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 Analisi, gennaio 2011 - Paura o complicità? I dirigenti arabi non hanno detto nemmeno una parola sulla rivolta popolare in Egitto. I governi della regione hanno preferito tacere piuttosto che esprimersi sulle rivendicazioni del popolo egiziano (Nella foto, Hosni Moubarak)







L’Expression – 29 gennaio 2011

Silenzio assoluto degli arabi. I cittadini attoniti e i dirigenti inquieti
di Tahar Fattani

Nessuna reazione. Né sostegno, né solidarietà, né denuncia e ancor meno compassione


Paura o complicità? I dirigenti arabi non hanno detto nemmeno una parola sulla rivolta popolare in Egitto. I governi della regione hanno preferito tacere piuttosto che esprimersi sulle rivendicazioni del popolo egiziano. Direttamente coinvolti a causa della situazione geografica e politica, i dirigenti arabi hanno lasciato campo libero alle capitali straniere, soprattutto occidentali, per pronunciarsi. Mentre Washington, Parigi, Berlino, l’ONU e l’Unione Europea denunciano e ammoniscono il potere di Hosni Moubarak, i dirigenti arabi si sono distinti per il loro silenzio radio. Nessuna reazione. Né sostegno, né solidarietà, né denuncia e ancor meno compassione. Si tratta di un silenzio complice? Al momento la maggior parte dei dirigenti arabi si sentono terrorizzati. Il Mondo arabo è in effervescenza. L’agitazione sociale si propaga come la polvere. Oltre alla Tunisia e all’Egitto, la rivolta si estende in Yemen e in Giordania. La rivolta delle popolazioni di questi paesi può contagiare tutte le altre capitali, in quanto i popoli arabi hanno tutti gli stessi problemi, soffrono degli stessi mali, protestano per le stesse ragioni e hanno un identico obiettivo: abbattere i governanti che si sono appropriati del potere da decenni.
Il “risveglio”, per quanto tardivo, della società araba inquieta molti dirigenti. Un simile silenzio, in realtà, vale quanto una presa di posizione. Perché la quasi totalità dei regimi arabi hanno un minimo comun denominatore: politiche arcaiche che non rispondono più alle aspirazioni dei popoli. In altri termini, se le popolazioni del mondo arabo condividono le stesse preoccupazioni, anche i dirigenti condividono il medesimo obiettivo: restare al potere il più a lungo possibile. Un grande fossato divide le aspirazioni del popolo dagli obiettivi dei dirigenti. E’ questo che spiega la nascita di una certa solidarietà tra i popoli, da un lato, e la “solidarietà silenziosa” tra i dirigenti, dall’altro lato. Per queste ragioni, è del tutto evidente che nessun capo di Stato potrà esprimere la propria solidarietà col popolo egiziano o yemenita, o denunciare il regime di Hosni Moubarak o di Abdallah Saleh, per meglio proteggere il suo potere e salvaguardare i propri interessi politici e gli altri privilegi. La stessa Lega araba, diretta dall’Egiziano Amr Moussa, segue la stessa linea, come dimostra il fatto che non ha reso pubblica alcuna reazione. D’altronde anche questa organizzazione non è mai stata all’altezza delle aspirazioni dei popoli arabi, visto le divergenze che si registrano al suo interno.
Tra la paura e la complicità, i dirigenti arabi si trascinano nel loro mutismo, dinanzi alla crescita della protesta e alla condanna delle capitali straniere…