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Medak Pocket, Croazia 1993, un massacro impunito

1993-2013: A vent'anni dal massacro della " Sacca di Medak"

Enrico Vigna (*)



" Sacca di Medak" nella Krajina, regione nel sud della Croazia:



 

Settembre 1993 : esattamente venti anni fa, l’esercito secessionista croato con più di 2.500 soldati, appoggiati da carri armati, lanciarazzi e artiglieria, “sfondava”, a Medak, le linee di resistenza delle milizie volontarie di autodifesa della Repubblica Serba di Krajina e occupa la cittadina e i villaggi a sud e a sud-est della città di Gospic e l’intera zona.

In quell’area operavano dei soldati canadesi, facenti parte delle forze di interposizione dell’ONU. Essi chiesero che fosse loro consentito di essere presenti alla occupazione della città e dei villaggi, per proteggere i civili, ma i secessionisti croati rifiutarono e, solo dopo violenti scontri durati 16 ore tra canadesi e croati, con 27 miliziani croati uccisi, questi ultimi dovettero accettare le ispezioni. Fu così che i terribili sospetti delle forze canadesi di pace trovarono conferma ( in questo caso va dato atto di una reale volontà di essere forza di pace neutrale, tant'è che il governo canadese ha decorato i propri soldati che parteciparono a quegli avvenimenti con coraggio e lealtà, fedeli ai propri compiti).

In meno di 20 ore, i miliziani croati avevano già commesso innumerevoli crimini: massacri, incendi, violenze efferate contro vecchi, bambini, donne serbe e rom, mutilando e violentando ferocemente.

Il numero complessivo degli assassinii perpetrati in quei nove giorni non è mai stato accertato con precisione, ufficialmente sono 88, tra cui 18 donne e, a eccezione di sei poliziotti, tutti civili, ventisei dei quali anziani. Ma si sospetta siano stati in realtà oltre cento, considerando i dispersi e scomparsi.

Alcuni giorni dopo il massacro, le forze croate hanno consegnato ai serbi 52 corpi; membri delle forze di protezione dell’ONU (UNPROFOR) operanti nella zona, hanno consegnato altri 18 corpi trovati nei campi intorno a Medak, mutilati e bruciati; altri 11 corpi furono trovati nascosti nella fossa delle fogne. Nel corso degli anni, altri corpi sono stati periodicamente ritrovati,  sparsi nella zona.

Le milizie secessioniste croate  hanno dapprima saccheggiato e poi raso al suolo tutti e tre i villaggi intorno a Medak: Dioselo, Citluk e Pocitelj, e dozzine di frazioni vicine hanno subito le conseguenze della strategia della “terra bruciata”, praticata dagli Ustascia croati.


Il portavoce UNPORFOR Shannon Boyd ha pubblicato un rapporto nella capitale croata, Zagabria, il 18 settembre 1993, nel quale si dice: “…le truppe dell’UNPROFOR hanno trovato 11 piccoli villaggi nella valle di Medak, completamente distrutti (…). E’ stato verificato che la distruzione è sta ben organizzata, sistematica e totale. Le case sono state ridotte in macerie dalle detonazioni e gli animali morti hanno reso invivibile l’area..”.

 

   
Il massacro è durato dal 9 al 17 settembre 1993, il comandante in Croazia delle forze ONU, il Generale francese Jean Cot, ha detto che i battaglioni francese e canadese “ …non potevano prevedere il massacro dei serbi, inclusi giovani e bambini, da parte dei croati...”, testimoniando che le truppe croate non avevano lasciato "…nemmeno un gatto vivo…” a Medak.

Nel rapporto dell’UNPORFOR pubblicato il 19 settembre 1993, il Generale Cot ha affermato: “…Non ho trovato segno di uomini o animali vivi nei diversi villaggi attraverso i quali siamo passati oggi. La distruzione è totale, deliberata e sistematica…”.
                        


 

Il peacekeeper canadese, Tony Spiess, è stato uno dei tanti soldati canadesi che hanno sofferto di incubi, dopo essere stato testimone della ferocia delle milizie croate. “…La milizia croata cercava di impedire che le truppe canadesi potessero divulgare le notizie, circa le operazioni di pulizia etnica dei villaggi serbi che praticavano, dice Spiess, confermando i racconti ricostruiti nel libro del 2004, scritto da Carol Off e intitolato “I fantasmi di Medak Pocket: la storia della guerra segreta canadese…”.

Testimoni diretti della strage sono stati i soldati dei tre plotoni del Princess Patricia's Canadian Light Infantry, forze canadesi di pace, comandate dal tenente colonnello J. Kevin.: “… quando gli spari, i bombardamenti e il caos furono finalmente cessati a Medak, con nessuna vittima tra le file canadesi, una delle cose che Spiess ricorda di più era la puzza di morte proveniente dappertutto, uomini e cavalli.

“Quella puzza non se ne andrà mai”, ha detto.

Mentre Spiess ed un suo compagno canadese camminavano tra le macerie del villaggio serbo distrutto, i croati tentarono di fermarli, per non far loro vedere i corpi bruciati che erano ovunque.

"…Prima delle ore 10 del mattino, un ombrello denso di fumo copriva tutte le quattro cittadine della sacca di Medak, i croati hanno cercato di uccidere o distruggere tutto ciò che vi era nella loro scia…"

Spiess in modo angosciante ricorda "… i corpi di due giovani ragazze serbe legate a due seggiole a dondolo, con le braccia legate dietro alla schiena. Stavano ancora fumando…è stata una totale devastazione”.
 
“…le ragazze erano state stuprate, poi uccise a colpi di pistola e poi bruciate”
.

Il tenente colonnello J. Kevin dichiarò alla Reuters: "…alti ufficiali delle Nazioni Unite hanno valutato che ai soldati croati era stato ordinato dal comando più alto di distruggere quei villaggi. Questo poteva essere stato ordinato solo da generali di alto grado….".

"…Ademi dovrebbe essere chiamato a rendere conto", dice Kevin.
"…Nessun soldato, degno di essere così chiamato,  dovrebbe essere in grado di cavarsela con quello che è stato compiuto..."

"…Avremmo potuto vedere cosa stava succedendo dalle nostre postazioni sicure…", dice Kevin. " Ma i miei soldati sapevano che il loro ruolo era quello di proteggere i deboli e gli innocenti, e sono stati assolutamente ligi a questo loro dovere…".


Un altro testimone, l'ufficiale Green: "…Ogni edificio sul loro percorso era stato demolito e molti erano ancora fumanti. Cadaveri giacevano sul ciglio della strada, alcuni gravemente mutilati e altri bruciati e irriconoscibili…. Sapevamo che sarebbe stato brutto…"
"…ma le cose che abbiamo trovato e visto sono state peggio di qualsiasi cosa che ci aspettavamo..."


I canadesi hanno documentato tutto ciò che hanno visto. I rapporto di Kevin contribuirono a sollecitare il Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia ad emettere un atto d'accusa, nel 2001, contro Ademi, per crimini contro l'umanità. Reso pubblico, il Rapporto è una lista brutale di omicidi e torture. Tra le vittime: Sara Krickovic, donna, 71 anni, gola tagliata; Pera Krajnovic, donna, 86, bruciata a morte; Andja Jovic, donna, 74 anni, picchiata e poi uccisa con proiettili. In tutto, le forze canadesi trovarono 16 cadaveri mutilati - alcuni con gli occhi cavati.
                                 


 

Il Dott. Z. Karan specialista di medicina legale che ha esaminato i corpi mutilati scrisse nei referti: "…gli ematomi di sangue e le contusioni sono stati causati da colpi di uno strumento meccanico sordo…Le vittime venivano poi spinte nel fuoco, mentre ancora in vita. Molti avevano ferite da taglio ... Non è necessario commentare come i prigionieri sono stati trattati… "

 




L’unica sopravissuta, Ivanka Rajcevic, ha raccontato così gli eventi vissuti: “… io e mio figlio stavamo dormendo in casa. E’ stato intorno alle 6 della mattina quando una granata ha colpito una delle case che è andata immediatamente in fiamme. Ho chiamato mio figlio. Lui mi ha detto: mamma, non lasceremo la casa per causa dei bombardamenti…Poi ho sentito un Ustascia muoversi intorno alla casa. Si è avvicinato alla finestra e mi ha vista. Ha caricato una granata  e l’ha gettata in casa. Quando è esplosa è rimasto a guardare se mi aveva uccisa. Ero rimasta solo ferita, ma ho finto di essere morta. Allora è andato dietro alla casa e ha cominciato a sparare con un fucile automatico (…). Gli altri sono arrivati successivamente davanti alla casa su mezzi di trasporto e un carro armato. Non sono rimasti a lungo, ma quattro Ustascia sono rimasti davanti alla porta. Non parlavano la nostra lingua, credo parlassero tedesco (…probabilmente parlavano olandese, lingua simile al tedesco, infatti è stato successivamente accertato che 13 fascisti olandesi presero parte al massacro…). Quando altri due Ustascia si sono uniti a loro hanno chiesto all’interprete di tradurre. L’interprete ha detto:
"Questo è un villaggio serbo, tagliate tutte le gole, anche ai gatti! Uccidete tutto, niente deve rimanere dietro di noi, neppure i bambini…”.
Un certo numero di loro indossava maschere nere, una trentina di loro o forse di più. Quando si sono sparsi in tutto il villaggio ed hanno cominciato ad incendiare  tutte le case, sono andata nell’altra camera per vedere se mio figlio fosse tornato indietro. Non c'era. Allora sono uscita dalla casa così che non mi potessero bruciare viva. A gattoni sano passata attraverso le staccionate di siepi per scappare.
Dietro ad una fitta siepe mi sono bendata la ferita e sono rimasta là tutta la notte e tutto il giorno successivo….”


                                     

DOPO VENT'ANNI  la Giustizia dell'occidente è stata fatta:
un solo colpevole condannato ad una pena di 6 anni di prigione.
 
A quel tempo la corte della Nato all'Aja, aveva annunciato i capi d’imputazione contro tre generali delle milizie secessioniste croate per il massacro di Medak Pocket: il kosovaro albanese Rahim Ademi e i croati Janko Bobetko e Mirko Norak, tutti  accusati di crimini contro l’umanità e di violazione delle leggi e dei trattati di guerra.

Agim Ceku, un altro criminale di guerra kosovaro albanese, che comandava le truppe croate che massacrarono i serbi di Medak, non è mai stato raggiunto da alcuna accusa. Al contrario, gli venne  persino affidata negli anni scorsi la presidenza del governo di transizione in Kosovo, sotto l’Amministrazione della Missione delle Nazioni Unite (UNMIK); in quanto era stato tra i più noti comandanti la  guerriglia terrorista dell'UCK, nella provincia serba del Kosovo Metohija.


Secondo le testimonianze e le prove documentate presso l'UNPROFOR, le milizie e spesso anche civili croati “...hanno sistematicamente saccheggiato” la popolazione serba e i piccoli villaggi durante e dopo l’assalto delle forze militari, “… appropriandosi di beni personali, elettrodomestici, mobili, dalle case che stavano per essere distrutte; rubando animali ed attrezzature dalle fattorie, smantellando case e fabbricati e trasportando via tutto ciò con camion; hanno sistematicamente distrutto 164 case e approssimativamente 148 altri fabbricati (e tutto ciò che contenevano) con l’utilizzo di fuoco ed esplosivo…".

La stessa ex Procuratrice Capo dell'Aja, Carla Del Ponte, ha dichiarato che, durante una settimana di orgia di sangue, le truppe croate hanno mutilato e ucciso contadini serbi “…sparando, accoltellando, tagliando dita, colpendo brutalmente col calcio del fucile, bruciando con sigarette, saltando sui corpi, legando i corpi a una macchina e trainandoli lungo la strada, effettuando mutilazioni e altre forme di torture…".

Per illustrare le crudeltà senza paragoni delle milizie croate, le accuse evidenziano il caso di due donne: Boja Pjevac, che, dopo essere stata stuprata, è stata mutilata e poi il suo corpo è stato sezionato e Boja Vujanvic che, dopo essere stata stuprata, è stata bruciata viva. e mentre lei agonizzava, intorno a lei i suoi carnefici ridevano e ballavano.

Anche quattro membri della 9° Brigata detta i "Lupi", ed un ex membro dei Servizi Militari Segreti croati sono ancora indagati a Zagabria, per crimini di guerra contro civili e prigionieri di guerra per gli eccidi di Medak: J. Krmpotic, uno dei comandanti la Brigata, I. Jurkovic, M. Petti e V. Solaja membri della stessa e K. Tomljenovic ex agente del SIS croato.

Krmpotic e Solaja erano stati testimoni di difesa nel processo del cosiddetto "gruppo Gospic", comandato dai generali Mirko Norac e Tihomir Oreskovic, che erano accusati di crimini di guerra nell'area di Gospic…

GIA'  per il 1991 e 1992.


Ma, alla fine, non è stato istituito alcun  processo all'Aja contro i generali croati che hanno guidato l’eccidio contro i serbi di Medak Pocket.

Nel settembre del 2005 il Tribunale Penale dell'Aja ha trasferito il caso del massacro di Medak   alle autorità giudiziarie croate che, prontamente, hanno assolto Rahim Ademi e riconosciuto colpevole Mirko Norak con una vergognosa condanna a 6 anni di prigione, chiudendo così il fascicolo del massacro di Medak Pocket.

Un uomo condannato a sei anni di prigione per la distruzione di tre villaggi e 11 piccoli paesi rasi al suolo, 88 vite portate via nella maniera più feroce e per una sistematica persecuzione e liquidazione della popolazione serba ed anche rom nella regione.


….E quando e quanto si sono alzate forti le voci e l'indignazione dei pacifinti, dei "dirittumanisti", degli info/ disinformatori di casa nostra?!

In compenso uno dei massimi esponenti militari delle forze secessioniste croate, il kosovaro albanese Agim Ceku, ricercato e condannato come criminale di guerra in Serbia, poi diventato uno dei comandanti del terrorismo secessionista albanese in Kosovo….è stato ricevuto negli USA nel 2006 con i massimi onori.

Qui sotto con Condoleezza Rice…

                          


 

(*) portavoce del Forum di Belgrado Italia