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ProfileLe schede di ossin, 19 maggio 2020 - La seconda parte del saggio di Ron Unz sugli omicidi del Mossad. Si esamina soprattutto il possibile coinvolgimento degli assassini israeliani negli attacchi dell'11 settembre (nella foto, l'attacco alle torre gemelle)   

 

Unz Review, 27 gennaio 2020 (trad.ossin)
 
Pravda statunitense. Gli omicidi del Mossad – parte seconda
Ron Unz
 
 
Leggi: Pravda statunitense. Gli omicidi del Mossad – Parte prima
 
L'attacco alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001
 
Altre prove confermano le argomentazioni di Piper sul probabile coinvolgimento del Mossad nell’uccisione del nostro presidente.
 
L'importante libro di David Talbot del 2007, “Brothers”, rivela che Robert F. Kennedy si era da subito convinto che suo fratello fosse stato vittima di una cospirazione, ma non ne parlò in giro, dicendo alla sua cerchia di amici che aveva poche possibilità di rintracciare e punire i colpevoli fino a quando lui stesso non fosse diventato presidente. Nel giugno 1968 sembrava esserci quasi riuscito, ma fu abbattuto dal proiettile di un assassino pochi istanti dopo aver vinto le cruciali primarie della California. L’ipotesi più logica e che sia stato assassinato dagli stessi che avevano ucciso il fratello maggiore, che adesso agivano per proteggersi dalle conseguenze del loro crimine precedente.
 
Un giovane palestinese di nome Sirhan Sirhan sparò con una pistola in quel contesto e venne arrestato e rapidamente condannato per l'omicidio. Talbot sottolinea tuttavia che il rapporto del coroner stabiliva che il proiettile fatale proveniva da una direzione completamente diversa, mentre la documentazione acustica dimostrava che furono sparati molti più colpi di quanto avrebbe potuto l’arma del presunto killer. Tali prove concrete sembrano dimostrare una cospirazione.
 
Lo stesso Sirhan sembrava stordito e confuso, sostenendo in seguito di non avere memoria degli eventi, e Talbot menziona che vari analisti che si occuparono della cosa hanno a lungo sostenuto che era solo il capro espiatorio, che aveva forse agito sotto qualche forma di ipnosi o condizionamento. Quasi tutti questi scrittori sono generalmente riluttanti a notare che la scelta di un palestinese come capro espiatorio dell'omicidio sembra indicare una certa ovvia direzione, ma il recente libro di Bergman include anche una nuova rivelazione importante. Proprio nello stesso momento in cui Sirhan veniva bloccato nella sala da ballo dell'Ambassador Hotel a Los Angeles, un altro giovane palestinese stava subendo intensi round di condizionamento ipnotico per mano del Mossad in Israele, che intendeva programmarlo per assassinare il leader dell'OLP Yasir Arafat; e sebbene tale tentativo alla fine sia fallito, una tale coincidenza sembra ampliare i confini della plausibilità.
 
Tre decenni dopo, il discendente e omonimo di JFK si impose all’attenzione pubblica come editore della sua popolare rivista politica “George”, che suscitò notevoli controversie internazionali quando pubblicò un lungo articolo in cui si affermava che l'assassinio del primo ministro israeliano Rabin era stato orchestrato da uomini dei servizi di sicurezza israeliani. C'erano anche forti indicazioni che JFK Jr. potesse presto entrare in politica, forse candidandosi al Senato degli Stati Uniti come trampolino di lancio per la Casa Bianca.
 
Invece, è morto in un insolito incidente aereo nel 1999, e una successiva edizione del libro di Piper ha indicato alcune delle circostanze sospette, che l'autore credeva suggerissero una mano israeliana. Per anni Piper aveva tentato di portare il suo libro esplosivo all'attenzione del figlio di JFK, e pensava di esserci finalmente riuscito. L'autore israeliano-canadese Barry Chamish sostiene che fosse stata proprio la scoperta dell'ipotesi di Piper da parte di JFK Jr. a indurre il giovane Kennedy a promuovere nella sua rivista la teoria della cospirazione dietro l’omicidio di Rabin.
 
L'anno scorso, il ricercatore francese Laurent Guyenot ha pubblicato un'analisi esauriente della morte di JFK Jr., sostenendo che probabilmente è stato ucciso da Israele. La mia lettura del materiale che egli presenta è piuttosto diversa, e sebbene ci siano un certo numero di elementi alquanto sospetti, penso che le prove che si sia trattato di un atto criminale - per non parlare del coinvolgimento del Mossad - siano piuttosto deboli, portandomi a concludere che l'incidente aereo è stato probabilmente solo il tragico incidente di cui hanno parlato i media. Ma le conseguenze della morte hanno messo in luce importanti novità.
 
Per sei decenni, i membri della famiglia Kennedy sono stati estremamente popolari tra i comuni ebrei statunitensi, suscitando probabilmente un entusiasmo politico superiore a quello di qualsiasi altro personaggio pubblico. Ma questa innegabile realtà ha tenuto in sordina orientamenti completamente diversi presenti in un particolare segmento di quella stessa comunità.
 
John Podhoretz, uno dei principali rampolli dei militanti neoconservatori filo-israeliani, era redattore capo del New York Post al momento dell'incidente aereo mortale e pubblicò una sconvolgente cronaca intitolata "Una conversazione all'inferno" in cui si mostrava soddisfatto della morte del giovane Kennedy. Descriveva il patriarca Joseph Kennedy come un indescrivibile antisemita che aveva venduto la sua anima al diavolo in cambio del successo mondano per lui e per la sua famiglia, poi suggeriva che tutti gli omicidi e le altre morti precoci dei Kennedy costituivano semplicemente una clausola del patto satanico. Parole così brutalmente dure indicano con certezza che quei sentimenti aspri non erano affatto rari nel piccolo circolo sociale ultra-sionista di Podhoretz, e probabilmente anche nei circoli di destra presenti in Israele. Quindi questa reazione dimostra che le stesse identiche figure politiche che erano più profondamente amate dalla stragrande maggioranza degli ebrei statunitensi potrebbero anche essere state considerate nemiche mortali da parte di un influente segmento dello Stato ebraico e dal suo corpo di assassini del Mossad.
 
Quando ho pubblicato il mio articolo originale sull'assassinio del JFK nel 2018, ho naturalmente evidenziato l'uso diffuso dell'assassinio da parte di gruppi sionisti, un modello che aveva preceduto di molto la creazione dello Stato ebraico, e ho citato alcune delle prove a sostegno contenute nei due libri di Ostrovsky. Ma a quel tempo nutrivo ancora notevoli dubbi sulla credibilità di Ostrovsky, soprattutto per quanto riguarda le affermazioni scioccanti contenute nel suo secondo libro, e non avevo ancora letto il volume di Bergman, che era stato appena pubblicato pochi mesi prima. Quindi, sebbene fungessero da conferme significative dell’ipotesi formulata da di Piper, all’epoca le consideravo tutt'altro che conclusive.
 
Tuttavia, ora ho letto con attenzione il libro di Bergman, che documenta l'enorme volume di omicidi internazionali del Mossad, e mi sono anche convinto che le affermazioni di Ostrovsky sono molto più solide di quanto avessi precedentemente ipotizzato. Di conseguenza la mia opinione è sostanzialmente cambiata. Invece di considerarla semplicemente una solida possibilità, credo adesso che vi sia una forte probabilità che il Mossad, insieme ai suoi collaboratori statunitensi, abbia avuto un ruolo centrale negli omicidi Kennedy degli anni '60, e condivido adesso pienamente l'ipotesi di Piper. Guyenot ha fatto affidamento su molte delle stesse fonti ed è giunto a conclusioni approssimativamente simili.
 
La strana morte di James Forrestal e altre vittime
 
Una volta riconosciuto che il Mossad di Israele è probabilmente responsabile dell'assassinio del presidente John F. Kennedy, la nostra comprensione della storia statunitense del dopoguerra potrebbe richiedere una sostanziale rivalutazione.
 
L'assassinio di JFK è probabilmente l'evento più noto della seconda metà del ventesimo secolo e ha fatto scorrere fiumi di inchiostro e dato luogo a molte indagini giornalistiche che sembra abbiano esplorato ogni angolo della storia. Eppure, nei primi tre decenni dopo l'uccisione a Dallas, praticamente nessun sussurro di sospetto fu mai diretto verso Israele e, nel quarto di secolo seguito alla pubblicazione del rivoluzionario libro di Piper nel 1994, quasi nessuna delle sue analisi è trapelata nei media in lingua inglese. Se una storia talmente scottante è rimasta così ben nascosta per così tanto tempo, forse non è stata né la prima né l'ultima.
 
Se i fratelli Kennedy sono davvero morti a causa di un conflitto sulla nostra politica mediorientale, essi non sono stati certamente i primi leader occidentali di spicco a subire quel destino, soprattutto tra quelli della generazione precedente, durante le aspre battaglie politiche contro la creazione di Israele. Tutti i nostri libri di storia parlano degli omicidi sionisti della metà degli anni 1940 del britannico Lord Moyne e del negoziatore di pace incaricato dalle Nazioni Unite, il conte Folke Bernodotte, anche se raramente menzionano i tentativi falliti contro il presidente Harry S. Truman e contro il ministro britannico degli esteri Ernest Bevin.
 
Ma anche un altro personaggio pubblico statunitense di spicco morì in quel periodo in circostanze piuttosto strane e, sebbene si continui a parlare della sua fine, si tace sul contesto politico nel quale è intervenuta, come ho scritto in un articolo del 2018:
 
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Talvolta, i nostri manuali scolastici ci presentano due storie apparentemente senza rapporto tra loro, che diventano però molto più importanti quando scopriamo che esse fanno parte di un unico insieme. La strana morte di James Forrestal rientra certamente in questa categoria.
 
Negli anni 1930, Forrestal aveva toccato l’apice di Wall Street, quale amministratore delegato di Dillon, Read & Co, una delle banche di investimento più prestigiose. Avvicinandosi la Seconda Guerra Mondiale, Roosevelt lo convinse a entrare al servizio del governo nel 1940, in parte perché le sue solide referenze repubblicane potevano contribuire a sottolineare il carattere bipartisan dello sforzo di guerra, ed divenne in breve tempo il suo sottosegretario della Marina. Con la morte dei suo anziano superiore nel 1944, Forrestal entrò nel Gabinetto come Segretario della Marina e, a seguito della controversa disputa sulla riorganizzazione dei nostri dipartimenti militari, divenne il primo Segretario alla Difesa nel 1947, con piena autorità sull’Esercito, la Marina, l’Aeronautica militare e i Marine. Insieme al segretario di Stato George Marshall, Forrestal si è probabilmente collocato tra i membri più influenti dell’amministrazione di Truman. Tuttavia, solo qualche mese dopo la ri-elezione di Truman nel 1948, ci dicono che Forrestal diventò paranoico e depresso, che si dimise e si suicidò poche settimane dopo, gettandosi da una finestra del 18° piano dell’ospedale navale di Bethesda. Non sapendo quasi niente di Forrestal o del suo passato, ho sempre scosso la testa dinanzi questo strano avvenimento storico.
 
Nel frattempo, una pagina o un capitolo del tutto differente dei miei manuali di storia parlava della storia drammatica dell’aspro conflitto che scosse l’amministrazione Truman a proposito del riconoscimento dello Stato di Israele, creato l’anno precedente. Ho letto che George Marshall sostenne che quella decisione sarebbe stata assolutamente disastrosa per gli interessi USA, alienando potenzialmente le simpatie di centinaia di milioni di Arabi e musulmani, che detenevano l’immensa ricchezza petrolifera del Medio oriente, e che era talmente convinto di questo da avere addirittura minacciato le dimissioni. Tuttavia Truman, molto influenzato dalla lobbying personale del suo ex partner d’affari ebreo, Eddie Jacobson, decise alla fine di riconoscere lo Stato di Israele, e Marshall rimase al governo.
 
Una decina d’anni fa, però, mi sono imbattuto in un libro interessante di Alan Hart, giornalista e scrittore, corrispondente di lunga data della BBC in Medio Oriente, nel quale ho scoperto che queste due storie diverse facevano parte di un tutto omogeneo. Secondo lui, sebbene Marshall si sia effettivamente opposto al riconoscimento di Israele, fu però Forrestal a sostenere più di altri questa posizione in seno al Gabinetto di Truman mettendoci la faccia, guadagnandosi molti attacchi brutali nei media e il successivo allontanamento dal gabinetto Truman. Hart ha anche sollevato considerevoli dubbi sul fatto che la morte successiva di Forrestal fosse stata un suicidio, citando un oscuro sito Web per un’analisi dettagliata della vicenda.
 
E’ banale dire che Internet ha democratizzato la diffusione delle informazioni, consentendo a chi crea il sapere di connettersi con quelli che lo consumano, senza necessità di intermediari. Ho trovato pochi esempi delle potenzialità di questo nuovo sistema, uno dei quali è «Who Killed Forrestal», un’analisi esaustiva di un certo David Martin, che si descrive lui stesso come un economista e un blogger politico. La sua serie di articoli sulla sorte del primo Segretario statunitense alla Difesa, che conta diverse decine di migliaia di parole, offre una discussione esaustiva di tutti i documenti di base, compresi alcuni libri sulla vita di Forrestal e la sua strana morte, oltre ad articoli di giornali contemporanei e numerosi documenti governativi pertinenti ottenuti a richiesta dalla FOIA. Sembra solidamente appurato che si sia trattato di un omicidio insabbiato dal governo.
 
Come abbiamo menzionato, il ruolo di Forrestal quale principale oppositore all’interno dell’amministrazione Truman alla creazione di Israele lo aveva esposto ad una campagna quasi senza precedenti di diffamazione da parte dei media, guidata dai due più influenti cronisti di destra e di sinistra del paese, Walter Winchell e Drew Pearson, solo il primo ebreo, ma entrambi strettamente legati all’ADL (anti defamation league, organizzazione della lobbie ebraica) ed estremamente filo-sionisti. I loro attacchi e le accuse proseguirono anche dopo le dimissioni e la morte.
 
Senza attardarci sulle selvagge esagerazioni circa i presunti problemi psicologici di Forrestal, che questi esperti assai ostili e i loro numerosi alleati hanno messo in giro, la sostanza della supposta paranoia di Forrestal sembra consistesse nel ritenere di essere pedinato a Washington, che i suoi telefoni fossero intercettati, e che la sua vita fosse in pericolo per mano di agenti sionisti. E queste preoccupazioni non erano forse così irragionevoli, tenuto conto di certi avvenimenti contemporanei.
 
 
 
Infatti, il funzionario del Dipartimento di Stato USA Robert Lovett, un oppositore relativamente minore e discreto degli interessi sionisti, ha detto di aver ricevuto numerose chiamate telefoniche notturne di minaccia, e di essersi grandemente preoccupato. Martin cita anche i libri successivi di partigiani sionisti che si sono vantati del loro efficace uso del ricatto, attraverso notizie apprese con le intercettazioni telefoniche, per garantirsi un sostegno politico sufficiente alla creazione dello Stato di Israele.
 
Nel frattempo, dietro le quinte, potenti forze finanziarie si erano forse fatte avanti per convincere il presidente Truman ad ignorare le raccomandazioni univoche di tutti i suoi consiglieri diplomatici e della sicurezza nazionale. Anni dopo, Gore Vidal e Alexander Cockburn raccontarono separatamente che era alla fine diventato notorio nei circoli politici di Washington che nei giorni disperati della campagna di ri-elezione di Truman nel 1948, quest’ultimo aveva segretamente accettato la somma di 2 milioni di dollari da ricchi sionisti, in cambio del riconoscimento dello Stato di Israele, somma forse paragonabile a 20 milioni o più di dollari attuali.
 
Il repubblicano Thomas Dewey era fortemente favorito nella campagna presidenziale del 1948 e, dopo la sorpresa Truman, la posizione politica di Forrestal non si è certo rafforzata quando Pearson ha scritto in un articolo che Forrestal aveva segretamente incontrato Dewey durante la campagna, accordandosi perché gli fosse affidato un incarico nell’amministrazione Dewey.
 
Sconfitto politicamente nella politica mediorientale ed esposto agli attacchi incessanti dei media, Forrestal venne costretto alle dimissioni. Quasi subito venne ricoverato nell’ospedale navale di Bethesda per essere sottoposto a osservazione, asseritamente perché affaticato ed esaurito, e vi è restato per sette settimane, sottoposto a forti restrizioni di visita. Avrebbe dovuto finalmente essere liberato il 22 maggio 1949 ma, qualche ora prima che il fratello Henry andasse a prenderlo, il suo corpo venne trovato sotto la finestra della sua camera del 18°piano, con una corda annodata intorno al collo. I giornali riferirono tutti la tesi del suicidio, affidandosi ad un comunicato stampa ufficiale, ipotizzando che avesse dapprima tentato di impiccarsi e, non riuscendosi, si fosse gettato alla finestra. Una mezza pagina di versi greci ricopiati venne ritrovata nella sua stanza e, nella vulgata del pensiero psico-analitico freudiano, questo venne considerato come il detonatore subcosciente del suo impulso di morte immediata, e fatto passare come l’equivalente di una vera lettera di addio. I miei manuali scolastici hanno semplificato questa storia complessa parlando semplicemente di «suicidio», e io non l’avevo mai messo in dubbio.
 
Martin solleva numerosi dubbi assai seri su questa versione ufficiale. Tra l’altro, alcune interviste al fratello e agli amici sopravvissuti di Forrestal rivelano che nessuno di loro credeva al suicidio e che era stato a tutti loro impedito di rendergli visita durante il periodo di detenzione. In effetti il fratello ha raccontato che, il giorno prima, Forrestal era di buon umore e diceva che, appena liberato, aveva intenzione di impiegare parte della sua considerevole fortuna personale per comprare un giornale e cominciare a rivelare al popolo statunitense buona parte dei fatti censurati che riguardavo l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, dei quali aveva avuto diretta conoscenza, annotati nel diario personale che teneva da diversi anni. Durante la detenzione di Forrestal, questo diario, che contava migliaia di pagine, venne sequestrato dal governo e, dopo la sua morte, sembra essere stato pubblicato solo in una forma ristretta e purgata, diventando ciononostante storico.
 
I documenti governativi scoperti da Martin sollevano ulteriori dubbi sulla storia presentata in tutti i libri di storia correnti. Il dossier medico di Forrestal sembra escludere che si sia proceduto ad autopsia, ci sono prove visibili di frammenti di vetro nella sua camera, che danno l’idea vi sia stata una lotta violenta e, la cosa più importante, la pagina di versi greci copiati – sempre citata come indizio degli intenti suicidi di Forrestal – non era stata scritta da Forrestal di suo pugno.
 
Oltre ai resoconti dei giornali e ai documenti governativi, una gran parte dell’analisi di Martin, compresi i tanti colloqui personali con amici e parenti di Forrestal, si basa su un libretto intitolato “The Death of James Forrestal”, pubblicato nel 1966 da un certo Cornell Simpson, quasi certamente uno pseudonimo. Simpson afferma di avere sviluppato le sue ricerche solo qualche anno dopo la morte di Forrestal e che, dopo averne approvato la pubblicazione, il suo editore si era preoccupato per la natura estremamente controversa dei documenti che conteneva, annullando il progetto. Secondo Simpson, anni dopo, egli decise di riprendere il suo manoscritto dal cassetto e di farlo pubblicare dalla Western Islands Press, in realtà un paravento della John Birch Society, l’organizzazione di destra notoriamente cospirazionista, all’epoca all’apice della sua influenza nazionale. Per tali ragioni, alcuni aspetti del libro hanno un interesse considerevole, anche al di là del contenuto direttamente riguardante Forrestal.
 
La prima parte del libro è una dettagliata presentazione di prove reali sulla morte fortemente sospetta di Forrestal, ivi comprese le numerose interviste agli amici e parenti, mentre la seconda parte si concentra sui complotti spregevoli del movimento comunista mondiale, un elemento di base della Birch Society. L’anticomunismo viscerale di Forrestal sarebbe stata la ragione del suo assassinio da parte degli agenti comunisti, e non viene fatto alcun riferimento a qualsiasi controversia concernente la grande battaglia pubblica sul riconoscimento di Israele, che pure è stato certamente il principale fattore della sua disgrazia politica. Martin nota queste strane incoerenze e si chiede anche se certi aspetti del libro e della sua pubblicazione non avessero l’intento di stornare l’attenzione di questa dimensione sionista verso un infame complotto comunista.
 
Prendiamo, ad esempio, David Niles, il cui nome è caduto in un oblio totale, ma che fu uno dei rarissimi aiutanti di FDR ad essere mantenuto nel suo ruolo dal successore e, secondo gli osservatori, Niles alla fine era diventato una delle figure dietro le quinte più influenti dell’amministrazione Truman. Diverse ricostruzioni suggeriscono che egli abbia giocato un ruolo di primo piano nella destituzione di Forrestal, e il libro di Simpson le conferma, ipotizzando che fosse una specie di agente comunista. Però, anche se i Venona Papiers rivelano che Niles ha talvolta cooperato con degli agenti sovietici nella loro attività di spionaggio, sembra averlo fatto per denaro o per altre considerazioni, e non faceva certo parte della loro rete di intelligence. Invece, Martin e Hart forniscono entrambi un’enorme quantità di prove che la lealtà di Niles era piena nei confronti del sionismo e infatti, nel 1950, le sue attività di spionaggio a favore di Israele sono diventate tanto evidenti che il generale Omar Bradley, presidente dei capi di stato maggiore congiunti, minacciò di dimettersi con immediatezza se Niles non fosse stato mandato via, forzando la mano a Truman.
 
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Forrestal era un cattolico irlandese ricco e pugnace, e penso che ci siano prove considerevoli che la sua morte sia stata il risultato di fattori abbastanza simili a quelli che probabilmente sono costate la vita ad un altro cattolico irlandese, ancora più in vista di lui, a Dallas 14 anni dopo.
 
 
 
Vi sono altri possibili incidenti mortali che seguono lo stesso schema, sebbene in relazione ad essi vi siano prove ben meno solide. L'opera di Piper del 1994 si concentra principalmente sull'assassinio di JFK, ma oltre la metà delle sue 650 pagine trattano anche vicende in qualche modo correlate. Tra di esse, anche le strane morti di un paio di ex alti funzionari della CIA, suggerendo che potrebbero essere dovute ad atti criminali.
 
Sembra che l'ex direttore della CIA William Colby nutrisse consistenti sospetti circa la vera natura delle relazioni statunitensi con Israele, ed era quindi considerato dai media filo-Israele come un notorio "arabista". In effetti, quando era direttore nel 1974, riuscì finalmente a porre fine alla lunga carriera del capo del controspionaggio della CIA James Angleton, la cui estrema vicinanza ad Israele e al Mossad avevano talvolta sollevato seri dubbi sulla sua vera lealtà. Piper afferma che, nel 1996, Colby era piuttosto preoccupato per l’infiltrazione e la manipolazione da parte di Israele del governo USA e della sua comunità di intelligence, tanto da avere organizzato un incontro con funzionari arabi di alto livello a Washington DC, chiedendo la loro collaborazione per contrastare questa situazione inquietante. Qualche settimana dopo, Colby scomparve e il suo corpo venne infine ritrovato annegato. Il verdetto ufficiale fu che era perito vicino casa sua in un incidente di canoa, sebbene i suoi ex interlocutori arabi parlassero di omicidio.
 
Piper parla anche della morte precedente di John Paisley, ex vicedirettore di lunga data dell'ufficio di ricerca strategica della CIA, e anche un forte critico dell'influenza di Israele e dei suoi stretti alleati neocon nella politica di sicurezza nazionale statunitense. Alla fine del 1978, il corpo di Paisley fu trovato fluttuante nella baia di Chesapeake con un proiettile nella testa e, sebbene la causa della morte fosse ufficialmente considerata un suicidio, Piper afferma che pochi credettero alla storia. Secondo lui, Richard Clement, che aveva guidato il Comitato Interagency sulla lotta al terrorismo durante l'amministrazione Reagan, spiegò nel 1996:
 
Gli israeliani non hanno alcuno scrupolo a "licenziare" i più importanti dirigenti dell'intelligence statunitense che minacciano di denunciare il loro modo di agire. Quelli di noi che hanno familiarità con il caso di Paisley sanno che è stato ucciso dal Mossad. Ma nessuno, nemmeno al Congresso, vuole alzarsi e dirlo pubblicamente.
 
Piper ricorda le aspre polemiche che altri esperti di sicurezza nazionale di Washington, come l'ex vicedirettore della CIA, l'amministratore delegato Bobby Ray Inman, hanno dovuto subire, nel corso degli anni, da parte della lobby israeliana al Congresso e dai media. Dopo che Inman venne nominato dal presidente Clinton a capo del Dipartimento della Difesa, una tempesta di critiche da parte di partigiani filo-israeliani lo costrinse a dimettersi.
 
Non ho nemmeno tentato di indagare sul materiale citato da Piper. Si tratta di fatti che mi erano precedentemente sconosciuti, e tutte le prove che fornisce sembrano puramente circostanziali, appena al di sopra del semplice sospetto. Ma considero l'autore un giornalista investigativo e un ricercatore ragionevolmente solido, le cui opinioni dovrebbero essere prese sul serio. Pertanto, chi fosse interessato può leggere la sua Appendice Sei di 5.000 parole e farsene un’idea personale.
 
Gli attacchi dell'11 settembre: cosa è successo?
 
Anche se in qualche modo correlati, gli omicidi politici e gli attacchi terroristici sono argomenti distinti, e il libro di Bergman si occupa esclusivamente dei primi, non possiamo quindi criticarlo per avere solo sfiorato i secondi. Ma il modello storico dell'attività israeliana, in particolare per quanto riguarda gli attacchi sotto falsa bandiera, è davvero notevole, come ho notato in un articolo del 2018:
 
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Uno dei più grandi attacchi terroristici della storia prima dell'11 settembre è stato il bombardamento del King David Hotel a Gerusalemme da parte di militanti sionisti vestiti da arabi, che ha ucciso 91 persone e in gran parte distrutto la struttura. Nel famoso caso Lavon del 1954, agenti israeliani lanciarono un'ondata di attacchi terroristici contro obiettivi occidentali in Egitto, con l'intenzione di far incolpare i gruppi arabi anti-occidentali. Esistono forti affermazioni secondo cui nel 1950 agenti del Mossad israeliano avrebbero lanciato un'ondata di attentati terroristici sotto falsa bandiera contro obiettivi ebraici a Baghdad, usando con successo quei metodi violenti per persuadere la millenaria comunità ebraica dell'Iraq ad emigrare nello Stato ebraico. Nel 1967, Israele lanciò un deliberato attacco aereo e marittimo contro la USS Liberty, con l'intenzione di non lasciare sopravvissuti, e alla fine uccise o ferì oltre 200 militari statunitensi. L’operazione venne poi fermata solo quando la notizia dell'attacco giunse alla sesta flotta.
 
L'enorme estensione dell'influenza filo-Israele nei circoli politici e mediatici mondiali ha reso possibile che nessuno di questi brutali attacchi provocasse serie ritorsioni e, in quasi tutti i casi, essi sono stati rapidamente dimenticati, cosicché oggi probabilmente non più di uno su un centinaio di statunitensi ne è forse informato. Inoltre, la maggior parte di questi incidenti è venuta alla luce a causa di circostanze casuali, quindi possiamo facilmente sospettare che molti altri attacchi di natura simile siano avvenuti ma non si sappia che erano di matrice israeliana.
 
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Di tutti questi famosi incidenti, Bergman accenna solo all'attentato contro il King David Hotel. Ma, molto più avanti nella sua narrazione, egli racconta dell’enorme ondata di attacchi terroristici sotto falsa bandiera lanciata nel 1981 dal ministro della Difesa israeliano Ariel Sharon, che reclutò un ex funzionario di alto rango del Mossad per gestire il progetto.
 
Sotto la direzione israeliana, grandi autobombe iniziarono a esplodere nei quartieri palestinesi di Beirut e in altre città libanesi, uccidendo o ferendo un numero enorme di civili. Un singolo attacco di ottobre causò quasi 400 vittime e, a dicembre, vi furono diciotto bombardamenti nel corso di un solo mese, con la loro efficacia notevolmente migliorata dall'uso della nuova tecnologia israeliana di droni innovativi. La responsabilità ufficiale di tutti gli attacchi è stata rivendicata da un'organizzazione libanese precedentemente sconosciuta, ma l'intenzione era quella di provocare l'OLP e spingerla a rappresaglie militari contro Israele, in modo da fornire a Sharon una scusa per la prevista invasione del paese vicino.
 
Dal momento che l'OLP non cadde nella trappola, si avviò un piano per la distruzione di un intero stadio sportivo di Beirut, con l’utilizzo di tonnellate di esplosivi, durante una cerimonia politica del 1 ° gennaio, seminando morte e distruzioni che si prevedevano “di proporzioni senza precedenti, anche per il Libano". Ma i nemici politici di Sharon, venuti a conoscenza della trama, evidenziarono che molti diplomatici stranieri, tra cui l'ambasciatore sovietico, avrebbero dovuto essere presenti e probabilmente sarebbero stati uccisi. Quindi, dopo un aspro dibattito, il Primo Ministro Begin ordinò che l'attacco fosse interrotto. Un futuro capo del Mossad menziona le grandi difficoltà che hanno dovuto affrontare nel rimuovere la grande quantità di esplosivi che avevano già piazzato all'interno della struttura.
 
 
 
Penso che questa storia accuratamente documentata dei maggiori attacchi terroristici israeliani sotto falsa bandiera, compresi quelli contro obiettivi statunitensi e occidentali, dovrebbe essere attentamente tenuta in considerazione quando consideriamo gli attacchi dell'11 settembre, le cui conseguenze hanno trasformato in modo determinante la nostra società e ci sono costati così tanti trilioni di dollari. Ho analizzato le strane circostanze degli attacchi e la loro probabile natura nel mio articolo del 2018 :
 
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Curiosamente, per molti anni dopo l'11 settembre, ho prestato pochissima attenzione ai dettagli degli attacchi stessi. Ero totalmente preso dal progetto di software per l’archiviazione di contenuti e dedicavo il poco tempo che potevo dedicare alle questioni politiche esclusivamente al disastro della guerra in corso in Iraq, nonché alle preoccupazioni di una possibile estensione di essa all’Iran. Nonostante le menzogne dei nostri spudorati Neocon, riprese e divulgate dai nostri media corrotti, né l'Iraq né l'Iran avevano avuto nulla a che fare con gli attacchi dell'11 settembre, quindi quegli eventi avevano per me perso gradualmente di importanza, e sospetto che la stessa cosa sia avvenuta per la maggior parte degli Statunitensi. Al Qaeda era in gran parte scomparso e Bin Laden si nascondeva da qualche parte in una grotta. Nonostante le continue "allerte di minaccia" da parte della Sicurezza nazionale, non vi era più stato alcun ulteriore episodio di terrorismo islamico sul suolo statunitense, e relativamente poco altrove, salvo che nel carnaio iracheno. Quindi i dettagli precisi delle trame dell'11 settembre sono diventati quasi irrilevanti per me.
 
I miei conoscenti sembravano condividere i miei sentimenti. Praticamente tutte le discussioni avute col mio vecchio amico Bill Odom, il generale a tre stelle che diresse l'NSA per Ronald Reagan, riguardavano la guerra in Iraq e il rischio che potesse estendersi all’Iran, così come gli aspri sentimenti di rabbia che egli nutriva nei confronti di Bush, che aveva pervertito la sua amata NSA trasformandola in uno strumento incostituzionale di spionaggio interno. Quando il New York Times rivelò la storia dell'enorme portata dello spionaggio nazionale della NSA, il gen. Odom dichiarò che il presidente Bush avrebbe dovuto essere messo sotto accusa e il direttore della NSA Michael Hayden deferito innanzi ad una Corte marziale. Ma, in tutti gli anni che hanno preceduto la sua prematura scomparsa nel 2008, non ricordo che gli attacchi dell'11 settembre siano mai stati sollevati di per se stessi come argomento nelle nostre discussioni.
 
Certo, di tanto in tanto ho sentito qui e là parlare di alcune stranezze riguardo agli attacchi dell'11 settembre, ed esse certamente hanno sollevato alcuni sospetti. Di solito davo un’occhiata alla prima pagina di Antiwar.com, e sembrava che alcuni agenti del Mossad israeliano fossero stati catturati mentre filmavano gli attacchi aerei a New York, e anche una molto più ampia operazione di spionaggio, attraverso "studenti d'arte" del Mossad, era stata interrotta nello stesso periodo. Pare anche che FoxNews avesse trasmesso una serie in più parti su quest'ultimo argomento, prima che venisse ritirata a seguito di forti pressioni da parte dell'ADL.
 
Sebbene non fossi del tutto sicuro della credibilità di tali affermazioni, sembrava plausibile che il Mossad avesse saputo in anticipo degli attacchi e non avesse fatto niente per fermarli, per assicurarsi gli enormi benefici che Israele avrebbe ricavato dal contraccolpo anti-arabo. Penso di avere vagamente saputo che il direttore editoriale di Antiwar.com, Justin Raimondo, avesse pubblicato “The Terror Enigma”, un breve libro su alcuni di quegli strani fatti, che portava il provocante sottotitolo "9/11 and the Israeli Connection", ma non ho mai pensato di leggerlo. Nel 2007, Counterpunch stesso ha pubblicato un'affascinante storia sull'arresto di quel gruppo di agenti israeliani del Mossad a New York, che furono sorpresi a filmare e a festeggiare – sembra - gli attacchi aerei in quel fatidico giorno, e l'attività del Mossad sembrava essere molto più importante di quanto non avessi immaginato. Ma tutti questi dettagli sono rimasti un po' confusi nella mia mente accanto alle mie preoccupazioni prevalenti sulle guerre in Iraq e Iran.
 
 
 
Tuttavia, alla fine del 2008, avevo un po’ cambiato prospettiva. Bush stava lasciando l'incarico senza aver iniziato una guerra iraniana e gli USA erano riusciti a schivare il proiettile di un'amministrazione John McCain ancora più pericolosa. Supponevo che Barack Obama sarebbe stato un presidente terribile, e infatti si è dimostrato peggiore delle mie aspettative, ma ho tirato sospiri di sollievo ogni giorno che è stato alla Casa Bianca.
 
Inoltre, più o meno nello stesso periodo, mi sono imbattuto in un dettaglio sorprendente sugli attacchi dell'11 settembre che mi ha rivelato quanto fossi ignorante sul tema. In un articolo di Counterpunch ho scoperto che, immediatamente dopo gli attacchi, il presunto cervello terrorista Osama bin Laden aveva negato pubblicamente qualsiasi coinvolgimento, anche dichiarando che nessun buon musulmano avrebbe commesso simili azioni.
 
Una volta verificato e ottenuto la conferma di questo fatto, sono rimasto sbalordito. L'11 settembre non è stato solo l'attacco terroristico di maggior successo nella storia del mondo, ma probabilmente è stato più grosso di tutte le precedenti operazioni terroristiche messe insieme. Lo scopo del terrorismo è quello di consentire a una piccola organizzazione di mostrare al mondo che può causare gravi perdite a uno Stato potente, e non avevo mai sentito parlare di un leader terrorista che avesse negato il suo ruolo in un'operazione di successo, figuriamoci in quella più grande di tutta la storia. Doveva esserci qualcosa di sbagliato nella narrativa dei media che avevo fino a quel momento accettato. Cominciai a chiedermi se non fossi stato ingannato come le decine di milioni di statunitensi che, nel 2003 e 2004, avevano ingenuamente creduto che Saddam fosse la mente degli attacchi dell'11 settembre. Viviamo in un mondo di illusioni generate dai nostri media, e all'improvviso mi è parso di aver notato uno strappo nelle montagne di cartapesta che facevano da sfondo come in un palcoscenico di Hollywood. Se era probabile che Osama non fosse l'autore dell'11 settembre, quali altre enormi falsità avevo ciecamente accettato?
 
Un paio di anni dopo, mi sono imbattuto in una cronaca molto interessante di Eric Margolis, un importante giornalista canadese di politica estera censurato dai media per la sua forte opposizione alla guerra in Iraq. Pubblicava da tempo una rubrica settimanale sul Toronto Sun e, quando il contratto terminò, approfittò del suo ultimo articolo per scrivere una lunghissima cronaca sui suoi forti dubbi a proposito della storia ufficiale dell'11 settembre, notando che l'ex direttore dell'intelligence pakistana insisteva sul fatto che fossero stati commessi da Israele.
 
Alla fine ho scoperto che, nel 2003, l'ex ministro del governo tedesco Andreas von Bülow aveva pubblicato un libro di successo che suggeriva fortemente che gli attacchi fossero un lavoro della CIA piuttosto che di Bin Laden, mentre nel 2007 l'ex presidente italiano Francesco Cossiga aveva sostenuto che ne erano responsabili la CIA e il Il Mossad israeliano, sostenendo che il fatto era ben noto alle agenzie di intelligence occidentali.
 
Nel corso degli anni, tutte queste affermazioni discordanti hanno gradualmente accresciuto i miei sospetti sulla storia ufficiale dell'11 settembre, ma è stato solo di recente che ho finalmente trovato il tempo di iniziare a indagare seriamente sull'argomento e di leggere otto o dieci dei principali libri di verità sull'11 settembre, soprattutto quelli del Prof. David Ray Griffin, leader indiscusso in quel campo. E i suoi libri, insieme agli scritti dei suoi numerosi colleghi e seguaci, sottolineavano ogni sorta di dettagli rivelatori, molti dei quali in precedenza mi erano rimasti sconosciuti. Sono stato anche molto colpito dal numero assoluto di individui apparentemente rispettabili, senza alcuna apparente tendenza ideologica, che nel corso degli anni avevano aderito al movimento per la verità sull'11 settembre.
 
Quando affermazioni assolutamente sorprendenti di natura estremamente controversa vengono fatte per molti anni da numerosi accademici e altri esperti considerati rispettabili, e sono completamente ignorate o nascoste ma mai efficacemente smentite, possono alla fine ben sembrare le uniche possibili conclusioni ragionevoli. Sulla base delle mie letture molto recenti su questo argomento, il numero totale di punti oscuri nella storia ufficiale dell'11 settembre è ora diventato enormemente lungo, calcolabile in molte dozzine. La maggior parte dei dubbi e delle critiche sembrano ragionevolmente fondate e, se decidiamo che anche solo due o tre siano corrette, dobbiamo rifiutare totalmente la narrazione che molti di noi hanno accettato per così tanto tempo.
 
Ora, io sono ovviamente solo un dilettante nel complesso mestiere della intelligence, consistente nell’estrarre pepite di verità da una montagna di falsità fabbricate. Sebbene gli argomenti del Movimento per la verità sull'11 settembre mi sembrino abbastanza convincenti, mi sentirei molto più a mio agio se fossero confermati da un professionista con esperienza, come un grande analista della CIA. Alcuni anni fa, sono rimasto scioccato nello scoprire che questo era davvero accaduto.
 
William Christison ha trascorso 29 anni nella CIA, diventando una delle sue figure di spicco come direttore dell’ufficio di analisi regionale e politica, con 200 analisti di ricerca alle sue dipendenze. Nell'agosto 2006, ha pubblicato un articolo di 2.700 parole che spiegava perché non credeva più alla storia ufficiale dell'11 settembre e si sentiva sicuro che il Rapporto della Commissione sull'11 settembre costituisse un insabbiamento, e che la verità fosse molto diversa. L'anno seguente ha pubblicamente affermato di condividere il contenuto di uno dei libri di Griffin, scrivendo che “[C'è] un forte corpus di prove che dimostrano come la storia ufficiale del governo degli Stati Uniti di ciò che accadde l'11 settembre 2001 sia quasi certamente una mostruosa serie di bugie”. E l'estremo scetticismo di Christison sulla narrazione ufficiale dell'11 settembre è condiviso da quello di molti altri ex ufficiali dell'intelligence USA molto apprezzati.
 
Ci si sarebbe dovuti aspettare che, se un ex ufficiale dell'intelligence del rango di Christison avesse denunciato il rapporto ufficiale sull'11 settembre come una frode e un insabbiamento, questo fatto avrebbe dovuto costituire una notizia di prima pagina. Ma nessuno dei nostri media mainstream lo ha riportato e io mi sono imbattuto in esso solo un decennio dopo.
 
Anche i nostri sedicenti media "alternativi" sono stati quasi in silenzio. Nel corso degli anni 2000, Christison e sua moglie Kathleen, anche lei ex analista della CIA, hanno scritto regolarmente su Counterpunch, pubblicando decine di articoli, e sicuramente erano gli scrittori della rivista più accreditati su intelligence e questioni di sicurezza nazionale. Ma l'editore Alexander Cockburn si è rifiutato di pubblicare articoli scettici sull'11 settembre, quindi io non ne seppi nulla in quel momento. In effetti, quando ho citato le opinioni di Christison sull'attuale Counterpunch, il direttore Jeffrey St. Clair, un paio di anni fa, rimase sbalordito nello scoprire che l'amico che aveva tanto apprezzato era diventato in realtà un seguace della teoria del complotto sull'11 settembre". Quando gli organi mediatici fungono da guardiani ideologici, diventa inevitabile una condizione di diffusa ignoranza.
 
Con così tanti buchi spalancati nella storia ufficiale degli eventi di diciassette anni fa, ognuno di noi è libero di scegliere di concentrarsi su quelli che considera personalmente più persuasivi, e io ne ho diversi. Il professore di chimica danese Niels Harrit era uno degli scienziati che ha analizzato i detriti degli edifici distrutti e ha rilevato la presenza residua di nano-termite, un composto esplosivo di livello militare, e l'ho trovato abbastanza credibile durante la sua intervista di un'ora su Red Ice Radio. L'idea che un passaporto del dirottatore non danneggiato sia stato trovato in una strada di New York, dopo l’incendio e la distruzione dei grattacieli, è totalmente assurda, così come l'affermazione che il capo dirottatore abbia convenientemente perso i suoi bagagli in uno degli aeroporti e che questi contenessero un grande massa di informazioni incriminanti. Le testimonianze delle dozzine di vigili del fuoco che hanno sentito esplosioni poco prima del crollo degli edifici sembrano totalmente inspiegabili alla luce della storia ufficiale. Anche l'improvviso crollo totale dell'Edificio Sette, mai colpito da alcun aereo di linea, è estremamente inverosimile.
 
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Gli attacchi dell'11 settembre: chi l'ha fatto?
 
Supponiamo ora che le prove siano confermate e concordiamo con ex analisti dell'intelligence della CIA di alto rango, illustri accademici e professionisti esperti che gli attacchi dell'11 settembre non erano quelli che sembravano essere. Riconosciamo l'estrema implausibilità del fatto che tre enormi grattacieli di New York City siano crollati all'improvviso a velocità di caduta libera dopo che solo due di loro erano stati colpiti da aeroplani, e anche che un grande aereo di linea civile probabilmente non ha colpito il Pentagono, dal momento che non ha lasciato alcun relitto ed ha realizzato solo un piccolo buco. Che cosa è realmente accaduto e, cosa più importante, chi c'era dietro?
 
Alla prima domanda è ovviamente impossibile rispondere senza un'indagine ufficiale ed un’analisi onesta e approfondita delle prove. Fino a quando ciò non accadrà, non dovremmo essere sorpresi dal fatto che numerose e alquanto contrastanti ipotesi siano state avanzate e dibattute all'interno della comunità dei militanti per la Verità sull'11 settembre. Ma la seconda domanda è probabilmente la più importante e pertinente, e penso che abbia sempre rappresentato una fonte di estrema vulnerabilità rispetto alle Verità sull'11 settembre.
 
L'approccio più frequente, quello presente nei numerosi libri di Griffin, è quello di evitare del tutto il problema (della individuazione dei responsabili, ndt), concentrandosi esclusivamente sulle lacune evidenti della narrazione ufficiale. E’ una posizione perfettamente accettabile, ma lascia aperta ogni sorta di seri dubbi. Quale gruppo organizzato sarebbe stato sufficientemente potente e audace da sferrare un attacco di così vasta portata contro il cuore centrale dell’unica superpotenza mondiale? E come sono stati in grado di orchestrare media e copertura politica in modo così efficace, riuscendo ad ottenere la complicità dello stesso governo degli Stati Uniti?
 
I pochissimi che scelgono di rispondere a questa domanda sul "chi è stato" sono in stragrande maggioranza tra gli attivisti di base, piuttosto che tra i prestigiosi esperti, e di solito rispondono che si è trattato di un "lavoro dall’interno!" La loro diffusa convinzione sembra essere che la massima leadership politica dell'amministrazione Bush, compresi probabilmente il vicepresidente Dick Cheney e il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, abbia organizzato gli attacchi terroristici, all’insaputa o meno del loro ignorante superiore gerarchico, il presidente George W. Bush. Le motivazioni ipotizzate sono quelle di poter giustificare gli attacchi militari contro vari paesi, il sostegno agli interessi finanziari della potente industria petrolifera e del complesso militare-industriale e la distruzione delle tradizionali libertà civili statunitensi. Dato che la maggior parte di queste ipotesi proviene dall’estrema sinistra, questi concetti vengono presentati come logici e quasi evidenti.
 
Sebbene non approvi esplicitamente quelle teorie del complotto, il successo del box office di sinistra del cineasta Michael Moore “Fahrenheit 9/11” sembrava sollevare analoghi sospetti. Il suo breve documentario dai costi assai contenuti ha guadagnato la sorprendente somma di $ 220 milioni, suggerendo che i legami commerciali molto stretti tra la famiglia Bush, Cheney, le compagnie petrolifere e i sauditi sono responsabili della guerra in Iraq seguita agli attacchi terroristici, nonché della repressione delle libertà civili, che erano parte integrante dell'agenda repubblicana di destra.
 
Purtroppo queste considerazioni apparentemente plausibili sembrano quasi del tutto avulse dalla realtà dei fatti. Mentre si andava organizzando la guerra in Iraq, ho letto gli articoli del Times che intervistavano parecchi petrolieri del Texas che esprimevano grandi perplessità sulle ragioni per le quali gli USA si preparavano ad attaccare Saddam, dicendo che potevano solo supporre che il presidente Bush sapesse qualcosa che loro stessi non sapevano. I leader dell'Arabia Saudita erano fermamente contrari a un attacco statunitense all'Iraq e fecero ogni sforzo per impedirlo. Prima di entrare a far parte dell'Amministrazione Bush, Cheney aveva ricoperto il ruolo di CEO di Halliburton, un gigante dei servizi petroliferi, e la sua società aveva esercitato forti pressioni per la revoca delle sanzioni economiche statunitensi contro l'Iraq. Il prof. James Petras, studioso di forti inclinazioni marxiste, ha pubblicato un eccellente libro nel 2008, intitolato “Il sionismo, il militarismo e il declino del potere degli Stati Uniti” in cui dimostrava in modo conclusivo che gli interessi sionisti piuttosto che quelli dell'industria petrolifera avevano dominato l'amministrazione Bush sulla scia degli attacchi dell'11 settembre e promosso la guerra in Iraq.
 
Per quanto riguarda il film di Michael Moore, ricordo le risate che ci facevamo io e un mio amico (ebreo), trovando ridicolo che un governo così straordinariamente zeppo di fanatici neoconservatori filo-israeliani fosse ritratto come schiavo dei Sauditi. Non solo la trama del film di Moore dimostra il terribile potere della Hollywood ebraica, ma il suo enorme successo lascia intendere che la maggior parte del pubblico statunitense pare non abbia mai sentito parlare dei Neocon.
 
I critici di Bush hanno giustamente ridicolizzato il presidente per la sua dichiarazione insensata secondo cui i terroristi dell'11 settembre avevano attaccato gli USA "per le sue libertà" e i teorici del complotto hanno ragionevolmente etichettato come non plausibili le affermazioni secondo cui i massicci attacchi erano stati organizzati da un predicatore islamico che abita in una caverna. Ma l’idea che fossero stati guidati e organizzati dalle figure di spicco dell'amministrazione Bush sembra ancora più assurdo.
 
Cheney e Rumsfeld avevano entrambi trascorso decenni come sostenitori dell'ala moderata del Partito Repubblicano, ciascuno con ruoli di vertice nel governo e anche come amministratori delegati di grandi società. L'idea che abbiano rinunciato alla loro carriera entrando nell’amministrazione repubblicana all'inizio del 2001 e abbiano immediatamente iniziato a organizzare un gigantesco attacco terroristico sotto falsa bandiera contro le torri più prestigiose della nostra più grande città e contro il nostro quartier generale militare nazionale, con l'intenzione di uccidere molte migliaia di statunitensi, è troppo ridicolo anche per una satira politica di sinistra.
 
 
 
Facciamo un passo indietro. In tutta la storia del mondo, non riesco a trovare nessun caso documentato in cui la massima leadership politica di un paese abbia lanciato un grave attacco sotto falsa bandiera contro i propri centri di potere e finanziari ed abbia cercato di uccidere un gran numero di concittadini. Gli Stati Uniti del 2001 erano un paese pacifico e prospero, gestito da leader politici relativamente insignificanti, impegnati sui tradizionali obiettivi repubblicani di promuovere agevolazioni fiscali per i ricchi e ridurre le normative ambientali. Troppi teorici del complotto sembra abbiano attinto la loro comprensione del mondo dalle caricature fumettistiche di sinistra in cui i repubblicani sono tutti dei diabolici Dr. Evils, che cercano di uccidere i concittadini per pura malvagità, e Cockburn aveva assolutamente ragione di metterli in ridicolo almeno per questo.
 
Si considerino anche i semplici aspetti pratici della situazione. La natura gigantesca degli attacchi dell'11 settembre, così come postulati dal movimento per la Verità, richiedevano ovviamente un'enorme pianificazione e probabilmente essa deve avere coinvolto il lavoro di molte dozzine, se non di centinaia di agenti specializzati. Ordinare agli agenti della CIA o ad unità militari speciali di organizzare attacchi segreti contro obiettivi civili in Venezuela o Yemen è una cosa, ma comandare un attacco contro il Pentagono e il cuore di New York City sarebbe una cosa gravida di enormi rischi.
 
Bush aveva perso il voto popolare nel novembre 2000 e aveva guadagnato la Casa Bianca solo per merito di qualche frode elettorale in Florida e della controversa decisione di una Corte suprema profondamente divisa. Di conseguenza, la maggior parte dei media statunitense considerava la sua nuova amministrazione con enorme ostilità. Se il primo atto di una simile squadra presidenziale che aveva appena giurato fosse stato di ordinare alla CIA o ai militari di preparare attacchi contro New York City e il Pentagono, sicuramente quegli ordini sarebbero stati considerati emessi da un gruppo di pazzi, e sarebbero immediatamente trapelati ad una stampa nazionale ostile.
 
L'intero scenario che i principali leader statunitensi siano le menti degli attacchi dell'11 settembre è al di là del ridicolo, e quei militanti per la Verità sull'11 settembre che hanno fatto simili affermazioni — senza un brandello di prove solide — hanno purtroppo contribuito molto a screditare il loro intero movimento. In effetti, l’ipotesi del "lavoro dall’interno" è così palesemente assurdo e autodistruttivo che si potrebbe persino sospettare che essa sia stata incoraggiata da coloro che cercano di screditare l'intero movimento per la Verità sull'11 settembre.
 
L'attenzione posta su Cheney e Rumsfeld sembra particolarmente errata. Anche se non ho mai incontrato né avuto rapporti con nessuno di questi individui, durante gli anni '90 sono stato piuttosto coinvolto nella politica di Washington e posso dire con certezza che, prima dell'11 settembre, nessuno dei due era considerato Neocon. Erano invece gli esempi archetipici di repubblicani tradizionali moderati, come avevano dimostrato quando erano stati ai vertici dell'Amministrazione Ford durante la metà degli anni '70.
 
Chi non è d’accordo con questa affermazione farà notare che essi hanno firmato la dichiarazione del 1997 emessa dal Project for the New American Century (PNAC), un importante manifesto neocon di politica estera organizzato da Bill Kristol, ma lo considererei una falsa pista. Nei circoli di Washington, le persone insistono sempre con gli amici perché firmino varie dichiarazioni, che possono o meno essere indicative di qualcosa, e ricordo che Kristol ha cercato di far firmare anche a me la dichiarazione PNAC. Dato che le mie opinioni su tale questione erano assolutamente contrarie alla posizione dei Neocon, che consideravo una follia di politica estera, ho respinto la sua richiesta e ho rifiutato molto educatamente. Ma all'epoca ero abbastanza amichevole con lui, quindi se fossi stato qualcuno senza opinioni forti probabilmente avrei accettato.
 
Questo solleva una questione più ampia. Nel 2000, i Neocon avevano acquisito il controllo quasi totale di tutti i principali media conservatori / repubblicani e dei settori che si occupano di politica estera di quasi tutti i think tank di Washington DC, eliminando con successo la maggior parte dei loro avversari tradizionali. Quindi, sebbene Cheney e Rumsfeld non fossero essi stessi neocon, nuotavano in un mare di Neocon, e la maggior parte delle informazioni che ricevevano provenivano da tali fonti e i loro migliori assistenti, come "Scooter" Libby, Paul Wolfowitz e Douglas Feith erano Neocon. Rumsfeld era già piuttosto anziano mentre Cheney aveva subito diversi attacchi di cuore a partire dall'età di 37 anni, quindi in quelle circostanze potrebbe essere stato relativamente facile influenzarli e spingerli verso determinate posizioni politiche.
 
In effetti, l'intera demonizzazione di Cheney e Rumsfeld da parte dei circoli contro la guerra in Iraq mi è sembrata in qualche modo sospetta. Mi sono spesso chiesto se i media liberal ebraici non abbiano intenzionalmente rivolto la loro aspra polemica contro quei due individui, solo per coprire la colpevolezza dei neocon ebraici che erano gli ovvi creatori di quella disastrosa politica; e lo stesso può valere per i militanti per la Verità sull'11 settembre, che probabilmente temevano di essere accusati di antisemitismo. A proposito di questa questione, un importante editorialista israeliano è stato assai schietto nel 2003, sostenendo con forza che 25 intellettuali neocon, quasi tutti ebrei, sono stati i principali responsabili della guerra. In circostanze normali, il presidente stesso sarebbe stato sicuramente rappresentato come il cervello malefico dietro il complotto dell'11 settembre, ma "W" era troppo noto per la sua ignoranza perché simili accuse fossero credibili.
 
Sembra del tutto plausibile che Cheney, Rumsfeld e altri alti dirigenti dell’amministrazione Bush possano essere stati manipolati per assumere alcune misure che inavvertitamente hanno favorito la trama dell'11 settembre, mentre qualche funzionario di livello inferiore potrebbe essere stato coinvolto più direttamente, forse addirittura nella cospirazione stessa. Ma non credo che sia questo il significato che abitualmente viene dato all’accusa di "lavoro dall’interno".
 
 
 
E allora a che punto siamo? Sembra molto probabile che gli attacchi dell'11 settembre siano stati il lavoro di un'organizzazione molto più potente e professionalmente qualificata di una banda raffazzonata di diciannove arabi armati di taglierini, ma è anche molto improbabile che gli attacchi siano stati il lavoro dello stesso governo statunitense. Quindi chi ha effettivamente attaccato il nostro paese in quel fatidico giorno di diciassette anni fa, uccidendo migliaia di nostri concittadini?
 
Operazioni di intelligence efficaci sono deformate come in una stanza degli specchi, spesso di difficilissima comprensione per i profani, e gli attacchi terroristici sotto falsa bandiera rientrano sicuramente in questa categoria. Ma, applicando una metafora diversa, la complessità di tali eventi può essere vista come un nodo gordiano, quasi impossibile da districare, ma vulnerabile al colpo di spada di porre la semplice domanda "A chi ha giovato?"
 
Agli Stati Uniti e a gran parte del mondo certamente no, e il disastroso retaggio di quel fatidico giorno ha trasformato la nostra società e distrutto molti altri paesi. Le infinite guerre statunitensi che sono subito seguite ci sono già costate molti trilioni di dollari e hanno messo la nostra nazione sulla strada della bancarotta mentre hanno ucciso o costretto alla fuga molti milioni di innocenti mediorientali. Più di recente, masse di rifugiati disperati hanno incominciato ad invadere l'Europa, e la pace e la prosperità di quell'antico continente sono ora gravemente minacciate.
 
Le nostre tradizionali libertà civili e protezioni costituzionali sono state drasticamente erose, e la nostra società si trasforma progressivamente in un vero stato di polizia. I cittadini statunitensi adesso accettano passivamente violazioni inimmaginabili delle loro libertà personali, tutte giustificate col pretesto di prevenire il terrorismo.
 
Trovo difficile pensare a un qualsiasi paese del mondo che abbia tratto benefici dagli attacchi dell'11 settembre e dalla reazione militare statunitense, con una sola, unica, eccezione.
 
Nel 2000 e per gran parte del 2001, gli USA erano un paese pacifico e prospero, ma una certa piccola nazione mediorientale si era trovata in una situazione sempre più disperata. Israele allora sembrava lottare per la propria sopravvivenza contro le enormi ondate di terrorismo interno della Seconda Intifada palestinese.
 
Si ritiene che Ariel Sharon abbia provocato deliberatamente quella rivolta nel settembre 2000, marciando sul Monte del Tempio insieme ad un migliaio di poliziotti armati, e la violenza e polarizzazione della società israeliana che ne sono seguite gli hanno fatto vincere le elezioni all'inizio del 2001. Ma, una volta al governo, le sue misure brutali non sono riuscite a porre fine all'ondata di continui attacchi, che hanno assunto sempre più la forma di attentati suicidi contro obiettivi civili. Molti credevano che la violenza potesse presto scatenare grandi emigrazioni di cittadini israeliani, e forse dare il via ad una spirale mortale per lo Stato ebraico. Iraq, Iran, Libia e altre importanti potenze musulmane stavano sostenendo i Palestinesi con denaro, retorica e talvolta armi, e la società israeliana sembrava vicina allo sbriciolamento.
 
Sharon era un leader notoriamente sanguinario e sconsiderato, con una lunga storia di giochi strategici di sorprendente audacia, a volte perfino azzardati. Aveva tentato per decenni di diventare Primo Ministro, ma adesso era con le spalle al muro, senza nessuno che spuntasse a salvarlo.
 
Gli attacchi dell'11 settembre hanno cambiato tutto. All'improvviso l'unica superpotenza del mondo fu completamente mobilitata contro i movimenti terroristici arabi e musulmani, in particolare quelli del Medio Oriente. Gli stretti alleati politici neocon di Sharon negli Stati Uniti hanno usato l'inattesa crisi come un'opportunità per prendere il controllo della politica estera e dell'apparato di sicurezza nazionale, con un dipendente della NSA che in seguito riferirà che i generali israeliani vagavano liberamente per le sale del Pentagono senza alcun controllo di sicurezza. Nel frattempo, con la scusa di prevenire il terrorismo interno, sono stati attivati controlli di polizia recentemente centralizzati, utilizzati per molestare o addirittura chiudere varie organizzazioni politiche antisioniste. Uno degli agenti del Mossad israeliano arrestato dalla polizia di New York City mentre lui e i suoi compagni festeggiavano gli attacchi dell'11 settembre, e giravano un film ricordo delle torri del World Trade Center in fiamme, disse agli ufficiali: "Siamo israeliani ... I tuoi problemi sono i nostri problemi ". E così è immediatamente diventato.
 
Il generale Wesley Clark riferì che, poco dopo gli attacchi dell'11 settembre, venne informato che era stato varato un piano militare segreto in base al quale gli USA avrebbero attaccato e distrutto sette importanti paesi musulmani negli anni immediatamente successivi, tra cui Iraq, Iran, Siria e Libia, vale a dire i più forti avversari regionali di Israele e i principali sostenitori dei Palestinesi. Quando gli USA cominciarono a versare oceani di sangue e di dollari per attaccare tutti i nemici di Israele dopo l'11 settembre, Israele stesso non ebbe più bisogno di farlo da sé. In parte grazie a questo, quasi nessun'altra nazione al mondo ha migliorato così enormemente la sua situazione strategica ed economica negli ultimi diciassette anni, anche se gran parte della popolazione statunitense si è completamente impoverita nello stesso periodo e il nostro debito nazionale è cresciuto a livelli insormontabili. Un parassita può spesso ingrassare anche se il suo ospite soffre ed è in difficoltà.
 
 
 
Ho già detto che, per molti anni dopo gli attacchi dell'11 settembre, ho prestato poca attenzione ai dettagli e avevo solo una vaga idea dell’esistenza persino di un movimento organizzato per la Verità sull'11 settembre. Ma se qualcuno mi avesse mai convinto che gli attacchi terroristici erano stati operazioni sotto falsa bandiera, e che qualcuno diverso da Osama ne era responsabile, avrei immediatamente pensato a Israele e al Mossad.
 
Certamente nessun'altra nazione al mondo può eguagliare la storia che ha Israele di omicidi ad alto livello e di attacchi sotto falsa bandiera straordinariamente audaci, terroristici e non, contro altri paesi, inclusi gli USA e i suoi militari. Inoltre, l'enorme predominio di elementi ebraici e filoisraeliani nei media dell'establishment statunitense e, sempre di più, anche in quelli di molti altri importanti paesi occidentali ha assicurato a lungo che, anche quando vengono scoperte le prove concrete di tali attacchi, pochissimi ne parlano.
 
 
Una volta stabilito che gli attacchi dell'11 settembre sono stati probabilmente un'operazione sotto bandiera falsa, un indizio centrale per individuare i colpevoli è costituito dal fatto che una tale ricchezza di prove enormemente sospette sia stata totalmente ignorata praticamente da tutti i media statunitensi, liberal o conservatori, di sinistra o di destra.
 
 
Nel caso di specie, il considerevole numero di zelanti neocon filo israeliani che operavano nell’ambito dell'Amministrazione Bush nel 2001 avrebbe potuto facilitare notevolmente sia l'organizzazione degli attacchi sia la loro effettiva copertura e occultamento, e Libby , Wolfowitz, Feith e Richard Perle sono solo i nomi più noti. Non è chiaro se tali individui conoscessero i cospiratori o avessero semplicemente legami personali che hanno consentito che venissero strumentalizzati.
 
La maggior parte di queste informazioni deve sicuramente essere stata da lungo tempo conosciuta dagli osservatori informati, e sospetto fortemente che molte persone che avevano prestato molta più attenzione di me ai dettagli degli attacchi dell'11 settembre possano aver rapidamente capito come stavano le cose. Ma, per ovvie ragioni sociali e politiche, c'è una grande riluttanza a puntare pubblicamente il dito contro Israele su una questione di così enorme portata. Quindi, ad eccezione di alcuni attivisti marginali qua e là, tali oscuri sospetti sono per lo più rimasti nella sfera delle convinzioni private.
 
Nel frattempo, i leader del movimento per la Verità sull'11 settembre probabilmente temevano di poter essere distrutti da accuse di antisemitismo, se avessero mai anche solo sussurrato una simile idea. Questa strategia politica potrebbe essere stata necessaria ma, non riuscendo a suggerire alcun plausibile colpevole, ha lasciato un vuoto che è stato presto colmato da "utili idioti" che hanno gridato essere un "lavoro dall’interno!", puntando il dito accusatore verso Cheney e Rumsfeld, e hanno fatto quindi tanto per screditare l'intero movimento per la verità sull'11 settembre.
 
 
 
Questa dannosa cospirazione del silenzio si è finalmente conclusa nel 2009 quando il dott. Alan Sabrosky, ex direttore degli studi presso l’US Army War College, si è fatto avanti e ha dichiarato pubblicamente che il Mossad israeliano era stato molto probabilmente responsabile degli attacchi dell'11 settembre, scrivendo una serie di colonne sull'argomento, e presentando anche le sue opinioni in una serie di interviste, insieme ad ulteriori analisi.
 
Ovviamente, tali accuse esplosive non hanno mai raggiunto le pagine del mio Times del mattino, ma hanno ricevuto una copertura considerevole, sebbene effimera, in alcuni media alternativi, e ricordo di aver visto i link molto in evidenza su Antiwar.com e ampie discussioni altrove. Non avevo mai sentito parlare in precedenza di Sabrosky, quindi ho consultato il mio sistema di archiviazione e ho immediatamente scoperto che aveva un record perfettamente rispettabile di pubblicazioni sugli affari militari nei principali periodici di politica estera e aveva anche ricoperto una serie di incarichi accademici presso prestigiose istituzioni. Leggendo uno o due dei suoi articoli sull'11 settembre, ho colto che aveva usato argomenti piuttosto convincenti quanto al coinvolgimento del Mossad, fornendo alcune informazioni già a me note, e molte altre per me ancora sconosciute.
 
Dato che ero molto impegnato con il mio lavoro sul software e non avevo mai approfondito il tema dell'11 settembre, né letto alcun libro sull'argomento, accolsi le sue affermazioni all’epoca con molta esitazione. Ma ora che ho finalmente esaminato l'argomento in modo molto più dettagliato e fatto molte letture, penso che la sua analisi del 2009 fosse del tutto corretta.
 
Consiglio in particolare la sua lunga intervista del 2011 su Iranian Press TV, che ho visto per la prima volta solo un paio di giorni fa. E’ apparso estremamente credibile e schietto nelle sue affermazioni:
 
 
Ha anche fornito una pugnace conclusione in un'intervista radiofonica del 2010 molto più lunga:
 
Sabrosky ha concentrato gran parte della sua attenzione su un particolare segmento di un film documentario olandese sugli attacchi dell'11 settembre, prodotto diversi anni prima. In quell'affascinante intervista, un esperto di demolizioni di nome Danny Jowenko, che non era al corrente degli attacchi dell'11 settembre, ha subito individuato il crollo filmato del WTC Building 7 come una demolizione controllata, e questo clip straordinario venne trasmesso in tutto il mondo su Press TV e ampiamente discusso in Internet.
 
 
E per una stranissima coincidenza, appena tre giorni dopo che l'intervista video di Jowenko aveva ricevuto una tale attenzione, egli ebbe la sfortuna di morire in una collisione frontale con un albero nei Paesi Bassi. Sospetto che la comunità di esperti di demolizione professionale sia piccola e che i colleghi sopravvissuti di Jowenko possano aver rapidamente concluso che una grave sventura potrebbe capitare a chi esprimesse opinioni controverse sul crollo delle tre torri del World Trade Center.
 
Nel frattempo, l'ADL ha presto messo in atto uno sforzo enorme, e ampiamente riuscito, per far bandire la Press TV in Occidente, quale responsabile della promozione di "teorie del complotto antisemite", e persino persuadendo YouTube ad eliminare completamente l'enorme archivio video, in particolare la lunga intervista di Sabrosky.
 
Più di recente, Sabrosky ha espresso in giugno un notevole pessimismo sulla situazione politica statunitense e ha sostenuto che il controllo sionista sulla nostra politica e sui nostri media è diventato ancora più forte nell'ultimo decennio.
 
La sua discussione fu subito ritrasmessa da Guns & Butter, un importante programma radiofonico progressista, che per questo è stato cancellato dopo diciassette anni di grande popolarità nazionale e un forte sostegno da parte degli ascoltatori.
 
Anche il defunto Alan Hart, un illustre giornalista televisivo britannico e corrispondente straniero, ha rotto il silenzio nel 2010 e anche lui ha indicato gli israeliani come i probabili colpevoli degli attacchi dell'11 settembre. Gli interessati potrebbero voler ascoltare la sua lunga intervista.
 
Il giornalista Christopher Bollyn è stato uno dei primi scrittori a esplorare i possibili collegamenti tra Israele e gli attacchi dell'11 settembre, e i dettagli contenuti nella sua lunga serie di articoli di giornale sono spesso citati da altri ricercatori. Nel 2012, ha raccolto tutto questo materiale e lo ha pubblicato sotto forma di un libro intitolato Solving 9-11, rendendo così le sue informazioni sul possibile ruolo del Mossad israeliano a disposizione di un pubblico molto più ampio, con una versione disponibile online. Sfortunatamente il suo volume stampato soffre molto della tipica mancanza di risorse disponibili degli scrittori ai margini della politica, con scarsa organizzazione e frequente ripetizione degli stessi punti a causa del fatto che è composto da una serie di singoli articoli, e questo può diminuire la sua credibilità tra alcuni lettori. Quindi coloro che lo acquistano dovrebbero essere avvertiti di queste gravi carenze stilistiche.
 

Il giornalista francese Laurent Guyénot ha più di recente fornito un compendio molto migliore delle tante prove di una mano israeliana dietro gli attacchi dell'11 settembre, sia nel suo libro del 2017 JFK-9/11: 50 Years of the Deep State, che nel suo articolo di 8.500 parole "L'11 settembre è stato un lavoro israeliano", pubblicato contemporaneamente al libro e che fornisce una ricchezza di dettagli molto maggiore. Anche se non sottoscrivo necessariamente tutte le sue affermazioni e le sue argomentazioni, la sua analisi complessiva sembra pienamente coerente con le mie.
 
Questi scrittori hanno fornito una grande quantità di materiale a sostegno dell'ipotesi del Mossad israeliano, ma vorrei focalizzare l'attenzione su un solo punto importante. Ci aspetteremmo che degli attacchi terroristici che hanno prodotto la completa distruzione di tre giganteschi edifici per uffici a New York City e un attacco aereo al Pentagono siano operazioni di dimensioni enormi, che coinvolgono infrastrutture organizzative e forza lavoro molto considerevoli. All'indomani degli attacchi, il governo degli Stati Uniti intraprese grandi sforzi per localizzare e arrestare i cospiratori islamici sopravvissuti, ma riuscì a malapena a trovarne uno solo. Apparentemente, erano tutti morti negli attacchi stessi o altrimenti semplicemente svaniti nel nulla.
 
Ma senza troppi sforzi, il governo USA ha rapidamente individuato e arrestato circa 200 agenti del Mossad israeliano, molti dei quali si trovavano esattamente nelle stesse posizioni geografiche dei presunti 19 dirottatori arabi. Inoltre, la polizia di New York ha arrestato alcuni di questi agenti mentre festeggiavano pubblicamente gli attacchi dell'11 settembre, e altri sono stati catturati mentre guidavano furgoni nella zona di New York contenenti esplosivi o tracce residue. La maggior parte di questi agenti del Mossad ha rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda, e molti di quelli che non hanno passato la macchina della verità, a causa di imponenti pressioni politiche alla fine sono stati rilasciati e rimandati in Israele. Un paio di anni fa, gran parte di queste informazioni sono state presentate in modo molto efficace in un breve video disponibile su YouTube.
 
 
C'è un'altra chicca affascinante, che ho visto molto raramente menzionata. Appena un mese dopo gli attacchi dell'11 settembre, due israeliani sono stati catturati mentre si aggiravano furtivamente con armi ed esplosivi nell'edificio del Parlamento messicano, una storia che ha occupato naturalmente le prime pagine dei principali giornali messicani dell'epoca, ma è stata accolta con un totale silenzio dai media statunitensi. Alla fine, sotto una massiccia pressione politica, tutte le accuse furono ritirate e gli agenti israeliani furono rimandati a casa. Questo straordinario incidente è stato riportato solo da un piccolo sito web di attivisti ispanici e discusso in alcuni altri luoghi. Qualche anno fa, ho trovato facilmente le prime pagine scannerizzate dei giornali messicani che riportavano quegli eventi drammatici su Internet, ma non riesco più a individuarli facilmente. I dettagli sono ovviamente un po' frammentari e forse confusi, ma sicuramente abbastanza intriganti.
 
Si potrebbe ipotizzare che, se i presunti terroristi islamici avessero dato un seguito agli attentati dell'11 settembre attaccando e distruggendo il palazzo del Parlamento messicano un mese dopo, il sostegno dell'America latina alle invasioni militari statunitensi in Medio Oriente sarebbe stato notevolmente maggiore. Inoltre, una scena di tale enorme distruzione nella capitale messicana da parte di terroristi arabi sarebbe stata sicuramente trasmessa ininterrottamente su Univision, la rete di lingua spagnola diffusa in tutta l’America, rafforzando il sostegno ispanico alle imprese militari del presidente Bush.
 
 
Anche se i miei primi sospetti sugli attacchi dell'11 settembre risalgono a un decennio o più, ho cominciato a occuparmene seriamente piuttosto di recente, quindi sono certamente un nuovo arrivato sul campo. Ma a volte un estraneo può notare cose che possono sfuggire all'attenzione di coloro che hanno dedicato tanti anni alla questione.
 
Dal mio punto di vista, gran parte dei militanti per la Verità sull'11 settembre si occupa troppo dei minuti dettagli degli attacchi, discutendo il metodo preciso con cui le torri del World Trade Center di New York sono state demolite o ciò che realmente colpì il Pentagono. Ma questo tipo di problemi mi sembra di minore importanza.
 
Direi che l'unico aspetto importante di questi problemi tecnici è se l'evidenza complessiva sia sufficientemente forte per stabilire che la narrativa ufficiale sull'11 settembre è falsa, e anche che gli attacchi devono essere stati il lavoro di un'organizzazione altamente sofisticata con accesso a tecnologia militare avanzata piuttosto che di un gruppo di 19 arabi armati di taglierini. Oltre a ciò, nessuno di questi dettagli conta troppo.
 
E penso che tutto il materiale fattuale raccolto da alcuni ricercatori negli ultimi diciassette anni sia più che sufficiente. Ad esempio, anche essere d’accordo su un singolo elemento particolare come la evidente presenza di nano-termite, un composto esplosivo di livello militare, soddisferebbe immediatamente i due criteri detti sopra. Quindi vedo poco senso negli infiniti dibattiti sull'utilizzo della nano-termite o della nano-termite più qualcos'altro, o semplicemente di qualcos'altro. E dibattiti tecnici così complessi possono servire a rendere oscuro il quadro più ampio, confondendo e intimidendo gli spettatori casualmente interessati, essendo quindi controproducente per gli obiettivi generali del movimento per la Verità sull'11 settembre.
 
Una volta stabilito che i colpevoli facevano parte di un'organizzazione altamente sofisticata, possiamo quindi concentrarci sul “Chi” e sul “Perché”, temi senz’altro più importanti dei minuti dettagli sul “Come”. Eppure attualmente tutto il dibattito senza fine sul “Come” tende ad escludere il “Chi” e il “Perché”, e mi chiedo se questa deplorevole situazione sia magari voluta.
 
Forse una ragione è che, se la ricerca della verità sull'11 settembre si concentrasse su quelle domande più importanti, l'enorme peso delle prove porterebbe chiaramente verso una sola direzione, quella del coinvolgimento di Israele e del suo servizio di intelligence del Mossad, che avevano un movente, i mezzi e l’opportunità. E rivolgere accuse nei confronti di Israele e dei suoi collaboratori statunitensi attribuendo ad esso la responsabilità del più grande attacco mai lanciato contro gli USA sul nostro territorio comporta enormi rischi sociali e politici.
 
Ma tali difficoltà devono essere bilanciate con la realtà di tremila vite civili statunitensi e dei successivi diciassette anni di guerre dispendiosissime, che hanno prodotto decine di migliaia di militari statunitensi morti o feriti e la morte o lo sfollamento di molti milioni di innocenti mediorientali.
 
I membri del movimento per la verità sull'11 settembre devono quindi chiedersi se la “verità” sia davvero l'obiettivo centrale dei loro sforzi.
 
Importanti realtà storiche, a lungo tenute nascoste
 
Molti degli eventi discussi sopra sono tra i più importanti nella storia statunitense moderna e le prove fornite sembrano abbastanza sostanziali. Numerosi osservatori contemporanei erano certamente a conoscenza almeno di alcune delle informazioni chiave, quindi avrebbero dovuto essere avviate serie indagini sui media che avrebbero presto portato alla luce gran parte del materiale rimanente. Eppure nulla di simile è accaduto, e ancora oggi la stragrande maggioranza degli statunitensi è totalmente all’oscuro di questi fatti accertati.
 
Questo paradosso è spiegato dall'enorme influenza politica e mediatica dei partigiani etnici e ideologici di Israele, che ha assicurato che alcune domande non fossero poste né sollevati punti cruciali. Per tutta la seconda metà del ventesimo secolo, la nostra comprensione del mondo è stata in gran parte modellata dai nostri media elettronici concentrati in poche mani, che sono stati quasi interamente nelle mani di ebrei durante questo periodo, con tutte e tre le reti televisive e otto dei nove principali studi di Hollywood di proprietà o controllati da tali individui, insieme alla maggior parte dei nostri principali quotidiani e case editrici. Come ho scritto un paio di anni fa:
 
Tendiamo ingenuamente a ritenere che i nostri media riflettano con cura gli eventi del nostro mondo e della sua storia, ma invece ciò che troppo spesso vediamo sono solo le immagini tremendamente distorte di una casa degli specchi di un circo, con piccoli oggetti a volte trasformati in grandi, e quelli grandi in piccoli. I contorni della realtà storica possono essere deformati in forme quasi irriconoscibili, con alcuni elementi importanti che scompaiono completamente e altri che appaiono dal nulla. Ho spesso sostenuto che sono i media a creare la nostra realtà ma, alla luce di omissioni e distorsioni tanto evidenti, la realtà prodotta è spesso in gran parte immaginaria.
 
Solo l'avvento di una Internet decentralizzata negli ultimi due decenni ha consentito la divulgazione diffusa e non filtrata delle informazioni necessarie ad una seria indagine su questi importanti incidenti. Senza Internet, praticamente nessuno dei materiali di cui ho discusso così a lungo mi sarebbe mai diventato noto. Ostrovsky potrebbe essersi classificato come l'autore numero 1 del New York Times con un milione di copie dei suoi libri in stampa, ma prima di Internet non avrei mai sentito parlare di lui.
 
 
 
Una volta sollevato il velo che copre l'offuscamento e la distorsione dei media, alcune realtà dell'era postbellica diventano chiare. La misura in cui gli agenti dello Stato ebraico e delle precedenti organizzazioni sioniste si sono impegnati in una dilagante attività criminale internazionale e nella violazioni delle regole di guerra condivise è davvero piuttosto straordinario, forse con pochi precedenti nella storia del mondo moderno. Il loro uso dell'assassinio politico come strumento centrale della loro arte del governo ricorda persino le famigerate attività del Vecchio della Montagna (setta religiosa) del 13 ° secolo in Medio Oriente, dalle cui attività deriva la parola "assassino".
 
In una certa misura, la traiettoria in costante crescita dei comportamenti internazionali scorretti di Israele può essere il risultato naturale dell'impunità totale di cui i suoi leader hanno goduto a lungo, quasi mai subendo conseguenze negative dalle loro azioni. Un ladruncolo può cimentarsi nel furto con scasso e poi nella rapina a mano armata e perfino nell’ omicidio, se arriva a credere di essere totalmente immune da qualsiasi sanzione giudiziaria.
 
Durante gli anni '40, i leader sionisti organizzarono massicci attacchi terroristici contro obiettivi occidentali e assassinarono alti ufficiali britannici e delle Nazioni Unite, ma non pagarono mai un prezzo politico serio. La loro probabile uccisione del primo segretario alla Difesa statunitense e il loro precedente tentativo di assassinio del nostro presidente sono stati interamente coperti dai nostri media complici. A metà degli anni '50, la guida della neo-costituita Israele iniziò una serie di attacchi terroristici sotto falsa bandiera contro obiettivi USA nella vicenda Lavon e, anche quando i loro agenti furono catturati e il loro complotto rivelato, non ricevettero alcuna punizione. Dati questi precedenti, forse non dovremmo essere sorpresi che si siano sentiti sufficientemente forti da orchestrare probabilmente l'assassinio del presidente John F. Kennedy,
 
In occasione del famigerato incidente del Golfo del Tonchino del 1964, una nave statunitense impegnata in attività ostili al largo della costa del Vietnam venne attaccata da siluri nord vietnamiti. La nostra nave subì pochi danni e nessuna vittima, ma la rappresaglia militare statunitense ha scatenato un decennio di guerra, causando infine la distruzione della maggior parte di quel paese e forse due milioni di morti vietnamiti.
 
Al contrario, quando la USS Liberty fu deliberatamente attaccata in acque internazionali dalle forze israeliane nel 1967, che uccisero o ferirono più di 200 militari statunitense, l'unica risposta di quello stesso governo statunitense fu la massiccia soppressione dei fatti, seguita da un aumento dei finanziamenti a sostegno allo Stato ebraico. I decenni che seguirono videro numerosi importanti attacchi da parte di Israele e del suo Mossad contro funzionari statunitensi e il nostro servizio di intelligence, coronato infine nel 1991 da un altro complotto di omicidio contro un presidente statunitense insufficientemente flessibile. Ma la nostra unica reazione in tutto questo periodo fu una asservimento politico in costante aumento. Dato un tale schema di risposta, la scommessa enorme che il governo israeliano ha fatto nel 2001 organizzando i terribili attacchi terroristici dell’11 settembre contro il nostro paese diventa più comprensibile. 
 
 
 
Sebbene oltre settant'anni di impunità quasi completa siano stati certamente un fattore decisivo alla base della notevole volontà di Israele di fare così tanto affidamento sull'assassinio e sul terrorismo per raggiungere i suoi obiettivi geopolitici, anche i fattori religiosi e ideologici possono avere svolto un ruolo significativo. Nel 1943, il futuro primo ministro israeliano Yitzhak Shamir fece un'affermazione piuttosto eloquente nella sua pubblicazione ufficiale sionista:
 
“Né l'etica ebraica né la tradizione ebraica bandiscono il terrorismo come strumento di lotta. Non abbiamo alcuno scrupolo morale per quanto riguarda la nostra guerra nazionale. Siamo guidati dal comandamento della Torah, la cui moralità supera quella di qualsiasi altro corpus legislativo del mondo: "Li cancellerete fino all'ultimo uomo". "
 
Né Shamir né gli altri primi leader sionisti aderirono al giudaismo tradizionale, ma chiunque indagasse sui veri principi di quella particolare fede religiosa avrebbe dovuto ammettere che le affermazioni di Shamir sono corrette. Come ho scritto nel 2018:
 
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Se queste questioni ritualistiche costituissero le caratteristiche centrali del giudaismo religioso tradizionale, potremmo considerarla una sopravvivenza piuttosto pittoresca ed eccentrica dei tempi antichi. Ma, sfortunatamente, c'è anche un lato molto più oscuro, che coinvolge principalmente il rapporto tra ebrei e non ebrei, con il termine dispregiativo goyim molto spesso usato per descrivere questi ultimi. Per dirla senza mezzi termini, gli ebrei hanno anime divine e i goy no, essendo semplicemente animali sotto forma di uomini. In effetti, la ragione principale dell'esistenza dei non ebrei è di servire come schiavi gli ebrei, e alcuni rabbini di altissimo rango occasionalmente ribadiscono questo fatto ben noto. Nel 2010, il rabbino sefardita di Israele ha dichiarato nel suo sermone settimanale che l'unica ragione per l'esistenza di non ebrei è servire gli ebrei e lavorare per loro. L'asservimento o lo sterminio di tutti i non ebrei sembra essere l’obiettivo implicito ultimo della religione.
 
Le vite degli ebrei hanno un valore infinito, e quelle non ebraiche non ne hanno alcuno, il che ha implicazioni politiche ovvie. Ad esempio, in un articolo, un importante rabbino israeliano spiegò che se un ebreo avesse bisogno di un fegato, sarebbe perfettamente corretto, e certamente obbligatorio, uccidere un innocente gentile e prendere il suo. Forse non dovremmo essere troppo sorpresi del fatto che oggi Israele sia ampiamente considerato come uno dei centri mondiali del traffico di organi.
 
Il mio incontro di un decennio fa con la franca descrizione di Shahak delle vere dottrine del giudaismo tradizionale fu certamente una delle rivelazioni più profonde di tutta la mia vita. Ma, man mano che ne ho gradualmente digerito tutte le implicazioni, tutti i tipi di enigmi e fatti sconnessi sono diventati improvvisamente molto più chiari. C'erano anche alcuni notevoli paradossi, e non molto tempo dopo dissi scherzando a un mio amico (ebreo) di avere improvvisamente scoperto che il nazismo poteva essere meglio descritto come un "giudaismo da imbranati" o forse come un ebraismo praticato da Madre Teresa di Calcutta.
 
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È importante tenere presente che quasi tutti i principali leader israeliani sono stati convintamente laici nelle loro opinioni, e nessuno di loro è seguace del giudaismo tradizionale. In effetti, molti dei primi sionisti erano piuttosto ostili alla religione, che disprezzavano a causa delle loro credenze marxiste. Tuttavia, ho notato che queste dottrine religiose sottostanti possono ancora esercitare una notevole influenza nel mondo reale:
 
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Evidentemente il Talmud non è una lettura corrente tra gli ebrei ordinari di questi tempi, e sospetterei che, a parte gli ortodossi puri e forse la maggior parte dei rabbini, a malapena alcuni conoscono i suoi insegnamenti altamente controversi. Ma è importante ricordare che, fino a poche generazioni fa, quasi tutti gli ebrei europei erano profondamente ortodossi, e anche oggi suppongo che la stragrande maggioranza degli ebrei adulti abbia avuto nonni ortodossi. I modelli culturali e gli atteggiamenti sociali altamente distintivi possono facilmente penetrare in una popolazione considerevolmente più ampia, soprattutto quando ne ignora l’origine, condizione che accresce la loro influenza non riconosciuta. Una religione basata sul principio di "Ama il tuo prossimo" può essere rispettata o meno nella pratica, ma ci si può aspettare che una religione basata su "Odia il tuo prossimo" abbia effetti a catena a lungo termine, che si estendono molto al di là della comunità dei praticanti devoti. Se a quasi tutti gli ebrei, per mille o duemila anni, è stato insegnato a provare un odio feroce verso tutti i non ebrei ed è stata inoculata anche un'enorme infrastruttura di disonestà culturale per mascherare quell'atteggiamento, è difficile credere che una storia così maligna non abbia avuto assolutamente alcuna conseguenza nel nostro mondo attuale o in quello del passato relativamente recente.
 
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I paesi di altre tradizioni religiose e culturali hanno a volte realizzato attacchi militari che hanno comportato un gran numero di vittime civili, o hanno assunto l'assassinio come tattica. Ma tali metodi sono considerati disgustosi e immorali da una società fondata su principi universalisti e, sebbene questi scrupoli etici possano a volte essere messi a tacere dall'opportunità politica, essi agiscono come una restrizione parziale contro l'adozione diffusa di tali pratiche.
 
Al contrario, le azioni che portano alla sofferenza o alla morte di un numero illimitato di innocenti gentili non sono affatto considerate moralmente disonorevoli all'interno della struttura religiosa del giudaismo tradizionale, che si pone come unici limiti il rischio di essere individuati e puniti con ritorsioni. Solo una parte della popolazione israeliana di oggi può esplicitamente ragionare in termini così duri, ma la dottrina religiosa sottostante permea implicitamente l'intera ideologia dello Stato ebraico.
 
La prospettiva passata dell'intelligence militare statunitense
 
I principali eventi storici discussi in questo lungo articolo hanno plasmato il nostro mondo attuale e gli attacchi dell'11 settembre in particolare potrebbero aver spinto gli Stati Uniti sulla strada del fallimento nazionale, sopprimendo molte delle nostre libertà civili tradizionali. Anche se penso che la mia interpretazione di questi vari omicidi e attacchi terroristici sia probabilmente corretta, non dubito che la maggior parte degli statunitensi di oggi troverebbe scioccante le mie controverse analisi e probabilmente risponderebbe con estremo scetticismo.
 
Eppure, stranamente, se questo stesso materiale fosse stato presentato a quegli individui che avevano guidato il nascente apparato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti nei primi decenni del XX secolo, penso che avrebbero considerato questa narrazione storica molto scoraggiante ma non sorprendente.
 
L'anno scorso mi è capitato di leggere un affascinante volume pubblicato nel 2000 dallo storico Joseph Bendersky, uno specialista in Studi sull'olocausto, e ho discusso le sue straordinarie scoperte in un lungo articolo:
 
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Bendersky ha dedicato dieci anni interi di ricerca al suo libro, consultando in maniera esaustiva gli archivi dell'intelligence militare statunitense, nonché i documenti e la corrispondenza personale di oltre 100 militari e ufficiali dell'intelligence. La "minaccia ebraica" occupa oltre 500 pagine, tra cui circa 1350 note a piè di pagina, e le fonti d’archivio repertoriate occupano, esse solo, sette pagine complete. Il sottotitolo è "Politica antisemita dell'esercito statunitense" e dimostra in modo molto convincente che, durante la prima metà del ventesimo secolo e anche in seguito, i massimi ranghi dell'esercito statunitense e, in particolare, dell'intelligence militare, avevano convinzioni che oggi verrebbero universalmente definite espressioni di "teorie della cospirazione antisemita".
 
In parole povere, i leader militari statunitensi in quei decenni erano convinti che il mondo dovesse affrontare una minaccia diretta da parte degli ebrei organizzati, che avevano preso il controllo della Russia e, allo stesso modo, avevano cercato di sovvertire e acquisire il controllo degli Stati Uniti e del resto della civiltà occidentale.
 
Per quanto le affermazioni di Bendersky siano certamente straordinarie, egli fornisce un'enorme ricchezza di prove convincenti per supportarle, citando o riassumendo migliaia di file di Intelligence declassificati e supportando ulteriormente la sua tesi, attingendo alla corrispondenza personale di molti degli ufficiali coinvolti. Egli dimostra in modo conclusivo che, negli stessi anni in cui Henry Ford stava pubblicando la sua controversa serie The International Jew, idee simili, ma con un margine molto più nitido, erano onnipresenti all'interno della nostra stessa comunità di intelligence. In effetti, mentre Ford si concentrava principalmente sulla disonestà ebraica, sulle malversazioni e sulla corruzione, i nostri professionisti dell'intelligence militare consideravano l'ebraismo organizzato come una minaccia mortale per la società statunitense e la civiltà occidentale in generale. Da qui il titolo del libro di Bendersky.
 
Il Progetto Venona costituì la prova definitiva dell'enorme estensione delle attività di spionaggio sovietico negli USA, che per molti decenni era stata negata da molti giornalisti e storici tradizionali, e giocò anche un ruolo segreto cruciale nello smantellare quella rete di spie ostili alla fine degli anni '40 e '50. Ma Venona fu quasi bloccato solo un anno dopo il suo avvio. Nel 1944 gli agenti sovietici si accorsero del cruciale sforzo di decodifica dei loro codici e, subito dopo, riuscirono ad ottenere che la Casa Bianca di Roosevelt emanasse una direttiva che ordinava di chiudere il progetto e di abbandonare tutti gli sforzi per scoprire lo spionaggio sovietico. L'unica ragione per cui Venona sopravvisse, permettendoci di ricostruire in seguito la fatidica politica di quell'epoca, è che l’ufficiale della intelligence incaricato del progetto ha rischiato la Corte marziale disobbedendo all’esplicito ordine presidenziale e proseguì il suo lavoro.
 
Quell'ufficiale era il colonnello Carter W. Clarke, ma la sua immagine, nel libro di Bendersky, è molto meno positiva, essendo descritto come un membro di spicco della "cricca" antisemita che era il cattivo della narrazione. In effetti, Bendersky condanna in particolare Clarke per il fatto che sembra credere ancora nella verità storica dei Protocolli di Sion ancora negli anni '70, citando una lettera che scrisse a un fratello ufficiale nel 1977:
 
Se, e solo maledettamente SE, come affermano gli ebrei, i Protocolli degli Anziani di Sion sono stati fabbricati dalla polizia segreta russa, perché mai così tante delle cose che vi sono scritte si sono già verificate, e il resto viene così fortemente raccomandato dal Washington Post e dal New York Times?
 
I nostri storici devono sicuramente avere difficoltà a digerire il fatto straordinario che l'ufficiale responsabile del vitale Progetto Venona, la cui determinazione disinteressata lo ha salvato dalla distruzione da parte dell'Amministrazione Roosevelt, sia in realtà rimasto per tutta la vita convinto dell'importanza dei Protocolli degli Anziani di Sion .
 
Facciamo un passo indietro e posizioniamo le scoperte di Bendersky nel loro giusto contesto. Dobbiamo riconoscere che per gran parte del periodo coperto dalla sua ricerca, l'intelligence militare degli Stati Uniti costituiva quasi l'intero apparato di sicurezza nazionale - essendo l'equivalente di una CIA, una NSA e un FBI combinati - ed era responsabile sia della sicurezza interna che internazionale, sebbene quest'ultimo portafoglio fosse stato gradualmente assunto dall'organizzazione in espansione di J. Edgar Hoover alla fine degli anni 1920.
 
Gli anni di ricerca diligente di Bendersky dimostrano che per decenni questi professionisti con esperienza - e molti dei loro più importanti generali comandanti - erano fermamente convinti che i principali elementi della comunità ebraica organizzata stessero complottando spietatamente per impadronirsi del potere negli Stati Uniti, distruggere tutte le nostre tradizionali libertà costituzionali e, in definitiva, acquisire il dominio su tutto il mondo.
 
 
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