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Il Marocco riconosce che 163 saharawi sono stati arrestati a Laayoune

Rabat nega la scomparsa di un attivista saharawi e fonti ospedaliere hanno confermato la morte di altri due ufficiali delle forze di sicurezza marocchine .- Il Polisario denuncia l’uccisione di 19 persone e le notizie che ci pervengono da Laayoune parlano di cadaveri ritrovati nei pozzi o che giacciono ancora nelle strade.-Il Ministro degli esteri spagnolo, Trinidad Jimenez, ha chiesto che sia consentito ai giornalisti di entrare a Laayoune

Le autorità marocchine hanno arrestato 163 persone per i disordini provocati dal violento smantellamento del campo Saharawi vicino a Laayoune, come ha annunciato questa mattina il capo della polizia, Mohamed Dkissi. La cifra è superiore ai 159 dispersi lamentati ieri dal Fronte Polisario, l'organizzazione di lotta per l'indipendenza per il territorio. Il Marocco ha anche smentito la scomparsa dell’ attivista saharawi Ennâama Asfari, 40 anni, denunciata invece dal Polisario. Nel frattempo, fonti ospedaliere hanno riferito del decesso di altri due ufficiali delle forze di sicurezza marocchine,  a causa delle ferite subite nel corso dell’azione di smantellamento del campo di Gmeil Izik. Sale dunque a dieci il bilancio ufficiale delle vittime tra le forze di sicurezza. Re Mohamed VI ha dichiarato in un dispaccio diffuso dalla agenzia di stampa ufficiale MAP che pagherà di tasca sua le spese di sepoltura e di ospedalizzazione dei militari feriti.
Da parte sua, il Polisario ha portato a 19 il bilancio dei morti tra la popolazione saharawi, denunciando lo “stato di terrore" in atto in Sahara Occidentale, dove i funzionari marocchini lasciano i cadaveri in strada per diffondere il panico tra la popolazione. La notte scorsa, il ministro degli Esteri spagnolo, Trinidad Jimenez, in viaggio in America Latina, ha chiamato Rabat per chiedere che i giornalisti fossero autorizzati a entrare in zona. Il rappresentante della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) e del Fronte Polisario all'Onu, Amhed Bukhari, si è rammaricato che il governo spagnolo abbia deciso di gettare "acqua sul fuoco” provocato dal Marocco col recente attacco militare contro il campo di Izik Agdaym.
Egli ha inoltre ammesso che la delegazione Saharawi aveva valutato la possibilità di ritirarsi dalla riunione informale di Manhasset, ma ha poi deciso di andarvi ugualmente per "tenere aperta la prospettiva di pace."
"La posizione del governo spagnolo è stato molto al di sotto delle necessità, come quella dei  francesi che sono alleati del Marocco", ha detto Bukhari a Radio Nacional spagnola. Aggiungendo: "Avevamo sperato che la Spagna avrebbe assunto posizioni più nette, almeno per venire in difesa della popolazione civile".
Il ministro degli Esteri del Marocco, Taib Fassi Fihri, ha avvertito la necessità di "un nuovo slancio" nei negoziati sul Sahara occidentale, mentre Khatri Addouh, il capo della delegazione Saharawi ai colloqui informali in corso vicino a New York, ha insistito sulla "legittimità della causa" del Fronte Polisario, sancita dal diritto dei Saharawi alla "libertà e all’indipendenza".

Ancora notizie drammatiche
Intanto, da Laayoune, continuano a giungere messaggi drammatici. E’ della serata di ieri la segnalazione del rinvenimento dei corpi senza vita di tre Saharawi nel fiume Saguia el Hamra. Due di essi sarebbero stati uccisi da colpi di arma da fuoco, il terzo schiacciato da un'auto.
Verso le cinque del pomeriggio di ieri, un bambino di sette anni Saharawi sarebbe stato ucciso nel quartiere di Duerat, nel corso delle scorribande violente delle ronde di coloni, spalleggiate dall'esercito marocchino. Ieri sera ancora, tra il quartiere Hay El Awda e il fiume Saguia el Hamra, sarebbero stati ritrovati i corpi di altri quattro Saharawi.
Oggi ancora un nostro corrispondente ci informava del ritrovamento di sette cadaveri in un pozzo.
Notizie che speriamo non siano confermate, ma che segnalano una situazione terribile e tutt’altro che pacificata. Lo stesso corrispondente ci diceva che le autorità starebbero ripulendo la città e cancellando tutte le “prove del delitto”, prima di autorizzare l’ingresso della stampa straniera