8 dicembre, 22° giorno di sciopero della fame


Questo inizio di terza settimana di sciopero della fame si apre male per molte ragioni, non solo per la salute di Aminatou Haidar che va peggiorando.
Il movimento internazionale di solidarietà con l’attivista Saharawi, dopo la vampata di iniziative dei primi giorni, appare oggi fermo. Non si hanno notizie di manifestazioni sotto le ambasciate del Marocco, per esempio, né di proteste contro i giornali (in Italia, soprattutto Repubblica e Corriere della Sera) che non hanno dedicato un solo rigo alla tragica vicenda.  Insomma sembra che tutto sia sospeso in una situazione di stallo dagli esiti nefasti, perché si avvicina a grandi passi il momento in cui Aminatou dovrà decidere se cessare la sua lotta (condannandosi così all’esilio e all’oblio) o sacrificare la sua vita.  Bobby Sands è morto dopo 66 giorni di sciopero della fame, ma era un colosso e non aveva passato 4 anni nei centri di detenzione marocchina. Quanto potrà resistere Aminatou?
Un altro punto debole della protesta è la situazione dei territori occupati. Non giunge notizia di alcuna manifestazione, di alcuna iniziativa di lotta. E’ vero che la repressione marocchina ha decapitato la dirigenza dell’intifada e che la polizia marocchina è pronta a punire in modo severissimo ogni segno di insubordinazione, ma è anche vero che il silenzio che regna nei territori occupati consente al governo marocchino di annunciare orgogliosamente che “la pace regna nelle province del sud”, a dimostrazione della tesi che i separatisti sono una minoranza sganciata da ogni radicamento di massa.
Il Marocco inoltre è passato all’offensiva, accompagnando la sua intransigenza alla minaccia di rivedere gli accordi con la Spagna ( e con l’Europa) in tema di immigrazione. Prospettiva capace di atterrire i governi europei, timorosi di vedere le proprie coste nuovamente invase da nuove ondate di migranti maghrebini e sub sahariani.

Lo stato di salute di Aminatou
La novità è soprattutto quella che il giudice Jeronimo Alonso ha comunicato nel pomeriggio di ieri la sua decisone circa la denuncia presentata dalla Delegazione del Governo alle Canarie nella quale assicura che "non è possibile il ricovero forzato di Aminetu Haidar in un centro sanitario affinché si valuti il suo stato di salute o affinché sia sottoposta a trattamento medico contro la sua volontà."
 L'attivista saharaui aveva annunciato, sempre ieri attraverso un portavoce, di rinunciare ad ogni visita medica, compresa quella del suo medico di fiducia, e di proibire le visite di qualunque altro medico. Secondo l'avvocato di Haidar, Inés Miranda, nel caso in cui l'attivista saharaui svenga o perda la coscienza, bisognerebbe applicare la Legge di Autonomia del Paziente del 2002 dove si "stabilisce che le persone che si trovino in questa situazione dispongono della loro volontà e sono loro a decidere realmente cosa fare in questi casi". La saharaui ha espresso già la sua volontà in un documento che ha firmato davanti al notaio e sarà resa pubblica quando se ne presentasse la necessità, hanno confermato fonti vicine all'attivista.  
Le valutazioni mediche sullo stato della salute dell'attivista sono contraddittorie. Mentre il medico che la cura come volontario dice che sta molto male, i risultati della visita fiscale di ieri sera concludono che lo stato di Haidar non è tanto grave.
Davanti a questa contraddizione, il giudice ha deciso di inviare un altro medico per esaminare l'attivista. Ma Haidar ha risposto con un rifiuto di qualunque visita medica.  
Entrambe le valutazioni mediche concordano però sul fatto che Haidar è “pienamente lucida” e ragiona con "assoluta chiarezza". Così, secondo il suo avvocato, non è possibile procedere ad alimentazione forzata, poiché la stessa paziente ha espresso "chiaramente la sua volontà, la sua decisione autonoma e indipendente di continuare lo sciopero della fame."

La famiglia di Haidar è “terrorizzata”
Habla Bachir Lejfani, compagno dell’attivista, ha dichiarato ieri a Laayoune che tutti, familairi e compagni di lootta, sono “vicini ad Aminatou e la sosterranno, qualsiasi sarà la sua decisione”.
Darja, sua madre, “vive terrorizzata per sua figlia…. E per il resto della famiglia che sta a Laayoune, assediata dalla polizia”. La loro abitazione è sorvegliata 24 ore su 24 e "viene loro impedito di incontrare i media e gli osservatori internazionali", spiega Lejfani, che si lamenta altresì del fatto che nessun esponente della MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale) "si è  messo  in contatto con la famiglia di Haidar qui a Laayoune”.

Il ricatto del Marocco
Il ministro marocchino degli Affari Esteri, Taieb Fassi Fihri, ha accusato l'attivista saharaui Aminetu Haidar di essere l’unica responsabile della situazione in cui si trova e di non essere un difensore dei Diritti umani, bensì un membro del Fronte Polisario.
Fin qui, tutto normale potrebbe dirsi. Poi il ricatto: ha chiesto alla Spagna, paese con il quale il Marocco vuole costruire il futuro, se intenda cooperare con loro in materia di immigrazione e per combattere l'insicurezza, oppure voglia farlo con quelli che "non vogliono né Magreb né Europa."  
Fassi Fihri ha ricordato che il Marocco non ha "mai" fatto un accordo con la Spagna venerdì scorso, affinché Haidar ritornasse a Laayoune e si è chiesto "fino a dove questa vicenda arriverà ad  influenzare le relazioni ispano-marocchine". "È da anni che costruiamo pazientemente queste relazioni nel reciproco interesse ed abbiamo fatto molto. È a questa Spagna alla quale mi rivolgo", ha aggiunto  il ministro in una dichiarazione alla stampa a Bruxelles.
Ha ricordato che Spagna e Marocco hanno fatto "molto" per costruire il futuro e che "quando ci sono problemi di immigrazione, è con noi che parla non con qualcun’altro" o "quando ci sono problemi di insicurezza o prospettive di investimento". "È con quel Marocco che vogliono costruire il futuro, oppure con chi non vuole nè Magreb né 'Europa"?, ha ribadito Fassi Fhiri.
Non dubitiamo che la pavida diplomazia spagnola tremerà al pensiero che il Marocco possa aprire, per ritorsione, le porte di uscita verso la Spagna a migliaia di marocchini e sub sahariani.

E la provocazione
Da ultimo, la provocazione. L’Associazione per il Sahara marocchino (una organizzazione al soldo del governo) ha annunciato che una delegazione di sedici persone è arrivata a Lanzarote e comincerà uno sciopero della fame nell’aeroporto stesso, a qualche metro dal luogo dove si trova Aminatou Haidar. Non si sa se si tratti di un fatto vero o di pura propaganda a fini interni, fatto sta che la cosa creerebbe non poca confusione. Peraltro, secondo quanto riportato da Aujourd’hui le Maroc, due esponenti dell’associazione, il presidente Mohamed Réda Taoujni e Fatiha Bouchouima, hanno provocatoriamente omesso di riempire, arrivando a Las Palmas, la casella della “nazionalità” sulla carta di imbarco. Risultato? E’ stato loro fermamente intimato di riempirla, altrimenti sarebbe stato loro interdetto l’ingresso in Spagna e sarebbero stati rispediti a Laayoune. I due hanno “resistito” quaranta minuti per “testare” la fermezza della posizione spagnola, poi hanno ottemperato agli ordini.










 

 

 

 

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