo per questi paesi è semplice: semplicemente comprare gli Stati baltici e lasciare i Polacchi e i Tedeschi alla loro tradizionale luna di miele. Dal punto di vista russo, questi paesi e questi popoli non sono dei premi ambiti, ma dei pesi inutili.
 
Al contrario la Russia non può ignorare l’Ucraina, soprattutto una Ucraina occupata dai nazisti. Quanto al resto dell’Europa, resterà sempre un mercato importante per la Russia e un luogo che i Russi amano visitare, soprattutto l’Europa del sud e mediterranea. L’ultima cosa di cui la Russia ha bisogno è una guerra, soprattutto una guerra inutile e potenzialmente pericolosa con l’Occidente. E’ probabile infine che la Russia cerchi di stringere relazioni particolari coi paesi del sud dell’Europa che non hanno mai veramente accettato una politica anti-russa, soprattutto la Grecia e la Serbia. Dunque pur non essendo più una priorità, l’Occidente non sarà mai senza importanza.
 
La cosa più difficile, e anche più interessante, è prevedere che cosa la Russia diventerà sul piano interno. Probabilmente non una monarchia, almeno non in un futuro prevedibile. Gli ultimi sondaggi rivelano con forza che la maggioranza dei Russi non intende sostituire una monarchia all’attuale sistema repubblicano democratico. D’altronde, in un paese dove i cristiani ortodossi veramente osservanti sono una minoranza, una monarchia avrebbe davvero poco senso. Il problema col Sistema attuale è che esso poggia interamente sulla persona di Vladimir Putin. Infatti direi che non c’è affatto un «Sistema attuale», c’è solo una persona, Vladimir Putin, che, essendo immensamente popolare, deve trattare tutti I numerosi problemi russi, «in modo manuale» – dunque personalmente. Appena qualcosa sfugge alla sua attenzione personale, le cose si mettono male. Semplicemente non è un Sistema sostenibile. E, per aggravare ancora le cose, non v’è alcun successore credibile di Putin in vista. Se qualcosa dovesse capitargli domani mattina, la crisi che colpirebbe la Russia sarebbe immensa. Aggiungete a questo il fatto che i Russi hanno una lunga storia di buoni leader ai quali sono succeduti dei mediocri e capirete come l’attuale «one man show» costituisca una minaccia grave per il futuro. Io direi quindi che lo sviluppo di un vero Sistema politico russo (in contrapposizione a un leader individuale) dovrebbe essere considerate come una delle priorità strategiche più importanti per i Russi che non vogliono che il loro paese torni ad essere una colonia occidentale. Ahimè, la lotta tra gli «integrazionisti atlantisti» (la gente di Medvedev) e i «sovranisti euroasiatici» (la gente di Putin) lascia ben poco tempo per questo genere di sforzi.
 
Dunque sì, «la Russia è di ritorno», ma è ancora assai vacillante sui suoi piedi e incerta sul dove andare poi. Attualmente il suo futuro dipende dalla sorte di un solo uomo ed è estremamente pericoloso.
 
 
 
 
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