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Hanno vinto come Aminatou !


Tra il 21 ed il 22 febbraio, con diversi aerei, undici militanti saharawi dei territori occupati sono partiti per i campi di Tindouf, nel deserto algerino, dove da oltre trentacinque anni vive una parte del loro popolo, fuggito dagli orrori della guerra di occupazione marocchina.
Il loro obiettivo era duplice: da un lato rendere visita ai loro fratelli separati, conoscerli e farsi conoscere; dall’altro sfidare il regime dell’occupante marocchino che considera questi viaggi come un attentato alla sicurezza dello Stato (marocchino) ed una manifestazione di “tradimento”. Nell’ottobre scorso altri sette militanti erano stati arrestati al loro rientro a Casablanca e sono ancora oggi detenuti nel carcere di Salè, accusati di crimini gravissimi, per i quali è prevista anche la pena di morte.
Il pericolo della prigione, e la prospettiva di essere accusati di delitti così gravi, non hanno fermato Ambarka Aalina, Izana Amaidane, Ennaama Asfari, Brahim Sabbar, Ahmed Sbai, Hamia Ahmed, Aatiko Baray, Brahim Ismaili, L’Amjaid Sid Ahmed, Tahlil Mohammed e Banga Sheikh, che hanno deciso di partire ugualmente, con l’idea che i diritti bisogna praticarli, non solo rivendicarli. Ambarka Aalina si è portata appresso anche la sua bambina di meno di un anno.
Sono restati nei campi di Tindouf una quindicina di giorni, sono stati festeggiati e hanno condiviso qualche giorno coi loro fratelli lontani, hanno bevuto molto the e sono stati anche ricevuti dai vertici del Fronte Polisario, l'organizzazione che rappresenta tutto il popolo saharawi.
Il 7 marzo sono rientrati a Casablanca, con voli diversi. Era possibile, anzi molto probabile, che sarebbero stati arrestati già all’aeroporto. Hanno accettato la sfida.
Vero è che dall’ottobre scorso, quando i sette che li hanno preceduti vennero arrestati con gran clamore mediatico al loro rientro in Marocco, sono passati diversi mesi che sembrano secoli… C’è stata nel frattempo la vicenda di Aminatou Haidar, che ha costretto l’arroganza marocchina a piegarsi di fronte alla forza ed alla ragione della militante saharawi e all’indignazione della comunità internazionale. Ma nulla era scontato.
Ieri abbiamo dato notizia del loro atterraggio a Casablanca senza problemi, ma c’era ancora un passo da fare: bisognava giungere a Laayoune, nei territori occupati, dove è più forte e pressante il controllo poliziesco.
Oggi apprendiamo che, all’una di questa notte, tutti e undici sono rientrati a Laayoune senza essere fermati dalla polizia.
Che era perfettamente al corrente del loro arrivo, tanto che aveva circondato l’aeroporto, impedendo a molti militanti e familiari di recarsi ad accoglierli, e che però alla fine non ha impedito che gli undici si ritrovassero tutti insieme, con le famiglie e i compagni di lotta, nell’abitazione di Ahmed Sbai, insieme anche a Cristina Martinez, Raymonde Motte, Javier Sopena, Maria Angels e Joelle Toutain, gli osservatori internazionali che li hanno accompagnati nel viaggio di rientro.
Hanno festeggiato fino alle quattro di notte, e a ben ragione… dopo Aminattou, anche loro hanno vinto!