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ProfileIntervento, 10 novembre 2019 - I parcheggiatori abusivi di Napoli sono una costante delle cronache locali. Adesso qualcuno propone di "legalizzarli", altri invocano manette e galera. Ma la questione non è così semplice...  

 

Corriere del Mezzogiorno, 8 novembre 2019

 

I parecheggiatori abusivi di Napoli

Nicola Quatrano

 

I parcheggiatori abusivi sono una costante delle cronache locali. Adesso qualcuno propone di "legalizzarli", altri invocano manette e galera. Ma la questione non è così semplice...

 

 

La proposta di Sergio D’Angelo, lanciata da queste colonne il 6 novembre, di “legalizzare” in qualche modo i parcheggiatori abusivi, è giusta e condivisibile ma suona come la proverbiale voce nel deserto, in un contesto nel quale la diffusa percezione di insicurezza dei cittadini sembra trovare sollievo solo nell’invettiva, nella concentrazione di odio verso il “nemico” di turno e in una voglia generalizzata di punizione.
 
E’ un clima – io credo - alimentato da vari fattori, dalla crisi della politica al calo di vendite dei giornali, fino all’azione dei “professionisti dell’odio e del rancore”, che ne ricavano sontuosi profitti elettorali. Ed è favorito dalle nuove forme di comunicazione – i social network – il cui linguaggio e i cui spazi sono più adatti a un mattinale della Questura, che ad analisi accurate e approfondite.
 
Qui c’è da parlare di illegalità, ed è un tema spinoso. Troppo, mi verrebbe da dire, per essere trattato in un articolo (figuriamoci in un tweet!) Proverò a dire qualche cosa sui “parcheggiatori abusivi” e i “camorristi”. E saranno cose molto politicamente scorrette. La mancanza di spazio mi costringe a ricorrere a paradossi che rischiano di tradire la complessità delle questioni, ma hanno il pregio di risultare di più immediata comprensione.
 
Uno. I “parcheggiatori abusivi sono spesso “utili”. Come tutte le forme di illegalità, rispondono (male) a bisogni reali e coprono spazi che lo Stato ha rinunciato a “governare”. Non è un caso che proliferino a Napoli, dove l’assenza di governo da parte dell’amministrazione comunale è drammaticamente altissima, specie in materia di mobilità urbana e parcheggi. Ebbene, qualsiasi automobilista che – alla ricerca di un parcheggio – non si sia mai augurato di trovare un parcheggiatore abusivo che gli “risolvesse il problema”, scagli la prima pietra.
Lo stesso vale per la droga, la prostituzione ed altre attività illegali. Lo stesso sta accadendo nei cimiteri cittadini, dove il venir meno di un’affidabile gestione dei servizi ha lasciato spazio a illegalità di ogni tipo.  Voglio con questo giustificare i parcheggiatori abusivi? No, per niente. Intendo solo dire che, messi in galera cento, ne spunteranno altri duecento, perché svolgono servizi che molti ritengono “indispensabili”, ed è su questo che bisogna intervenire.
 
Due. Che significa dire che sono “camorristi”? La camorra è una delle forme di criminalità organizzata i cui confini con una certo modo di essere “guappesco” sono più evanescenti. Definire indiscriminatamente come “camorrista” tutta la plebe che vive di traffici illegali è doppiamente sbagliato. In primo luogo si fa un favore alla Camorra, quella vera. In secondo, rischia di criminalizzare intere fasce di popolazione che scelgono (o sono costrette) a vivere di espedienti. E si finisce col criminalizzare anche una “cultura” (o subcultura) che – in quanto tale – va contrastata con l’educazione e la contaminazione, non certo con la galera.
 
Tre. Il fatto è che, quando i fenomeni delinquenziali investono e coinvolgono intere fasce di popolazione, la questione criminale si traduce direttamente in questione sociale, e trovare risposte adeguate richiede lavoro, fatica e, soprattutto, pazienza e tempi lunghi. Del tutto incompatibili con quelli - calcolabili in giorni, se non in ore - della politica attuale.
 
Qualche volta, poi, viene perfino il sospetto che l’interesse vero non sia quello di risolvere i problemi, ma piuttosto di cavalcarli. Come fanno i professionisti dell’insicurezza, o gli amministratori comunali incapaci che, dell’esistenza – vera o presunta – della Camorra, si fanno schermo, come un formidabile alibi per la loro insipienza gestionale. 
 
La proposta di Sergio D’Angelo si muove – solitariamente – in un’altra direzione, quella razionale e civile di individuare le questioni e cercare di trovare delle soluzioni. 
 
 
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