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Macedonia, maggio 2015 - Il piano diabolico che mira a destabilizzare la Macedonia, ordito dall’assistente alla Segreteria di Stato USA, Victoria Nuland, dall’ambasciatore statunitense in Macedonia, Jess Baily, e dai leader dell’opposizione social-democratica, Zoran Zaev e Branko Crvenkovski è entrato in una fase critica (nella foto, manifestazioni contro il governo a Skopje)

 



Strategic-culture, 12 maggio 2015 (trad. ossin)


“Rivoluzione colorata” in Macedonia

Wayne Madsen


Il piano diabolico che mira a destabilizzare la Macedonia, ordito dall’assistente alla Segreteria di Stato USA, Victoria Nuland, dall’ambasciatore statunitense in Macedonia, Jess Baily, e dai leader dell’opposizione social-democratica, Zoran Zaev e Branko Crvenkovski – in qualche modo, gli Arseny Iatzeniouk e Petro Poroschenko di Macedonia – è entrato in una fase critica. Alcuni elementi del sedicente dissolto Esercito di Liberazione del Kosovo (ELK) moltiplicano infatti le incursioni terroriste sul territorio macedone, a partire dal Kosovo



Il progetto del Dipartimento di Stato USA e delle sue comparse macedoni, Zaev e Crvenkovski, mira ad abbattere il governo democraticamente eletto del Primo Ministro Nikola Gruevski e del Presidente Georgy Ivanov, attraverso una sollevazione organizzata dagli agenti profumatamente pagati di George Soros. I protagonisti di questo colpo di Stato, ivi compresi quelli che in Macedonia sono oramai conosciuti col nome di Sorositi, sperano di rovesciare il governo che garantisce l’indipendenza della Macedonia.

Il nuovo governo che vogliono varare comincerà con l’annullare il progetto di gasdotto Turkish Stream, che dovrebbe trasportare il gas naturale dalla Russia in Europa centrale attraverso la Turchia, la Grecia, la Macedonia, la Serbia e l’Ungheria. Avvierebbe anche negoziati con la Grecia, l’Unione Europea e la NATO per rinunciare al nome di Macedonia, in vista dell’adesione alla UE e alla NATO. Infine soddisferebbe le aspirazioni dei nazionalisti albanesi di Albania e Kosovo nelle regioni a maggioranza albanese di Macedonia, vale a dire consentirebbe la loro secessione perché possano unirsi alla Grande Albania.

E’ la crescita dell’irredentismo nazionalista albanese lungo la fragile frontiera albanese-kosovara a costituire la maggiore minaccia per l’integrità politica e territoriale della Macedonia. I primi segnali di disordini lungo questa frontiera si sono manifestati in aprile, con l’attacco contro un posto di polizia macedone di frontiera a Gosince da parte di 40 uomini armati che portavano le insegne dell’ELK, formalmente fuori legge. Ciò avveniva mentre il ministro kosovaro degli affari esteri Hashim Thaci, ex leader dell’ELK, sfidava le autorità serbe ad arrestarlo in relazione ad accuse di terrorismo risalenti al 2007, e minacciava di recarsi a Belgrado per partecipare ad una conferenza organizzata dai Sorositi. L’arresto del ministro kosovaro degli affari esteri avrebbe provocato uno scontro tra la UE/NATO e la Serbia. Ricordiamo che quest’ultima è un partner fondamentale, non solo del gasdotto Turkish Stream, ma anche del troncone ferroviario della Via della Seta che attraverserà i Balcani per collegare il porto greco del Pireo e Budapest, passando per la Macedonia e la Serbia.

Il 9 maggio, alcuni uomini armati provenienti dal Kosovo hanno attaccato la polizia macedone nella città frontaliera settentrionale di Kumanovo, durante una operazione di contro-terrorismo. E’ stato esploso un colpo di fucile mentre si fronteggiavano alcuni elementi dell’ELK sospettati di terrorismo e la polizia. Nella battaglia che ne è seguita hanno trovato la morte sei poliziotti macedoni e un numero imprecisato di terroristi albanesi.

Sia l’attacco della rinnovata ELK contro il posto di frontiera macedone di Gosince, dove alcuni ufficiali della polizia macedone sono stati presi in ostaggio fino a che gli Albanesi autori del raid sono riusciti a riguadagnare la strada per il Kosovo, sia l’ultima incursione in ordine di tempo a Kumanovo, non avrebbero potuto essere realizzate all’insaputa del protettore militare del Kosovo, la NATO. Ricordiamo in proposito che è proprio in Kosovo che la NATO ha la sua più grande base militare, Camp Bondsteel.

Nel 2001 l’ELK, in alleanza coi nazionalisti albanesi macedoni dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) di Macedonia, si è battuto contro le forze governative a Aracinovo, in Macedonia. All’epoca l’esercito privato US Military Professional Resources, Inc (MPRI) era impegnato in entrambi i fronti contrapposti. Dava infatti manforte all’ELN, mentre svolgeva il ruolo di consulente dell’esercito macedone. Si sospetta che la MPRI abbia trasmesso informazioni relative alla sicurezza nazionale della Macedonia all’ELN prima dell’attacco. I successivi accordi di Ochrid hanno visto la Macedonia, generalmente pacifica, accordare generosi diritti di autonomia alla popolazione albanese presente sul suo territorio, proprio per evitare che si innescasse una spirale di violenza come in Kosovo e in Bosnia. Questi accordi sono oggi minacciati dalla pressione crescente sul governo di Skopje, esercitata dalla forze destabilizzatrici di Nuland e Soros.

Come se obbedisse agli ordini dei suoi padroni sorositi, il leader nazionalista albanese Koco Danaj ha dichiarato a Tirana che l’incidente di Kumanovo era colpa di Gruevski (il Primo Ministro macedone, ndt), che ha paragonato ad Adolf Hitler. Danaj è il capo di un gruppo nazionalista albanese che si chiama Piattaforma per un’Albania naturale, i cui aderenti, in Albania, in Kosovo, in Montenegro e in Macedonia, ambiscono a creare la “Grande Albania”. Danaj ha dichiarato di avere degli alleati pronti ad agire a Pristina, a Skopje e a Ulcinj, la più importante città albanese del Montenegro.
Per intimidire Gruevski, Danaj ha detto che il contenzioso potrebbe sfociare in un bagno di sangue. Lo ha anche avvertito di non tentare di reprimere le attività terroriste albanesi in Macedonia. Infatti gli elementi dell’ELK arrestati dalla polizia a Kumanovo, secondo Gruevski, stavano organizzando una serie di attentati contro edifici amministrativi a Skopje e in altre città macedoni.

Proprio mentre Danaj profferiva le sue minacce contro la Macedonia, dall’Albania, paese membro della NATO, i mussulmani bosniaci rappresentavano a Novi Pazar, capitale della provincia serba a maggioranza mussulmana di Sandzhak, una scena della parata della divisione Handzar della Waffen SS. Per l’avvenimento i Bosniaci hanno scelto la data del 9 maggio, giorno della commemorazione della Vittoria contro il nazismo. Si tratta di una iniziativa che si collega ad analoghe parate della divisione Waffen SS organizzate in Lettonia, Estonia e in Lituania, allo scopo specifico di provocare i russofoni.



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Hadj Amin al-Husseini passa in rivista una unità della 13° divisione
di montagna della Waffen SS Handschar (Slesia, novembre 1943)



Le truppe della Waffen SS bosniaca, riconoscibili dalle loro uniformi verdi e il fez rosso, erano tra le unità più feroci di Hitler. Nel giorno della Vittoria, i Bosniaci di Novi Pazar hanno indossato esattamente le stesse uniformi. I mussulmani bosniaci di Sandzhak e i loro correligionari di Bosnia-Herzegovina, del Montenegro e della Macedonia sono in larga misura favorevoli alla realizzazione di un califfato islamico nei Balcani, che dovrebbe riunire i mussulmani bosniaci e albanesi.

Zaev, Crvenkovski e i Sorositi approfittano dell’impennata di violenza nelle regioni con popolazione a maggioranza albanese della Macedonia, per fare pressione sul partito albanese affinché esca dal governo. Tale partito, l’Unione Democratica per l’Integrazione (UDI) è un partner di secondo piano della colazione di partiti che appoggia il Primo Ministro Gruevski, il VMRO DPMNE. I problemi insorti con la popolazione albanese di Macedonia seguono le violente manifestazioni antigovernative di Skopje, istigate dai Sorositi.

Per aizzare la popolazione contro il governo, Zaev e Crvenkovski fanno leva su accuse infondate, secondo cui il governo di Gruevski avrebbe intercettato illegalmente le conversazioni telefoniche di 20.000 Macedoni. Il fatto che solo la NSA e i suoi partner britannici e tedeschi siano in grado di praticare simili programmi di sorveglianza di massa è stata in genere taciuta dalla stampa straniera. Si impone piuttosto una domanda: chi ha passato all’opposizione macedone le registrazioni delle conversazioni di Gruevski e di altri leader del governo con quelli dell’opposizione? Il carattere sofisticato di queste intercettazioni esclude qualsiasi implicazione dei servizi di informazione macedoni.

L’opposizione al governo di Gruevski si è arricchita della partecipazione di due grandi media finanziati da Soros in Macedonia, il canali televisivi Telma e 24 vesti. Ultimamente essi hanno contribuito ad infiammare le violente proteste contro il governo svoltesi in Piazza della Macedonia, nel centro di Skopje. Durante queste manifestazioni, 36 dei 40 feriti negli scontri davanti alla sede del governo erano ufficiali di polizia. Radmilla Shkerinska, una dei leader socialdemocratici alleati di Zaev e Crvenkovski, è stata vista in un caffè vicino al luogo degli scontri dare indicazioni ai manifestanti perché irrompessero con la forza nel palazzo del governo. Crvenkovski e Zaev hanno apertamente fatto appello a sollevarsi contro il governo. Radio Free Europa, anch’essa influenzata da Soros, continua a sottostimare il numero degli ufficiali di polizia feriti dai manifestanti sorositi, e non ha mai parlato di ciò che si muove dietro.

Fortunatamente, i Macedoni di tutti gli orientamenti e di tutte le origini etniche, Slavi, Albanesi, Mussulmani e Ortodossi, conoscono perfettamente le influenze sorosite che stanno dietro lo scoppio delle violenze nel loro paese, e sono pronti a contrastarle. Soros e i suoi agitatori in seno all’opposizione macedone e all’ambasciata USA di Skopje debbono sapere che la Macedonia non si farà piegare facilmente come l’Ucraina.