Analisi, maggio 2010 - Da autosufficiente produttore di riso, Haiti è diventato nel giro di quache anno uno dei principali importatori di riso USA. Per imposizione del Fondo Monetario Internazionale






Le Grand soir, 29 aprile 2010



Il mercato haitiano del riso: un caso emblematico di deregulation capitalista

Esther Vivas

Il caso di Haiti è paradigmatico. Come ha osservato Bill Quigle (1) , trenta anni fa questo paese produceva la quantità di riso necessaria a nutrire la sua popolazione, ma alla metà degli anni 1980 di fronte ad una acuta crisi economica, quando il dittatore Jean-Claude “Baby Doc” Duvalier è fuggito dal paese con la cassa, Haiti ha dovuto indebitarsi col FMI (Fondo Monetario Internazionale). E’ cominciata allora una spirale di dominazione, che ha gettato il paese sotto la dipendenza economica e politica profonda delle istituzioni finanziarie internazionali e, soprattutto, degli Stati Uniti.
Per ottenere i prestiti, Haiti fu costretta a porre mano ad una serie di politiche di riforme strutturali: la liberalizzazione del commercio e la riduzione delle tariffe doganali che proteggevano la produzione agricola, ivi compresa quella del riso. Questa apertura delle frontiere commerciali ha permesso l’importazione indiscriminata dei riso USA sovvenzionato, venduto ad un prezzo molto inferiore di quello al quale potevano produrlo gli agricoltori locali. Citando il sacerdote haitiano Gérard Jean-Juste, Bill Quigley spiega: “Nel corso del decennio 1980 il riso importato, venduto ad un prezzo inferiore al costo di produzione degli agricoltori locali, ha invaso il paese. Gli agricoltori haitiani hanno perso il lavoro e sono emigrati nelle città. Nel giro di qualche anno la produzione locale è crollata”. I contadini, incapaci di fronteggiare la concorrenza del riso importato hanno abbandonato le loro colture e Haiti è diventato uno dei principali importatori del riso USA.
Di conseguenza, quando nell’aprile 2008 il prezzo del riso, dei fagioli e della frutta è aumentato più del 50%, la maggioranza della popolazione haitiana non è più riuscita ad acquistare questi prodotti. Diversi giorni di rivolta nel paese più povero dell’America del sud (dove il regime alimentare medio di un adulto è di sole 160 calorie al giorno, vale a dire 640 di meno della media necessaria secondo il Programma alimentare mondiale dell’ONU) hanno sottolineato l’ampiezza della tragedia. Di fronte all’impossibilità di acquistare il cibo, è aumentato il consumo di tortillas (crepe a base di farina di mais salata).
Quale interesse potevano avere gli USA per questo mercato haitiano del riso, dal momento che si tratta di uno dei paesi più poveri? Circa il 78% della popolazione di Haiti sopravvive con meno di 2 dollari per giorno e più della metà con meno di un dollaro.  La speranza di vita è di 59 anni. Tuttavia, secondo i dati del Dipartimento dell’agricoltura USA, nel 2008 Haiti è stato il terzo più importante importatore di riso statunitense,  una cultura sovvenzionata dal governo per circa un miliardo di dollari all’anno. Chi ne sono i beneficiari? Tra il 1995 e il 2006, per esempio, un solo produttore, Riceland Foods Inc., ha ricevuto 500 milioni di dollari di sovvenzioni. E non è tutto. Le sovvenzioni governative per l’esportazione del riso hanno raggiunto tali somme che,  secondo le informazioni pubblicate nel 2006 da The Washington Post, il governo avrebbe versato almeno 1,3 miliardi di dollari dal 2000 a gente che non ha mai coltivato niente, tra cui 490.000 dollari a un chirurgo di Huston che aveva acquistato delle terre vicino alla città dove il riso non è mai stato coltivato (2).
Da notare, per ciò che concerne le tariffe doganali, che gli Stati Uniti hanno fissato delle barriere dal 3 al 24% per le importazioni di riso, vale a dire le stesse che Haiti è stata costretta a sopprimere durante gli anni 1980 e 1990.
Il caso di Haiti non è isolato. E’ simile a quello di molti altri paesi del Sud, dove l’applicazione sistematica delle politiche neoliberali nel corso degli ultimi anni  non solo ha smantellato un sistema autoctono di produzione agricola, di allevamento e di alimentazione, ma ha anche eliminato ogni protezione delle loro comunità, delle loro industrie e dei servizi pubblici.  Così, basandosi sui medesimi precetti, la Banca mondiale ha proposto di sopprimere la produzione di riso nello Sri Lanka – una coltura tradizionale da più di tremila anni e fondamento dell’alimentazione locale – perché risulterebbe meno cara l’importazione dal Viet Nam o dalla Tailandia (3). La ristrutturazione economica neoliberale nel corso degli anni 1990 nelle Filippine ha trasformato questo paese, da esportatore netto di alimenti, nel più grande importatore mondiale di riso, che acquista ogni anno sul mercato mondiale nella misura da uno a due milioni di tonnellate per la sua domanda interna (4).
La logica del libero mercato ha condannato questo paese ad una spirale di dominazione e miseria.
 
(1) Quigley B., The US role in Haiti’s food riots, http://www.counterpunch.org/quigley...
(2)  Quigley, op. cit.
(3)  Houtart F., L’atermondialisme et les forums sociaux. Introduction au Forum social congolais, http://www.forumsocialmundial.org.b...
(4)  Bello W., Como fabricar una crisis alimentaria global: Lecciones del Banco Mundial, el Fondo Monetario Internacional y la Organizacion Mundial del Comercio, http://www.rebelion.org/noticia.php...


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