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ProfileAnalisi, agosto 2015 - Vi ricordate del tempo in cui c’erano dei veri giornalisti? Era prima che il regime Clinton favorisse la concentrazione dei media, trasformandoli in un ministero della propaganda, in uno strumento da Grande Fratello...

 

Counterpunch, 11 agosto 2015 (trad. ossin)



La bufala della "ripresa economica" degli USA
Paul Craig Roberts


Vi ricordate del tempo in cui c’erano dei veri giornalisti? Era prima che il regime Clinton favorisse la concentrazione dei media, trasformandoli in un ministero della propaganda, in uno strumento da Grande Fratello.La falsa realtà nella quale vivono gli Statunitensi riguarda anche la vita economica. Il rapporto sull’occupazione di venerdì scorso è stata l’ultima di una lunga serie di cattive notizie bidonate come buone...


I media ripetono due numeri come se significassero qualcosa, le crescite (o riduzioni) mensili degli impieghi salariati e il tasso di disoccupazione, e ignorano le cifre che dimostrano come, da diversi anni, le occasioni di lavoro si siano ridotte incessantemente, nonostante si sostenga che l’economia è in convalescenza. La pretesa ripresa si ricava dall’utilizzazione del criterio U.3 di calcolo del tasso di disoccupazione. Quello che non tiene conto delle persone senza lavoro che non sperano più di trovarlo e hanno smesso di cercarlo da quattro settimane. Il criterio U.3 calcola solo coloro che conservano la speranza di trovare lavoro.

Il governo dispone di un altro criterio per il calcolo della disoccupazione, quello U.6. Esso, raramente menzionato, calcola anche coloro che sono scoraggiati da meno di un anno. Utilizzando questo criterio, risulta che il tasso di disoccupazione è doppio rispetto a quello calcolato usando il criterio U.3, che lo fissa al 5,3%. Ciò significa che il tasso di disoccupazione è di oltre il 10% dopo sei anni di pretesa ripresa economica.

Nel 1994, il regime Clinton ha smesso di considerare i lavoratori scoraggiati da molto tempo come disoccupati. Clinton voleva che la sua economia avesse un aspetto migliore di quella di Reagan, quindi ha smesso di calcolare i lavoratori scoraggiati, che ancora erano ricompresi nel calcolo del tasso di disoccupazione ai tempi di Reagan. John Williams (shadowstats.com) continua invece a calcolare il tasso di disoccupazione utilizzando i criteri di quell’epoca. In questo modo, risulta che il tasso di disoccupazione degli Stati Uniti, nel giugno 2015, era del 23%, molto più elevato di quello corrente durante la recessione che il presidente della FED, Paul Volcker, aveva consegnato alla presidenza Reagan.

Un tasso di disoccupazione del 23% cambia completamente il significato della pretesa ripresa economica. Sono passati ottantacinque anni dalla Grande Depressione, e l’economia statunitense è in ripresa, con un tasso di disoccupazione vicino a quello della Grande Depressione.

Il tasso di inserimento nel mercato del lavoro si è ridotto durante la “ripresa” che sarebbe cominciata nel giugno del 2009 e continua ancora oggi. La cosa non è normale. Di solito, in periodo di ripresa economica, i posti di lavoro aumentano. Il presidente Obama e i suoi consiglieri economici attribuiscono la caduta del numero dei lavoratori ai baby-boomer (persone nate tra il 1945 e il 1964, durante il “baby boom”, ndt) che vanno in pensione. In realtà, durante la pretesa ripresa, gli aumenti degli impieghi hanno riguardato principalmente le persone che hanno più di 55 anni (proprio i baby boomer, dunque). Per esempio, in luglio, tutti i nuovi impieghi hanno riguardato persone di 55 anni e più, mentre la fascia d’età tra i 25 e i 54 anni ha perso 131.000 posti.

Durante l’anno precedente (luglio 2014 – luglio 2015), la fascia di età superiore ai 55 anni ha beneficiato di 1.554.000 posti di lavoro, mentre le fasce giovani, 16-18 e 20-24, hanno perso rispettivamente 887.000 e 489.000 posti.

Dal 2009 al 2013, il numero di Statunitensi al lavoro, nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni, è diminuita di 6.000.000 di unità. Questi anni di pretesa ripresa economica hanno apparentemente fatto a meno degli Statunitensi appartenenti alla fascia d’età più attiva.

Nel luglio 2015, negli Stati Uniti vi erano 27.265.000 persone occupate a tempo parziale, 6,3 milioni dei quali, vale a dire il 23%, perché non riuscivano a trovare un lavoro a tempo pieno. Vi sono 7.124.000 Statunitensi costretti a più lavori a tempo parziale per poter sbarcare il lunario, vale a dire un aumento di 337.000 in un anno.

I giovani non possono formare una famiglia sulla base di impieghi a tempo parziale, mentre i pensionati ne hanno bisogno per poter compensare le riduzioni di reddito provocate dalla politica di interessi a tasso zero praticata dalla Riserva Federale, che si preoccupa solo di dare aiuto ai bilanci di un pugno di giganti bancari, i cui dirigenti controllano il Tesoro statunitense e la Riserva Federale. Se poi si tiene conto del gran numero di impieghi industriali e di competenze professionale delocalizzate in Cina e in India, soprattutto nel settore informatico, ne consegue che le carriere professionali negli Stati Uniti stanno sparendo.

I lavori meglio pagati negli Stati Uniti sono quelli legati alle truffe di Wall Street, quelli delle lobbie per conto dei gruppo di interesse privati, nei quali vengono di preferenza impiegati ex membri della Camera, del Senato e dell’Esecutivo, e infine quelli che realizzano programmi per aiutare i finanziatori dei think tanks ad arricchirsi, trasformando questi programmi in politiche pubbliche, che possono diventare leggi.

 


I posti di lavoro salariati dichiarati in luglio, sono quelli che ci sono familiari, mese dopo mese e anno dopo anno. Quelli di servizio domestico, cameriere e barman, piazzisti, trasporti, immagazzinamento, finanze e assicurazioni, cure mediche e assistenza sociale. Niente all’esportazione, che servirebbe a compensare le nostre massicce importazioni. Con una modesta crescita del reddito medio delle famiglie, mentre il risparmio crolla, il credito si esaurisce e perfino i consumi si riducono.

Con tutta evidenza, non si tratta di un’economia che ha un futuro.

Ma voi non lo saprete mai se ascolterete solo i media finanziari o leggerete le pagine di economia-finanza del New York Times o del Wall Street Journal.

Se fossi ancora l’editore del Wall Street Journal che sono stato, lo stato deplorevole dell’economia statunitense sarebbe in prima pagina.