Rapporto sul processo di Salka Dahane


Tribunale di Prima Istanza di Salé – Marocco, 26 ottobre 2009


Premessa
Dopo l’arresto di sette militanti saharawi per i diritti dell’uomo, conosciuti col nome di Gruppo di Degja Lachgar l’8 ottobre 2009 che attualmente si trovano nella prigione della città marocchina di Salé per ordine del Giudice istruttore del Tribunale militare di Rabat, Mohamed Bekkali, le famiglie degli arrestati si sono recate in questa città per rendere visita ai familiari detenuti. E, dopo avere ottenuto un permesso di visita dal Giudice istruttore ed avere atteso diversi giorni a causa dell’ostruzionismo dell’Amministrazione penitenziaria, Salakeha Bayba, moglie del detenuto Ahmed Naciri, e Salka Dahane, sorella del detenuto Brahim Dahane, hanno finalmente potuto incontrare il loro congiunti il venerdì 23 ottobre.
All’ingresso della prigione sono stati sottoposti a un controllo rigoroso, e anche ad intimidazioni dirette ad intimidirli e scoraggiare le loro visite. In seguito, alla signora Salaka è stato consentito l’ingresso per avere un colloquio col marito, mentre la signora Salka Dahane è stata arrestata per il tentativo di introdurre 500 dirham ed è stata trasportata d’urgenza nei locali della Sureté nationale di Salé, dove è stata sottoposta ad interrogatorio da più di dieci funzionari in abiti civili. L’interrogatorio ha avuto ad oggetto l’attività di suo fratello Brahim Dahane e la sua recente visita ai campi dei rifugiati nel sud dell’Algeria. Ella ha ricevuto pressioni perché, in cambio della sua liberazione,  facesse una dichiarazione alla televisione marocchina nella quale prendesse le distanze e denunciasse le posizioni del fratello. Solo al suo rifiuto, è stata presentata al procuratore del Re che, in data 25 ottobre 2009, ne ha ordinato il trasferimento alla prigione con l’accusa di aver tentato di introdurre in prigione degli oggetti vietati. Nel contempo ha fissato la data del 26 ottobre per la sua comparizione davanti al Tribunale di 1° istanza di Salé.
Occorre precisare che Salka Dahane è una donna di quarantasette anni, sposata, madre di otto figli, tre dei quali bisognosi di cure particolari, e vive nella città di Laayoune, in Sahara Occidentale.

Il processo
-    La Signora Dahane è comparsa lunedì 26 ottobre davanti al tribunale di prima istanza di Salé in stato di arresto nell’aula n. 3. Il suo arrivo ha destato l’attenzione di tutti, ivi compresi i cittadini marocchini, per la particolare atmosfera che ha caratterizzato le fasi del processo, per la presenza di un gran numero di agenti di sicurezza che hanno scortato Salka Dahane nell’aula.
-    Il giudice era unico. Quando è stata chiamata la causa di Salka, l’avvocato Shawki Ojala ne ha preso la difesa, affermando che l’arresto della signora Slaka è avvenuto nella più flagrante violazione di legge e chiarendo le ragioni di tale proposizione. Ne ha chiesto infine l’immediata liberazione. Il rappresentante della Procura ha sostenuto che le doglianze della difesa costituivano semplici irregolarità amministrative, senza rilevanza giuridica, cosa che ha fatto ridere gli avvocati. Il giudice ha però posto termine a questo contraddittorio, esigendo che si passasse a trattare il processo nei suoi termini essenziali.
-     Il giudice ha quindi interrogato l’imputata, e per prima cosa le ha chiesto la ragione per la quale suo fratello Brahim era stato arrestato, la signora Dahane ha risposto che a sua conoscenza era solo il fatto che era stato arrestato all’aeroporto Mohammed V di Casablanca al suo rientro dall’estero. Ha poi raccontato al giudice nei dettagli quello che aveva subito nella stazione di polizia, in particolare le pressioni e le vere e proprie torture psicologiche subite. Ha inoltre denunciato le molestie subite da parte di oltre cinquanta prigionieri di diritto comune, con i quali ha trascorso  due giorni nella medesima cella, raccontando che alcuni di essi si sono spogliati, restando completamente nudi davanti a lei, e che ha ricevuto numerosi insulti sia dalle guardie che dai prigionieri, durante il periodo di fermo.
-    Dopo soli quindici minuti il giudice ha pronunciato il verdetto, condannando Salka Dahane a due mesi di prigione senza condizionale e ad un’ammenda di cinquecento dirham.

Note:
Si rilevano diverse violazioni di legge:
-    La famiglia Dahane non è stata informata dell’arresto
-    Al momento dell’interrogatorio non le è stata fatta alcuna contestazione, cosicché ella non conosceva l’accusa rivoltale
-    La sentenza è ingiusta e si fonda su ragioni politiche. Essa vuole essere un messaggio di minaccia rivolto alle famiglie dei detenuti del Gruppo Degja Lachgar, per scoraggiarli dal sostenere il loro congiunti, considerati dal Potere marocchino dei traditori.

Conclusioni
Il processo contro Salka Dahane è un processo politico, sia per la natura dell’inchiesta che per la qualità degli inquirenti e, infine, per la presenza massiccia degli agenti dei servizi segreti di informazione e di poliziotti in borghese davanti al Tribunale.
In quanto tale, noi deploriamo la ingiusta pena che è stata inflitta alla cittadina saharawi Salka Dahane, chiedendo a tutti gli organi e le organizzazione per la difesa dei diritti umani di sostenerla ed esigerne la liberazione

Salé, 26 ottobre 2009

ASVDH - CODAPSO




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