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ProfileIntervento, settembre 2017 - Si propone un referendum per l'autonomia anche nella Regione Campania. Va preso sul serio o è la solita minestra?

 

Corriere del Mezzogiorno, 27 settembre 2017
 
Referendum per l'autonomia e mondialismo
Nicola Quatrano
 
La notizia è di quelle che intrigano: Stefano Caldoro, ex governatore della Campania (e oggi capo dell'opposizione in Consiglio regionale) ha depositato una proposta di referendum consultivo regionale per una più ampia autonomia dallo Stato centrale, sul modello di quelli che, il prossimo 22 ottobre, porteranno al voto Veneti e Lombardi
 
 
Mi piacerebbe considerarla una svolta, il segnale che la nostra classe dirigente ha finalmente un'idea di quello che potrebbe essere il modello economico della Campania (e non solo), il suo ruolo culturale, la sua collocazione nel Mediterraneo e nelle nuove rotte commerciali, e cerchi quindi gli strumenti idonei per operare efficacemente, anche battendo strade diverse da quelle dello Stato. Mi piacerebbe fosse una proposta politica seria, da condividere o meno, ma comunque da discutere.
 
Il tema è infatti assai complesso e denso di incognite, non a caso si sono citati gli esempi spinosi della Catalogna e della Scozia. Il paragone è improprio, perché non stiamo parlando di indipendenza, ma la questione non può nemmeno esaurirsi  nel dibattito su federalismo e neocentralismo, suscitato dal recente intervento di Angelo Panebianco.
 
L'obiettivo di un'ampia “devolution” affascina oggi molte Regioni (e Stati federali) in tutto il mondo, quasi fosse un rimedio alla incapacità di direzione e mediazione politica dimostrata dagli establishment al tempo della globalizzazione. Negli Stati Uniti, per esempio, dopo la decisione del presidente Trump di ritirarsi dall'Accordo di Parigi sul clima, alcuni tra gli Stati più importanti (non solo a guida democratica) hanno costituito una «United States Climate Alliance», per realizzare una politica ambientale autonoma da quella federale. E autonome politiche caratterizzano molti Stati in tema di immigrazione, welfare, trattamento dei dati personali, commercio estero e liberalizzazione della marijuana. Si è creata addirittura una diplomazia “parallela”: il governatore di Washington, Jay Inslee, ha incontrato il Primo Ministro canadese Justin Trudeau a Seattle, per ribadire la propria fedeltà all'Accordo di Parigi. Inslee ha anche discusso di immigrazione col presidente messicano Enrique Pena Nieto a Città del Messico. Il governatore della California, Jerry Brown, ha incontrato a Pechino il presidente Xi Jinping e ha discusso con lui degli interessi economici bilaterali. Uffici commerciali sono stati aperti da molti Stati a Pechino, Taipei e Shanghai, e ai loro rappresentanti è stato conferito uno status diplomatico. 
 
Un fervore di iniziative, insomma,  che pone perfino problemi di “tenuta” del paese (già si parla di Stati Disuniti d'America).
 
Per gli amanti dei retroscena e delle teorie del complotto, si può poi ricordare che questo processo di “devolution spinta” sarebbe incoraggiato dai “mondialisti” (che si oppongono ai “sovranisti”), perché mina la sovranità degli Stati nazionali, esaltando per contro il ruolo delle organizzazioni internazionali e della burocrazia elitaria che le governa. Tra i “mondialisti”, in prima fila viene collocato il lupo cattivo George Soros, che oggi potrebbe mettere un piede a Napoli, attraverso il recente amico Yanis Varoufakis – ospite fisso di Project Syndicate, l'house organ del filantropo speculatore. Pare infatti che l'ex ministro delle Finanze greco, dopo avere contribuito al disastro del suo paese, voglia portare “più democrazia” in Europa (che sa  distruggersi da sola, senza bisogno dell'aiuto del noto economista playboy) e prepari una lista alle elezioni europee del suo DiEM25, nel quale confluirebbero anche candidati di DEMA.
 
Dunque questioni estremamente complesse, scenari esaltanti (e inquietanti), con implicazioni da far tremare le vene ai polsi...
 
Ma suvvia, tranquillizzatevi! Qui da noi non sembra ci sia troppo da illudersi (o preoccuparsi). L'irrilevanza di Napoli continua inesorabile e non sembra possa essere ribaltata da referendum, devolution o spericolate proiezioni sullo scenario europeo.
 
Leggendo per bene la proposta di referendum regionale, si capisce infatti che, lungi dal mettere in discussione un equilibrio socio-economico tutto a favore del Nord, si persegue in realtà solo l'idea di ottenere condizioni di autonomia simili a quelle delle Regioni a statuto speciale. In definitiva maggiori trasferimenti di risorse da parte dello Stato, sul modello non esaltante di Sicilia e Sardegna (il cui esempio dà ragioni da vendere alle tesi dei neocentralisti). 
 
E anche le candidature di DEMA, più che una trama “mondialista”, pare servano soprattutto a risolvere qualche problema all'arrancante partito di famiglia del sindaco. D'altronde l'esperienza del passato e il vuoto di idee sul quale questo turbinio di annunci galleggia non contribuiscono certo a farli prendere troppo sul serio. 
 
Piccola roba, temo, molto napoletana. Più fondi statali e qualche incarico sapranno, come spesso accade, acquietare qualsiasi velleità. Non c'è dunque da farsi “intrigare”, è la solita minestra.