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L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati critica duramente l’Italia per le deportazioni dei migranti.
- Esorta quindi l’Italia a riammettere alcuni dei migranti respinti

- Sostiene che l’iniziativa dell’Italia sia in contrasto con il diritto d’asilo dell’Unione Europea e con la Convenzione relativa allo status di rifugiato.

GINEVRA, 12 maggio (Fonte Reuters) – Durante la giornata di martedì l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso il timore che la nuova politica dell’Italia, tesa all’immediata deportazione dei migranti intercettati in mare, sia in netta violazione del diritto a richiedere asilo sul territorio dell’Unione Europea.

La settimana scorsa,  l’Italia ha respinto in Libia una nave con a bordo 227 migranti, impedendo loro persino di approdare sulle rive europee per accedere alle procedure di richiesta dello status di rifugiato. L’iniziativa è stato oggetto di numerose critiche, secondo le quali  l’Italia si e’ resa responsabile di una chiara violazione del diritto internazionale mettendo a repentaglio le vite dei migranti.

In una lettera rivolta al ministro degli interni italiano, l’ACNUR esorta Maroni a riammettere i migranti respinti in Libia ed identificati dall’Agenzia delle NU come bisognosi di protezione internazionale. Tra questi vi sono, ad esempio,  persone in fuga dalla Somalia e dall’Eritrea.

A Ginevra il portavoce dell’ACNUR ha dichiarato: “Siamo ancora seriamente preoccupati per la politica recentemente adottata dall’Italia, la quale mina il diritto a richiedere asilo nell’Unione Europea”.

Secondo il portavoce dell’ACNUR Ron Redmond, la politica dell’Italia non è conforme alla Convenzione relativa allo status di rifugiato del 1951 delle Nazioni Unite, che sancisce il divieto di respingere gli immigrati – contro la loro volontà – in un paese in cui potrebbero essere oggetto di persecuzioni.

Difatti continua Redmond: “Gli stati sono obbligati a rispettare questo principio in qualsiasi luogo in cui esercitano la loro giurisdizione: anche in alto mare”.

“Noi chiediamo al governo italiano di riammettere tutti coloro che sono stati respinti dall’Italia ed identificati dall’ACNUR come richiedenti protezione internazionale”.

L’ACNUR esprime maggiore preoccupazione per il fatto che la Libia non sia tra gli stati che hanno ratificato la Convenzione relativa allo status di rifugiato, e sia inoltre  sprovvista di una normativa interna in materia di asilo cosi’ come di un sistema di protezione del rifugiato.

Inoltre, secondo Redmond, non esiste alcuna garanzia che le persone bisognose di protezione internazionale possano trovare in Libia un’effettiva protezione.

 


 




Dichiarazione della Sezione Italiana di Amnesty International dopo i nuovi respingimenti di migranti verso la Libia


11/05/2009
"Nonostante gli appelli provenienti da autorevoli organismi, tra cui l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, e le numerose prese di posizione dell'associazionismo e della società civile del nostro paese, l'Italia ha proseguito con la politica di ricondurre in Libia le persone soccorse nel Mediterraneo.
La settimana scorsa, all'emergere delle prime allarmanti notizie, Amnesty International aveva chiesto all'Italia di non giocare con le vite umane e, assieme alle maggiori organizzazioni umanitarie e di tutela dei rifugiati, aveva rivolto una richiesta urgente di spiegazioni al ministro dell'Interno Roberto Maroni.
Invece di fornire una risposta, chiarendo quali fossero le condizioni e l'identità delle persone ricondotte in Libia, paese che non ha una procedura di asilo e che non offre alcuna protezione ai rifugiati, il ministro Maroni, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, ha rivendicato nel corso del fine settimana questa politica, che appare il doloroso culmine di una cooperazione con la Libia del tutto incondizionata in materia di diritti umani, condotta da figure istituzionali di spicco dei governi succedutisi negli ultimi anni.
È più che mai urgente che l'Italia si rimetta in linea con il diritto internazionale sui diritti umani, a partire dal rispetto del principio di non refoulement (non respingimento) contenuto nella Convenzione di Ginevra del 1951, che vieta di rinviare "in qualsiasi modo" gli esseri umani verso territori in cui sarebbero a rischio di persecuzione.
Prendere una decisione prima che una qualsiasi procedura di accertamento dello status individuale abbia luogo è una prassi che mette a rischio i richiedenti asilo e si pone in netto contrasto con questo principio. Le centinaia di persone ricondotte in Libia dall'Italia vanno incontro a una sorte incerta e le poche informazioni disponibili sulla loro identità, età e condizioni di salute non fanno che accrescere l'allarme.
Impedire ai migranti che arrivano via mare l'accesso al diritto di asilo non offre peraltro alcuna soluzione chiave in materia di politica dell'immigrazione e produce, nell'immediato, un solo risultato: allontanare queste persone dalla nostra vista e portare al di fuori dello spazio europeo i loro diritti umani. Fino a quando le autorità italiane saranno coinvolte direttamente in atti di questo tipo, risulta difficile immaginarle estranee sotto il profilo della responsabilità."



 




Italia/Libya: Il ritorno forzato degli immigrati viola i diritti


227 persone respinte e private della possibilità di presentare richiesta di asilo rischiano ora ogni tipo di abuso


(AGRIGENTO, SICILIA)- Il ritorno forzato di 227 migranti in Libia, effettuato dalla guardia costiera italiana il 6 maggio 2009, è in violazione del diritto fondamentale di costoro a presentare richiesta di asilo. Li espone inoltre al rischio di trattamenti inumani e degradanti, come ha dichiarato oggi Human Rights Watch.
Gli immigrati, di cui non si conosce ancora la nazionalità, sono stati soccorsi dalla guardia costiera italiana e rispediti in Libia senza alcuna verifica del loro status di rifugiato. L’Italia si era precedentemente conformata agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status di rifugiato del 1951, esaminando le richieste di protezione internazionale avanzate dai richiedenti asilo una volta condotti su suolo italiano.
“L’Italia sta agendo come se nel rispedire indietro questa gente, ci sia qualcosa di positivo”, asserisce Bill Frelich, direttore della politica sui rifugiati presso Human Rights Watch. “Hanno negato a queste persone il diritto di richiedere asilo e li hanno esposti a rischi per la loro incolumità. È ben noto il modo in cui la Libia ha precedentemente infierito sulle vite dei migranti rinviati sul suo territorio”.
Un mercantile italiano ha risposto al segnale di richiesta di aiuto e ha soccorso i migranti che viaggiavano su tre barche che si trovavano a 35 miglia (56 km) a sud-est di Lampedusa. Due barche della guardia costiera italiana ed una della polizia hanno immediatamente riportato i migranti in Libia.
Secondo la stampa il ministro degli interni italiano ha dichiarato: “Fino ad ora, il nostro compito era prenderli, identificarli e rimpatriarli. Per la prima volta nella storia, invece, siamo in grado di spedire gli immigrati irregolari direttamente in Libia.” Ha definito questo come “uno punto di svolta” nella campagna contro l’immigrazione illegale.
I ricercatori di Human Rights Watch al momento si trovano in Sicilia, dopo aver visitato sia Malta che la Libia, per verificare le condizioni in cui versano gli immigrati e i richiedenti asilo. Tutti gli immigrati privi di documenti intervistati da HRW - che erano stati catturati dopo aver tentato invano di lasciare la Libia - hanno testimoniato di essere stati maltrattati e sottoposti a detenzione indeterminata da parte delle autorità libiche, spesso in condizioni inumani e degradanti.
“Sono stato arrestato quando ho provato a lasciare la Libia con una barca”, ha detto ad HRW un richiedente asilo che ha chiesto di rimanere nell’anonimato. “Il timone sulla nostra barca si è spezzato e le onde ci hanno ricondotti a terra. La polizia ci ha presi e dopo averci picchiati con colpi sulla testa e sulle braccia ci ha riportati in prigione”.
Gli immigrati hanno parlato ai ricercatori di HRW di ambienti sovraffollati e privi di ogni norma igienica, di continue violenze da parte delle guardie e di arresti a tempo indeterminato nei centri di detenzioni per migranti in Libia.
La Libia non ha ratificato la Convenzione sul Rifugiato del 1951 e non ha una procedura interna sull’asilo, sebbene il ministro di giustizia libico abbia rassicurato HRW nell’aprile 2009 sull’impegno delle autorità libiche nell’ultimazione di una bozza di legge in materia. L’ufficio dell’Alto Commissariato delle NU (ACNUR) opera in Libia senza un accordo formale con il governo. Se da un lato è stato possibile visitare i centri di detenzione per i migranti e prevenire le deportazioni dalla Libia ai paesi d’origine, i racconti dei richiedenti asilo giunti a Malta ed in Italia dopo aver attraversato la Libia rivelano come questo sia un paese “non sicuro” per tutti quei migranti che vengono qui forzatamente respinti.
L’Agenzia per i Rifugiati delle NU stima che il 75% degli immigrati arrivati in Italia nel 2008 siano richiedenti asilo, e tra questi il 50% ha ottenuto una qualche forma di protezione internazionale. Più del 90% degli immigrati provenivano dalla Libia. Oltre agli obblighi derivanti dalla Convenzione relativa allo status di rifugiato, anche l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo vieta all’Italia di rispedire una persona verso un paese in cui potrebbe essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti.
Ai sensi della Convenzione del 1951, l’Italia non può deportare verso paesi terzi un individuo che rischia di essere soggetto a persecuzione e gravi minacce alla propria vita o libertà. Sebbene l’azione del 6 maggio riveli una prassi di respingimento collettivo sommario verso la Libia, sarà dal 15 maggio che entrerà in vigore un accordo che prevede pattugliamenti congiunti Italia-Libia col compito di bloccare i barconi carichi di migranti direttamente in acque libiche.
“La scelta dell’Italia di attuare rinvii sommari rappresenta un approccio draconiano alla gestione dei flussi migratori. Impedisce a questa gente perfino l’accesso all’esame della propria domanda d’asilo e protezione internazionale”, sostiene Frelick.