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Afrique Asie, luglio 2010


Caccia ai baroni della droga
di Hamid Zedache


Algeria. In questi ultimi anni si è intensificata la lotta contro i trafficanti che cercano di insediarsi nel paese aprendo nuove strade verso i grandi mercati di consumo europeo. Una lotta su diversi fronti


Con più di 7000 chilometri di frontiere ed una ampia costa marittima aperta sull'Europa, l'Algeria, il cui vasto Sahara è anche un ponte tra il Mediterraneo e l'Africa, costituisce agli occhi dei baroni della droga nel mondo uno snodo ideale per il passaggio della loro merce.Braccati negli Stati Uniti e in Europa, questi baroni si sono installati in Africa dove dispongono di porti di scambio e di aeroporti clandestini per il passaggio dei loro carichi. Nella maggior parte dei casi operano con la complicità delle autorità locali, indirettamente associate a questo traffico cosi remunerativo, il cui saldo attivo ha superato nel 2009 i 1000 miliardi di dollari.


Produzione locale
Se la cocaina e l'eroina giungono per via marittima o aerea dall'America del Sud, dove i governi non riescono a sradicare questa industria, la cannabis è sempre più spesso prodotta nel continente. Più della metà dei paesi africani ospitano delle piantagioni selvagge fatte apparire come innocenti colture alimentari. I carichi di droga, la cui destinazione principale resta l'Europa, risalgono lungo le piste sahariane, attraverso la Mauritania, il Marocco, l'Algeria e la Tunisia, prima di sbarcare in Spagna o in Italia. Da qui vanno a rifornire i paesi vicini: Francia, Germania, Belgio, Olanda ecc. Centinaia di tonnellate di cannabis vengono in questo modo commercializzate da reti di piccoli spacciatori stabilmente insediati nei quartieri difficili delle periferie europee, sotto il vigile controllo di potenti baroni. Per la sua posizione geografica, l'Algeria costituisce, suo malgrado, un crocevia obbligato per le nuove rotte della droga. Agli occhi dei trafficanti di diverse nazionalità, essa è il percorso più breve e meno costoso per il passaggio degli satupefacenti, da quando gli Europei hanno rafforzato i controlli sui loro porti e aeroporti, in particolare nell'ambito della lotta all'immigrazione clandestina. Le autorità algerine temono soprattutto che il loro paese, la cui produzione resta trascurabile nonostante il tentativo fallito di creare delle piantagioni di cannabis nelle zone desertiche, possa diventare un crocevia per queste attività illecite organizzate all'estero. Ed hanno impegnato in questi ultimi anni una lotta multiforme e senza tregua contro questi traffici e i loro baroni. Non passa giorno senza che la gendarmeria nazionale, in prima linea, la polizia, che copre le zone urbane, e le dogane, che sorvegliano i porti del paese, annuncino il sequestro di un carico importante, lo smantellamento di una rete di trafficanti o intervengano per impedire la consegna di merce ai suoi destinatari. Le operazioni, preparate minuziosamente e realizzate, si succedono e si moltiplicano. Ma, nonostante i successi, è una vera fatica di Sisifo. Appena un'operazione è stata portata a termine, bisogna avviare quella successiva senza lasciare tregua ai contrabbandieri.
Nel 2009, più di 75 tonnellate di hashish sono state sequestrate in tutto il territorio, secondo i dati ufficiali. Quasi 2000 piante di cannabis sono state distrutte, insieme a diverse decine di migliaia di pillole di sostanze psicotrope. Sugli 8000 processi intentati nel corso dell'anno, la metà riguarda il traffico e il commercio di droghe pesanti, di cannabis e oppio. In particolare 11362 persone, di cui 82 stranieri, principalmente subsahariani, sono stati incriminati in relazione a questi traffici. Precisamente 2874 trafficanti e 7529 consumatori di hashish e di oppio, 420 trafficanti e 433 consumatori di sostanze psicotrope e 29 coltivatori di cannabis e di oppio.
il 2009 presenta anche il sinistro profilo di un anno record. Ma il numero di sequestri in aumento - si è passati dalle 9 tonnellate del 2006 alle 38 del 2008 e alle 75 tonnellate del 2009 - mentre suscita timori sull'ampiezza e la forza delle reti degli spacciatori che operano nel paese, conferma anche l'efficacia della lotta intrapresa contro i trafficanti. Un indice tra gli altri dell'asprezza di questa lotta è il numero degli scontri che si sono avuti tra i servizi di sicurezza e i trafficanti. Si è moltiplicato per quattro in qualche anno. I posti di controllo fisso sono affidati a brigate mobili che percorrono in lungo e in largo il deserto ai confini coi paesi vicini e ad una sorveglianza aerea degli spostamenti delle bande criminali. Quando vengono intercettati, questi criminali, determinati e bene armati, non arretrano di fronte a niente. Tentano di approfittare delle asprezze del terreno e di ogni minima breccia nel dispositivo di controllo. Godono inoltre di complicità tra alcuni capi di tribù locali e i gruppi armati terroristi disseminati nell'immenso deserto.
L'asse di penetrazione attualmente più frequente - e il più pericoloso - attraversa il Sud-Ovest algerino. I traffici partono dal Sahel, dove continuano a operare i terroristi di Al-Qaida nel Maghreb islamico (AQMI). Questi hanno trovato nel rapimento di ostaggi, le reti dei "passeur" dei migranti clandestini verso l'Europa e i traffici di ogni tipo, tra cui quello della droga, un facile mezzo di finanziamento. Recentemente diversi ostaggi europei sono stati sequestrati da AQMI. Venduti a capi di tribù locali, sono stati successivamente liberati dietro il versamento di un riscatto con l'accordo implicito dei loro Stati di appartenenza, che hanno chiuso gli occhi sulle transazioni, quando non le hanno favorite sottobanco, a scapito della sicurezza degli Stati della regione. Per Algeri, che ha recentemente riunito i paesi saheliani intorno a questi obiettivi securitari prioritari, bisogna lavorare in parallelo per lo smantellamento della "Sahelo-connection" e lo sradicamento dei gruppi terroristici.
Danno collaterale di questi traffici, il consumo di droga in Algeria è in netta crescita da qualche anno. Esso tocca tutti gli strati sociali. Si tratta essenzialmente di consumo di cannabis e psicotropi, e in misura assai minore di cocaina ed eroina, il cui prezzo resta fuori della portata del consumatore medio. Sempre più spesso viene segnalata la presenza di reti di spacciatori in prossimità delle scuole, in un ambiente fragile. Alcune associazioni lanciano cifre allarmistiche circa il tasso di penetrazione - fino al 45 % - degli stupefacenti negli ambienti studenteschi. La realtà è probabilmente meno allarmante. Sembra infatti che alcuni ricercatori abbiano messo insieme senza distinzione sia i tossicodipendenti recidivi bisognosi di trattamenti a lungo termine, sia i consumatori occasionali, adolescenti spesso instabili, che hanno "provato", magari subendo la pressione del gruppo, per poi rinunciare. Anche il numero dei colloqui per avviare cure disintossicanti è in aumento. Nel 2009, sono stati recensiti 7064 colloqui, contro i 6370 dell'anno precedente, e 1086 ricoveri in ospedale. Nel corso di due anni, sono stati eseguiti trattamenti su più di 30000 tossicodipendenti.


Lotta di ampio respiro
Preoccupate da questa evoluzione, le autorità hanno messo in campo un doppio dispositivo di prevenzione e repressione - come estremo ricorso - per tentare di arginare questo fenomeno recente che tende a mettere radici nella diffusa condizione di disoccupazione, fallimento scolastico e perdita di riferimenti in una società urbanizzata per quasi l'80 % e bombardata dalle immagini di violenza trasmesse dalle televisioni straniere. La lotta portata avanti contro le gang nelle zone urbane ha certamente consentito di smantellare diversi reti di commercio di hashish. Più di 300 trafficanti sono stati arrestati nel 2009, e le decine di appartamenti che utilizzavano per lo stoccaggio, sequestrate. Ma non appena una rete viene smantellata, subito se ne crea un'altra. E il lavoro deve ricomniciare da capo.
Poliziotti e trafficanti giocano al gatto col topo in una partita le cui principali vittime  restano i giovani. Il movimento associativo che si è fatto promotore di un piano nazionale di prevenzione e di prossimità, gli educatori, gli imam e i genitori vengono regolarmente richiamati a svolgere il loro ruolo. Sono state costituite delle equipe multidisciplinari mobili, composte da medici, psicologi e sociologi, per portare aiuto a questi giovani in difficoltà e prestare loro ascolto. Esse agiscono in parallelo ai centri di disintossicazione statali. Ma nessuno si nasconde che la lotta contro questo flagello, che colpisce i giovani dappertutto nel mondo, sarà lunga e difficile e che i risultati resteranno incerti e fragili.      
 



il succo del buon Dio
di Samy Abtroun

Bambini. Nella capitale algerina sono sempre di più i giovanissimi sfaccendati che sniffano colla. Non tanto per divertirsi, quanto per l'overdose

Due sacchetti uno dentro l'altro o una vecchia bottiglia rotta vicino alla bocca. Dentro, alla rinfusa, della colla liquida. Se ne fregano di che cosa contiene. Solo l'odore conta. Il profumo, l'elisir del paradiso si potrebbe dire. E' conosciuto con diversi nomi: "Chanel 6", "brodo di giuggiole", "colpo di testa", "patex", "succo del buon Dio". Ognuno ha il suo segreto, la sua immagine, la sua poesia. L'uso della plastica serve giusto a potenziare l'aspirazione, aumentare gli effluvi, moltiplicare il delirio.


Facile ed economico
Ad Algeri, capitale di tutti gli eccessi, la pratica del sacchetto è per i più giovani (in media tra i 10 e i 14 anni) un modo economico di vivere la loro miseria, meno caro della cannabis, il cinema o le capriole. Aspirando a bocca aperta (ma non col naso), pompano a loro modo. Nella testa "fa uno strappo": euforia, allucinazioni, ebbrezza. L'emozione, quasi gratuita, viene anche considerata "meglio di una scopata", assicurano questi bambini.
Questi tossici in calzoni corti vivono in branco, sono poverissimi, abbandonati a se stessi, maschietti ma sempre più spesso anche ragazze, di solito orfani, sempre sbrindellati, non vanno a scuola e, se è per questo, non vanno più da nessuna parte. Per qualcuno sono dei piccoli delinquenti, già qualche volta beccati, sono certamente anche vittime di genitori irresponsabili o detenuti, frutti "secchi" di una... separazione, ragazzi di bidonville, dimenticati dal terrorismo, ecc. Si trascinano la loro palla e i loro stracci sui gradini e nei buchi dei quartieri popolari di Algeri e della periferia: Bab el-Oued, place des Martyrs, Belcourt, Grande Poste, boulevard Amirouche, Bachdjarah, El Harrach...
Il ricorso a questa droga, che si trova in barattolo nella drogheria d'angolo - scusate se è poco! - non ha bisogno di teste pensanti, di reti, di trafficanti... Più effimera ma ritenuta efficace, la sigaretta rollata con polvere di scarafaggio richiede un minimo di tecnica; invece il pacchetto di colla si può portare via come fosse una confezione di miele, con una decina di dinar (meno di un euro a tubetto).
Dal punto di vista del costo, la colla è ancora più economica del diluente per pittura, altro surrogato molto in voga attualmente. In ogni caso è la dipendenza il costo maggiore. Con il sacchetto (pieno) in mano, come facessero la passeggiata della domenica mattina, gonfiano i loro polmoni (o ciò che ne rimane) mano a mano che si sgonfia il sacchetto di plastica. Dopo diversi mesi di consumo, tutti questi bambini hanno questa caratteristica: la faccia grigia e scavata, gli occhi lividi - da bue, come si dice - già morti o morenti, una sorta di zombie dalla faccia di plastica.
Di notte, con la gola ancora appiccicosa, si fanno abbordare dagli agenti della Protezione civile, il cui lavoro di sensibilizzazione è assolutamente esemplare. Uno di essi ci racconta con quale determinazione cerca di convincere questi piccoli senza mai essere sicuro del risultato. "Alcuni più grandi (15 anni!) accettano di sottoporsi ad un programma di disintossicazione. Ma coi piccoli è difficilissimo". Di giorno, tornati nel mondo dei vivi, questi ragazzini sono aggressivi, respirano male, non mangiano. Allo stesso tempo nervosi e vivaci, ripiombano sulle loro bottiglie. Vi restano a lungo, snervati, rigidi, l'occhio semichiuso. Fino a quando potranno resistere? Sui marciappiedi, chiedendo l'elemosina e divertendosi un mondo, insultano o sbeffeggiano gli automobilisti e i poliziotti. Non rischiano niente. La legge non prevede nulla contro i fumatori di colla. Essi lo sanno. Ne ridono, ne muoiono.
E per quelli che sopravvivono, è inevitabile il salto di qualità. Perché il "succo del buon Dio" non è altro, in fondo, se non una tappa verso uno "shoot" più forte: cocaina, eroina, ecc. Con questa sordida realtà: il livello delinquenziale cresce di pari passo con questa "promozione", diventa sempre più forte, più pericoloso. Canaglie, nel migliore dei casi, finiranno nei riformatori - una specie di pausa pranzo. Sennò, sempre a rischio overdose, si prenderanno un colpo d'arma da fuoco o un colpo di coltello. Un colpo di troppo.

 
 




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