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La rendita e i suoi misfatti

Djerrad Amar


Per mantenere la pace sociale, alcuni Stati dotati di risorse minerarie, soprattutto petrolifere, distribuiscono “rendite” ad alcune categorie di popolazione. Simili prassi sono proprie dei paesi caratterizzati da un deficit democratico, dove non esistono controllo democratico e sanzione elettorale. Queste politiche hanno selezionato, col tempo, dei comportamenti, dei modi di essere, delle azioni e reazioni, delle mentalità che spengono ogni spirito di iniziativa e incoraggiano l’incompetenza, le assurde procedure che producono ingiustizie.

L’incompetenza neutralizza ogni manifestazione di buona volontà, frustrando ogni azione, iniziativa, piano, per quanto intelligente sia. Lo spirito della rendita è stato sempre refrattario a ogni spirito di iniziativa.

Tutti i problemi nascono proprio da questa funesta rendita petrolifera, la cui gestione è peraltro problematica. La rendita è un reddito senza controprestazione, garantito senza rischio e senza fatica. Essa è contraria alle regole del mercato e della concorrenza e non si concilia con la produzione. La rendita induce dei bisogni provocando un aumento della domanda, cosa che fa di essa una delle cause dell’inflazione e della crescita della importazione, una pacchia per gli operatori dell’import export che si augurano che il paese non costruisca fabbriche di “sostituzione delle importazioni”.


Tutte le carenze, corruzioni, negligenze, impunità e abusi vengono da questa manna petrolifera “benefattrice” e “corruttrice”, che frustra ogni impegno, perverte le coscienze incoraggiando l’avidità, la collusione, la pigrizia e l’incompetenza e favorisce idee e comportamenti illegali e predatori. Di qui la corsa folle e insolente a chi più riesca ad approfittare di questa “manna provvidenziale”: chi per dei progetti improduttivi, chi per dei prestiti a fondo perduto, chi per dei salari mirabolanti, chi per dei privilegi fiscali, chi per delle costruzioni, ristrutturazioni, riallestimenti costosi, chi per delle linee di credito, chi per impegnative, missioni o cure all’estero, chi per esenzioni fiscali, chi per delle associazioni, chi per dei terreni edificabili o degli alloggi popolari da rivendere, chi e chi…


La rendita distrugge i valori umani sui quali si fonda il patto sociale. Incoraggia l’immobilismo, produce discriminazione e ingiustizia, incoraggia il nero. Uno Stato in cui domina l’economia in nero è uno Stato in nero e non uno Stato di diritto.


Torna in mente un intervento dell’ex Primo Ministro Ahmed Ouyahia all’Assemblea Nazionale del Popolo (APN) quando sottolineò che l’Algeria non aveva “un bisogno prioritario di capitali stranieri”, ma era in grave deficit di “know how, di tecnologia, di management moderno e di partner in grado di aprire in futuro altri mercati a produzioni in associazione”. Chi potrebbe assicurare tutto questo se non le competenze sempre lasciate in sonno. E’ la ragione per cui le nostre imprese e istituzioni restano instabili, dando l’impressione di non avere esperienza, anche se esistono da decine di anni! La situazione non sarebbe la stessa, almeno non così grave, se la rendita petrolifera non costituisse il 95% delle entrate dello Stato.


E’ così. Finché la rendita soppianterà il lavoro, la competenza e l’intelligenza; finché il sistema della rendita guiderà le coscienze, detterà i comportamenti; finché i dirigenti saranno consapevoli di esserlo per favoritismo; finché prevarranno la doppiezza e lo spirito predatorio; finché i dirigenti resteranno negligenti e preoccupati di assicurarsi solo una fetta della torta; finché le élite competenti saranno restie ad assumersi le proprie responsabilità, sentendo di essere solo delle “spalle” per carriere altrui, i paesi che dipendono dalla rendita non usciranno dalle loro contraddizioni e dai loro problemi.  Continueranno a subire ricorrenti rivolte, l’emigrazione dei quadri e dei giovani, l’appropriazione indebita di beni pubblici, l’assenza di civismo e di sicurezza, il disprezzo dell’autorità, la limitazione dei diritti civili, ecc.   


Il valore di un uomo è nella sua scienza e nella sua virtù e non nella ricchezza o nel potere di influenza, spesso effimeri. La forza e la capacità di un governo è nel sostegno che riesce a guadagnarsi presso il popolo e le élite competenti, e non nella protezione effimera che alcune forze possono garantirgli, o nell’apparente sicurezza che può procurargli la rendita.