Stampa
 








Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 21 maggio 2014 (trad. ossin)
 

Yemen: Guerra frontale contro Al Qaida

Alain Rodier

 
Stando a quanto dice il presidente Barak Obama, "Al Qaida centrale con base in Pakistan e Afghanistan è quasi sconfitta", ma non è lo stesso "per le altre strutture promosse o ispirate" dalla nebulosa. Ciò è particolarmente vero per lo Yemen dove, da anni, è in corso una guerra aperta e di grande ampiezza contro Al Qaida nella penisola arabica (AQPA). Il fatto inquietante è che questa terra di jihad attira un numero sempre maggiore di combattenti stranieri, alcuni dei quali passati per la Siria. Se la grande maggioranza resta Yemenita, le autorità hanno individuato tra i combattenti anche dei Maghrebini, soprattutto Algerini, dei Pakistani, dei Caucasici, degli Occidentali (anche qualche Francese) e dei Sauditi. Per questi ultimi si tratta di un ritorno alle origini. Questi internazionalisti tentano di tornare alla loro terra natale dopo avere combattuto su altri campi di battaglia. Troppo stretto essendo attualmente il controllo sul territorio saudita, si acquartierano per il momento in Yemen, ma aspirano solo ad estendere il conflitto più a nord. Vogliono rovesciare la famiglia reale saudita, che considerano apostata.



 
Il problema si complica con la ribellione sciita che divide il nord ovest del paese, provocando centinaia di morti nella regione di Saada. Ben vero che Sana’a ha nel cassetto anche un progetto di federalizzazione del paese, ma ciascuna parte aspira a giungere al tavolo dei negoziati da una posizione di forza, per imporre il suo punto di vista.

 
Scontri quotidiani

Nel mese di maggio 2014, il palazzo presidenziale è stato bersaglio di diversi attacchi con auto imbottite di tritolo, che hanno provocato decine di vittime. Anche il ministro della Difesa è sfuggito per poco ad un attentato mentre si recava in auto nel sud del paese. A queste operazioni terroriste si aggiungono assalti di kamikaze che tentano di uccidere il maggior numero di persone prima di essere abbattuti dalle guardie di sicurezza. Queste azioni disperate hanno due obiettivi: mantenere un clima di insicurezza nelle grandi città e allentare la morsa nel sud del paese. Infatti, dal 29 aprile, l'esercito ha lanciato una vasta offensiva contro le roccaforti di Al Qaida nelle province del sud di Shabwa (Azzan e Al Maifa) e Abyane (Al Mahfad). Incalzati dall'esercito, gli insorti hanno ripiegato verso le province per loro sicure di Marib e di Al Jouf. Un rifugio particolarmente apprezzato sarebbe il massiccio montagnoso di Al Kour che collega le province di Abyane, Shabwa e Baida.
 
I combattimenti si intensificano da un mese, nessuna regione del paese può considerarsi oramai sicura, particolarmente per gli stranieri. Per esempio, il 5 dicembre 2013, AQPA ha ucciso più di 50 persone, tra cui sette sanitari stranieri, nel corso dell'assalto contro il complesso che ospita il ministero della Difesa a Sana’a.
 
A inizio agosto, poi, Washington ha dato l'allerta, sulla base della intercettazione di alcune comunicazioni tra il dottor Ayman al-Zawahiri e Nasir al-Wuhayshi, l'emiro di AQPA. Alcune fonti sostengono che si trattasse di una vera e propria "conferenza telefonica" tra i due dirigenti jihadisti, cui hanno anche partecipato dei corrispondenti di Boko Haram in Nigeria, dello Stato islamico dell'Iraq, dei Talebani pakistani, del Movimento islamico dell'Uzbekistan (MIO), di Al Qaida nel Maghreb islamico (AQMI) e del ramo di Al Qaida nel Sinai. Nel corso di questa eccezionale comunicazione, il cui contenuto non è stato rivelato al grande pubblico, Al Zawahiri avrebbe ordinato ai suoi corrispondenti di passare all'azione contro gli interessi statunitensi ed europei a partire da domenica 4 agosto. Dopo questo allarme, sono state chiuse per qualche giorno alcune sedi diplomatiche statunitensi ed europee. Si tratta di una misura che interviene regolarmente: l'ambasciata USA a Sana’a, che pure è un vero e proprio bunker, chiude le porte al minimo allarme, l'ultimo dei quali è del maggio 2014.
 
Sempre nell'agosto 2013, le autorità yemenite hanno annunciato di avere sventato un complotto assai serio. Dozzine di attivisti di Al Qaida dovevano attaccare nell'ultima notte del ramadan (il 4 agosto) il terminal petrolifero di Al Dabbah e le istallazioni di gas di Balhaf. Dovevano anche tentare di attaccare la capitale della provincia, la città costiera di Al Mukalla. L'obiettivo di Al Qaida era quello di realizzare, in proporzioni più grandi, un attacco simile a quello del gennaio 2013 contro il complesso di produzione di gas di In Amenas in Algeria. I salafo-jihadisti volevano impadronirsi delle istallazioni e, soprattutto, catturare molti ostaggi, tra cui anche i tecnici stranieri impiegati nel complesso. Si intendeva poi scambiare gli ostaggi coi prigionieri di Guantanamo!
 
Come risposta a questi attacchi, e in parallelo con le offensive dell'esercito yemenita, gli Stati Uniti moltiplicano gli attacchi aerei mirati con l'uso di droni armati. Dall'inizio dell'anno sono stati già 12, uno in maggio, quattro in aprile, quattro in marzo e tre in gennaio. Ventisei erano stati quelli del 2013, un numero minore rispetto a quelli del 2012, che erano stati quarantuno. Da notare che il presidente yemenita ha ufficialmente vietato queste operazioni.
 
Anche i Sauditi forniscono il loro contributo, soprattutto in moneta sonante e contribuendo al controllo della frontiera tra i due paesi. Loro preoccupazione è fare in modo che il fenomeno terrorista non si estenda al Regno. I due paesi hanno gli stessi avversari: AQMI e le tribù sciite al-Houthi che, secondo Riyadh e Sana’a sarebbero appoggiate dall'Iran.

 
Nasir al-Wuhayshi, emiro di AQPA

Nasir al-Wuhaydhi, uno yemenita di una buona quarantina d'anni, originario della provincia di Abyane, è stato segretario particolare di Bin Laden per sei anni. A fine 2001, avrebbe partecipato alla battaglia di Tora Bora e poi si sarebbe rifugiato in Iran. Come molti altri attivisti di Al Qaida sarebbe stato posto agli arresti domiciliari. Nel 2003 venne estradato in Yemen, dove venne incarcerato. All'epoca Teheran aveva accettato di partecipare alla "guerra contro il terrorismo" lanciata da Washington dopo l'11 settembre 2001. Nel 2006 al-Wuhayshi evase dalla prigione centrale di Sana’a insieme a 22 altri detenuti. Si impegnò nella lotta armata contro il presidente Salah. Nel 2009 partecipò alla creazione di AQPA, che raggruppa le cellule di Al Qaida presenti in Arabia Saudita e in Yemen. La massiccia repressione di Riyadh spinse gli attivisti a passare in Yemen, dove il governo è molto più debole. Al Wuhayshi venne allora designato da Zawahiri come capo del movimento nella regione. Ciò dimostra che il n. 2 di Al Qaida svolgeva un ruolo operativo quando ancora Bin Laden era vivo, quest'ultimo svolgendo più un ruolo di influenza intellettuale che operativo sul campo.
 
Nell'estate 2013, Zawahiri nominò al-Wuhayshi "Ma'sul al-Amm" (direttore generale); in realtà ne fece il suo numero due. Ciò significa che, venendo a mancare Zawahiri, sarà lui ad assicurare l'interim fino alla nomina di un nuovo leader da parte della shurah, il consiglio consultivo che presiede ai destini di Al Qaida.
 
Oggi al-Wuhayshi si trova dal punto geografico particolarmente ben piazzato per coordinare le azioni offensive dell'organizzazione in Medio oriente e in Africa. Può anche organizzare azioni terroriste nel resto del mondo, in quanto dispone di una importante rete di attivisti di tutte le nazionalità, di campi di addestramento, di armi ed esplosivi in quantità.
 
E' un uomo ritenuto molto pio e profondo conoscitore del Corano, che cita continuamente. Carismatico, dotato di un humor sarcastico, ha grandi capacità organizzative. E' direttore della rivista in lingua inglese "Inspire", che mira a due obiettivi: una propaganda intensiva per reclutare nuovi candidati alla jihad, soprattutto in Occidente, fornire loro informazioni di base nel campo del terrorismo. La rivista si è felicitata di essere stata utilizzata per l'attentato contro la maratona di Boston, il 15 aprile 2013, e per l'uccisione all'arma bianca del soldato inglese Lee Rigby, il 22 maggio dello stesso anno. Apparsa per la prima volta nel 2011, è giunta al dodicesimo numero (l'ultimo è di marzo). I suoi due fondatori di origine statunitensi, Anwar Al-Awlaki e Samir Khan, sono stati uccisi nel 2011 da droni statunitensi. In seguito ha perso di qualità, sia nella forma che nei contenuti, cosa che dimostrerebbe che non si è ancora realizzato una successione redazionale.
 
Se molti degli amici di al-Wuhayshi - tra cui molti ex prigionieri di Guantanamo - sono stati trasformati in "calore e luce" dai droni USA, egli dispone ancora oggi di un artificiere di classe nella persona del saudita Ibrahim Hassan al-Asiri. Il 27 agosto 2009, questo ex studente di chimica particolarmente dotato, non ha esitato a imbottire di tritolo il suo giovane fratello Abdullah per tentare di uccidere il capo saudita della sicurezza interna, il principe Mohammed Bin Nayef Bin Abdul Aziz Al Saud. Contrariamente a quanto detto all'epoca, non utilizzò delle "supposte di esplosivo", ma materiale esplodente cucito negli indumenti intimi. Ha ripetuto l'esperimento il 25 dicembre 2009, con Umar Farouk, un Nigeriano che ha tentato di far detonare gli esplosivi cuciti nei suoi indumenti intimi sul volo Northwest Airlines 253 Amsterdam-Detroit. Fortunatamente il detonatore era difettoso e ha solo ustionato l'apprendista kamikaze, che è stato bloccato dai passeggeri.Non scoraggiato dai fallimenti, al-Asiri sarebbe responsabile dell'invio, nell'ottobre del 2010, di due pacchi contenenti stampanti imbottite di tetranitrato di pentaeritrite (PETN) - esplosivo spesso trovato sui luoghi teatro delle azioni di Al Qaida - destinati ad alcune sinagoghe di Chicago. L'azione non è riuscita grazie alle informazioni fornite dai Servizi di informazione sauditi.
 
In seguito al-Asiri sarebbe riuscito a fabbricare dei congegni non rilevabili dagli attuali strumenti di sorveglianza, che possono essere addirittura impiantati chirurgicamente su dei volontari. Però questa tecnica comporta numerosi svantaggi. La bomba così innestata non può associarsi a proiettili di tipo sharapnel, in quanto la loro struttura metallica li renderebbe rilevabili dal più semplice metal detector. Inoltre, essendo il corpo umano composto per la maggior parte di acqua, quest'ultima attenua la potenza della deflagrazione. Il rischio è quello di imbarcare una bomba umana a bordo di un aereo di linea che potrebbe, con l'esplosione, subire un'avaria molto importante, soprattutto se la carlinga fosse bucata a grande altitudine. D'altra parte due vicende meritano attenzione sotto tale profilo:
 
- Resta fitto il mistero a proposito del Boeing 777 che viaggiava sulla tratta Kuala Lumpur-Pechino, l'8 marzo di quest'anno (volo MH 370), e che è sparito completamente. Tra le altre possibilità, non si esclude anche l'ipotesi di un atto terrorista. Certamente non vi sono state rivendicazioni ufficiali, cosa inconsueta nel campo terrorista. Ma è anche possibile che i mandanti eventuali abbiano addestrato dei kamikaze, perdendoli poi di vista e lasciando loro piena libertà sull'azione da compiere e vietando qualsiasi comunicazioni per ragioni di sicurezza. E' possibile che questi mandanti non siano sicuri che siano stati proprio i loro accoliti responsabili di questa catastrofe.

- Le autorità camerunesi hanno mantenuto uno stretto silenzio sull'incidente di volo Yaoundé - Nsimalen (Belgio), che ha visto l'arresto di due persone sospettate di possedere ipad contenenti esplosivo. Falso allarme o pista attualmente seguita dai servizi di informazione? Si dovrebbe sapere di più in futuro...
 
In entrambi i casi non appare impossibile la partecipazione dell'artificiere in capo di AQPA, ma resta ancora da essere dimostrata. Al momento al-Asiri non sembra ancora avere eguagliato, quanto a perizia tecnica, il suo grande predecessore, l'artificiere storico di Al Qaida, Midhat Mersi Al-Sayed - alias Abou Khabab - ucciso nel 2008 in Waziristan. Per contro potrebbe toccargli in sorte la stessa fine tragica, giacché gli Statunitensi lo considerano un bersaglio prioritario, giusto al secondo posto dopo al-Wuhaysh


i
Ibrahim Hassan al-Asiri

 
La riorganizzazione dell'esercito yemenita

L'insurrezione cominciata in Yemen il 27 gennaio 2011, ispirata dalla "primavera araba", è stata capace di cacciare il presidente Ali Abdallah Saleh. L'immissione l potere di Abd al-Rab Mansour al-Hadi, nuovo capo di Stato (ed ex vice presidente), eletto il 21 febbraio 2012, ha avuto luogo il 25 febbraio dello stesso anno. In seguito questi ha riorganizzato le forze di sicurezza, emarginando i fedeli del vecchio presidente, con l'obiettivo di respingere l'offensiva di AQPA. Ha con chiarezza manifestato le sue intenzioni dichiarando, a inizio 2012: "Vorrei dire a questi terroristi che deformano la gloriosa immagine dell'islam che la battaglia non è ancora cominciata".
 
Le forze armate yemenite contano 82.000 militari attivi, di cui 70.000 nell'esercito, 7.000 in marina e 5.000 nell'aviazione.
 
Durante la rivoluzione del 2011/2012, alcune unità sono passate dalla parte dei manifestanti, in particolare la 1° brigata blindata a Sana’a e la 119° brigata meccanizzata nel sud del paese. Poco a poco le cose sono tornate sotto controllo. Le forze terrestri allineano ufficialmente 44 brigate: 8 blindate, 6 meccanizzate, 16 di fanteria, 2 aerotrasportate, 4 di artiglieria suolo-suolo, 1 della Guardia presidenziale, 1 delle forze speciali e 6 di difesa antiaerea, certamente poco utili nella guerra asimmetrica. Ciò non impedisce che anche questi militari possano essere impiegati sul campo in missioni di guardia statica. Nei fatti la situazione è molto più complessa. Il comando non è realmente unificato, dal momento che talune unità obbediscono più ai loro capi tribali che a quelli gerarchici. Gli effettivi sono molto lontani dall'essere completi e l'addestramento lascia a desiderare. Sul piano materiale, l'esercito di terra allinea circa 1400 carri da battaglia, 2.900 veicoli blindati per il trasporto delle truppe, 330 pezzi di artiglieria e 400 MLRS. Ma solo un terzo (verosimilmente meno) di questo materiale sarebbe realmente disponibile.
 
La marina dispone di cinque basi navali situate a Aden, Al Hudaydah, Al Mikalla, sulle isole di Perim e di Socotra. Tuttavia, se essa è in grado di assicurare il controllo degli approdi costieri con una quarantina di navi di pattuglia, non dispone di mezzi per operazioni anfibie.
 
L'aviazione sembra abbastanza potente, disponendo di 350 aerei da combattimento, 55 da trasporto e 94 elicotteri. Ma si tratta di materiale eterogeneo e la mancanza di pezzi di ricambio provoca indisponibilità che possono inchiodare la suolo una buona parte della flotta. Quanto ai piloti, non hanno abbastanza ore di volo per essere operativi.
 
Conviene calcolare anche le forze paramilitari, forti di 70.000 uomini, 50.000 dei quali dipendenti dal ministero dell'interno. Queste unità però hanno una capacità di combattimento solo di supporto e non possono intervenire fuori dal territorio di loro competenza.
 
L'esercito yemenita deve contrapporsi a due avversari:
 
- gli insorti del Sud, raggruppati in seno al "Movimento del Sud" (MS) sono presenti in sei province e rivendicano maggiore uguaglianza coi compatrioti di Sana’a, e il diritto di beneficiare direttamente delle risorse del sottosuolo. D'altronde il 70% della popolazione del Sud sarebbe favorevole all'indipendenza. Il MS è guidato dal celebre capo tribale Tariq al-Fadhi, ex "Afghano-Aarabo" (ha partecipato alla guerra contro i Sovietici), ma esponente fino al 2009 del partito del presidente Saleh (per quindici anni).
 
- AQPA, forte di un migliaio di attivisti, i cui covi sono situati nelle province del Nord di Marib e Al Jouf, si è unito al MS tentando di influenzarne i leader perché adottino la sua visione della jihad, vale a dire l'islamizzazione del Sud del paese. D'altronde questa regione, per lo più desertica, è in parte controllata dal movimento Ansar al-Sharia, che è una creazione di AQPA ed è stato battezzato "L'emirato jihadista dello Yemen del Sud".
 

Perché AQPA può essere battuta?

Se la situazione al momento non è favorevole al governo di Sana’a, ciò potrà mutare in futuro. Infatti AQPA sta per commettere due errori assai gravi.
 
- Il movimento jihadista pensa che la maggioranza della popolazione intenda seguirlo sulla via della guerra santa. Però la tradizione locale rende tale eventualità assai difficile, in quanto le tribù sono sistematicamente ostili a qualsiasi autorità superiore. Quanto alla legge islamica, essa è già in vigore in tutto il paese, con l'eccezione dei grossi agglomerati, anche se non viene applicata con tutto il rigore che i salafiti si augurerebbero.
 
- AQPA si sente abbastanza potente per condurre oramai una guerra classica. Ma, anche se qualche armamento pesante è stato recuperato dagli insorti sottraendolo all'esercito, per lo più portato da qualche disertore, la superiorità resta incomparabilmente dalla parte delle forze governative. Inoltre il fatto di volersi impegnare nelle battaglie costringe le forze ribelli a raggrupparsi ed a offrire dunque degli obiettivi più sensibili agli attacchi dell'aviazione e dell'artiglieria avversaria. I rovesci subiti nel Sud del paese ne sono la concretizzazione.
 
Lo Yemen viene considerato dall'Arabia Saudita e dagli Stati Uniti come un catalizzatore destinato a contenere la minaccia terrorista. Potrebbe essere fatale a AQPA, anche se ci vorranno degli anni. Occorre solo attendere che le forze di sicurezza yemenite vengano rimesse in piedi, bene addestrate e spalleggiate da Riyadh e Washington. Solo allora comincerà quella che il nuovo presidente chiama la "vera battaglia". Resta tuttavia il problema della ribellione sciita che, invece, non si trova in posizione sfavorita.