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TelQuel 16-22 febbraio 2008

 

Il Parlamento turco ha votato l’emendamento di due articoli della Costituzione che oramai permettono di portare il velo negli istituti universitari. Una decisione che ravviva la tensione tra laici e conservatori

 

Turchia – La polemica sul velo

 

di Abdeslam Kadiri

 

Bisognava aspettarselo. L’autorizzazione data dal Parlamento turco sabato scorso, in seconda lettura, a portare il velo nelle università, ha ravvivato lo scontro tra laici e islamisti. Lo stesso giorno decine di migliaia di persone (100.000 secondo la polizia, 200.000 secondo la televisione) sono scese in piazza ad Ankara. Altre manifestazioni ci sono state in cinque altre città del  paese. “La Turchia è laica e resterà laica”, ha scandito la folla. “Difendiamo i valori della Repubblica”, gridavano altri.
La manifestazione, che è durata tre ore, è stata indetta da più di 70 sindacati ed ONG, tra cui diverse associazioni femministe. Essa dimostra la profonda divisione nel seno della società turca sulla questione del velo. Dopo che il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP, il partito al potere che viene dal movimento islamista) ed il Partito del movimento nazionalista (MHT, opposizione di estrema destra) hanno realizzato una unione sacra per far passare con una maggioranza schiacciante (411 contro 103) questo emendamento così controverso. Il Presidente Abdullah Gul deve oramai dare il suo avallo.

 

Islamizzazione della società?
Il campo laico, nel quale figurano i Kemalisti, i partiti della sinistra, i giudici e gli universitari, si oppone a questa riforma. Il loro primo atout è evidentemente l’esercito, estremamente attento alla questione della laicità. L’élite laica considera gli emendamenti apportati alla Costituzione dai parlamentari molto pericolosi, perché danno un serio colpo alla separazione tra religione e stato e potrebbero accelerare quella che viene definita “l’islamizzazione rampante della società turca”. I laici temono soprattutto che questa riforma possa aprire la strada al velo anche negli uffici amministrativi e nell’insegnamento secondario, dove resta vietato, e possa aumentare la pressione sulle donne perché portino il foulard.
Ma il campo conservatore è di contrario avviso. Fin dal suo arrivo al potere nel 2002, l’AKP non ha mai smesso di contestare il divieto del velo, ritenendo che tale divieto, imposto da un colpo di stato militare e fondato sulla giurisprudenza, costituisca una lesione della libertà di coscienza e del diritto all’educazione. Ancora meglio: secondo il partito islamico l’emendamento è coerente con i caratteri secolari del regime, perché attenua le discriminazioni di cui sono vittima le ragazze che portano il velo. Improvvisamente il Presidente e il Primo Ministro giustificano la riforma in nome delle libertà religiose e individuali, in un paese che bussa alla porta dell’Unione Europea. “Nessuno può essere privato del diritto all’educazione superiore”, dice l’articolo più importante della riforma, allusione appena velata (è il caso di dire)… alle ragazze che portano il foulard. L’interdizione del velo nelle università vige dagli anni ’80. Essa è stata rafforzata nel 1997, quando i generali turchi hanno costretto alle dimissioni un governo che ritenevano troppo vicino all’islam politico.

 

La fronda delle università
“In pratica, c’è da temere che momenti di tensione possano esservi in primo luogo nelle università”, ha affermato, in una dichiarazione all’AFP, l’intellettuale di sinistra Ahmet Insel, economista all’università di Galatasaray. “Si stanno formando due campi contrapposti. E alcuni rettori si preparano a montare la guardia alla porta dei loro istituti per impedire l’ingresso di studentesse velate”. E in effetti alcuni dirigenti universitari hanno già avvertito, con un documento collettivo, che la legalizzazione del foulard potrebbe comportare degli scontri e il boicottaggio dai corsi da parte di alcuni insegnanti. “Questi cambiamenti nella Costituzione e nella legge spingono la repubblica turca inevitabilmente verso uno Stato religioso”, insiste Mustapha Akaydin, presidente del Consiglio delle università turche.
L’ultima speranza dei laici è oggi nella decisione della Corte Costituzionale. Il principale partito di opposizione, il Partito repubblicano del popolo (CHP, socialdemocratico), ha infatti preannunciato un ricorso davanti alla Corte, sostenendo che la riforma violerebbe il principio di laicità.
Per calmare le acque, il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato più volte che la revoca del divieto sarà “limitata alle università (…) e che si tratta solo di porre fine ad una situazione ingiusta patita dalle studentesse”. “Non abbiamo intenzione di estendere questa misura ad altri settori”, ha rassicurato. Lo stesso Erdogan ha anche dichiarato a più riprese che il suo governo non intende “per il momento” rev9care il divieto del velo nelle amministrazioni pubbliche.
D’altro canto l’autorizzazione a portare il velo non soddisfa il campo islamista, dove alcuni hanno criticato una riforma affrettata e i più ortodossi si dolgono del fatto che il solo velo autorizzato sia il foulard tradizionale, allacciato sotto il mento.

 



 

Laicità – Ataturk, l’iniziatore

In Turchia l’emancipazione della donna è opera di Mustapha Kemal, che aveva, fin dal 1930, pronunciato “il discorso sulla legge di emancipazione della donna”, nel quale proclamava che “una nazione che vuole progredire non può ignorare la metà del suo popolo”. Il movimento è cominciato negli anni ’20, con un nuovo codice civile che riconosceva l’eguaglianza dei sessi in tutti i settori: divorzio, eredità e autorità parentale. Diventa obbligatorio il matrimonio civile ed è introdotto il divorzio, mentre ripudio e poligamia sono rigorosamente vietati.
Il regime di Mustapha Kemal si è apertamente opposto al velo (accettando però il foulard che non copre il volto) del quale ha fatto un simbolo dell’oppressione della donna da parte della religione. Risultato: il velo è sparito totalmente nelle grandi città e la sua presenza è fortemente diminuita nelle campagne.
Ma da qualche anno la questione della laicità (soprattutto quella del velo) è diventata un elemento centrale nella vita politica turca. Quattro poli si contendono il campo su questa questione: i kemalisti (partiti di sinistra, universitari, esercito), i tre partiti della destra (conservatori classici), i fondamentalisti (reti di predicatori delle Tarikat sannite) e il movimento politico islamista.