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 Crisi siriana, giugno 2014 - Nella più recente analisi dedicata alla Siria e alla vittoria di Bachar el-Assad, la rivista inglese The Economist ha scritto che l’opposizione ha realizzato una specie di suicidio politico, dilaniandosi al suo interno. Ciò ha aiutato il Presidente siriano, Bachar el-Assad, a restare al potere... (nella foto, un seggio elettorale a Damasco)







Irib, 8 giugno 2014 (trad. ossin)



Assad si è garantito la sopravvivenza politica?



Nella più recente analisi dedicata alla Siria e alla vittoria di Bachar el-Assad, la rivista inglese The Economist ha scritto che l’opposizione ha realizzato una specie di suicidio politico, dilaniandosi al suo interno. Ciò ha aiutato il Presidente siriano, Bachar el-Assad, a restare al potere. Questa vittoria non servirà solo a mantenere al potere Assad, ma garantirà anche, a lungo termine, la sua sopravvivenza e gli procurerà anche molti altri benefici. L’Occidente sarà posto di fronte a un dilemma, o sostenere i gruppi di opposizione moderati, o trattare con Bachar el-Assad. Secondo il quotidiano Al-Qods al-Arabie, pubblicato a Londra, le elezioni presidenziali hanno conferito al Presidente siriano un mandato di altri sette anni. Organizzando le elezioni nella metà del paese sotto suo controllo, Bachar el-Assad ha saputo darsi una legittimità politica. Le elezioni in Siria intervengono in un momento in cui l’esercito siriano ha ottenuto diversi successi sul campo, in tutto il paese, successi che sarebbero stati impossibili senza l’aiuto di Hezbollah e di altre forze paramilitari, formate con la supervisione dell’Iran. Circa un anno fa, le forze siriane e i loro alleati sono riuscite a impadronirsi della città di Qusseir, e in marzo hanno assunto il controllo dei monti al Qalamoun, una regione strategica e importante, utilizzata come linea di approvvigionamento dai ribelli. Attualmente hanno posto l’assedio alla città di Aleppo, divisa tra le forze governative e i ribelli. Il governo di Bachar el Assad dipende totalmente dal sostegno dell’Iran e della Russia e se questi aiuti cessassero, non saprebbe più cosa fare.  The Economist prosegue: “Il metodo usato dal governo siriano è completamente differente da quello dei ribelli, in quanto il governo ha una strategia precisa, sostenuta da un gran numero di Siriani, ciò che non accade per i ribelli. E, nel momento in cui l’opposizione è assai divisa e minata da scontri intestini, i ribelli si sono trovati in una posizione critica.


Nel frattempo, i ribelli hanno concentrato la lotta contro le forze jihadiste, invece di combattere le forze di Assad. Gruppi come lo Stato Islamico nell’ Iraq e nel Levante, e il Fronte al-Nosra, che il capo di Al Qaida, Iman Al-Zawaheri, ha presentato come sua rappresentanza in Siria, hanno aperto un nuovo fronte contro gli oppositori di Assad. L’emergenza jihadista in Siria fa sì che molti paesi che sostenevano gli oppositori siriani, oggi si astengano dal continuare, soprattutto dal fornire loro aiuti militari per timore di vedere queste armi cadere nelle mani dei gruppi salafiti takfiriti. Detto ciò, i principali protettori dei ribelli, vale a dire gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, il Qatar e l’Arabia Saudita, hanno avviato una nuova serie di attività a sostegno dei gruppi di opposizione moderata e stanno addestrando le forze armate moderate a Nord e a Sud della Siria, con specifica delega di competenze alla Giordania, al Qatar e all’Arabia Saudita. Nello stesso tempo, i paesi arabi del bacino del Golfo persico hanno sospeso i loro aiuti ai gruppi estremisti, tra cui il Fronte islamico e Ahrar al-Cham. Peraltro taluni gruppi dati per spariti da circa sei mesi, come il Fronte dei rivoluzionari della Siria, sono nuovamente risorti. Il 17 maggio talune correnti di opposizione che si definiscono correnti islamiste moderate hanno firmato un accordo il cui obiettivo principale è quello di rovesciare Assad. Detto ciò, i ribelli stanno per perdere le loro posizioni nelle province di Hama, Idib e Aleppo. Gli Occidentali, soprattutto gli Stati Uniti d’America, sono assai inquieti nel vedere la guerra in Siria ridursi alla presenza dei terroristi nel paese. E’ per questo che insistono nella necessità di annientare il SIIL, lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante, e chiedono alle forze moderate di prendere le distanze da questo gruppo. In gennaio gli effettivi dello SIIL sono stato cacciati da Idib e da gran parte della città di Aleppo, e sono stati costretti a rifugiarsi nella città di Raqa, che non è sotto il controllo delle forze di Assad.


The Economist scrive ancora: “Anche prima del suo discorso del 28 maggio, sembrava che Barack Obama non fosse troppo interessato a sostenere gli oppositori di Assad. Gli analisti ritengono che ciò che almeno ci si può aspettare da Obama è che sostenga gli oppositori nella misura in cui ciò consentirà loro di annientare lo SIIL. Allo stato attuale, non sembra siano in grado di modificare il rapporto di forze sul fronte della lotta contro il governo di Assad. David Richard, ex comandante delle forze inglesi, ha detto in proposito: “La questione che sempre si pone è di capire se occorra o meno sostenere la creazione di un nuovo esercito in Siria. Se si decide di fornire aiuti militari, ivi compresi missili anticarro, agli oppositori, questo porterà allo smembramento della Siria, di modo che talune regioni saranno controllate dallo SIIL e dal Fronte al-Nosra e le regioni a popolazione curda saranno amministrate dal partito della Unione democratica, e alla fine i Curdi sceglieranno di cooperare con Bachar el Assad”. Secondo The Economist, un gran numero di cittadini di Damasco sono scontenti di Assad, pur preferendolo agli oppositori che subiscono sconfitte e sono incapaci di gestire tutti i fronti di guerra. Quello che oggi i Siriani vogliono è la fine della guerra a ogni costo. Uno dei leader di gruppi ribelli dice in proposito: “Noi capiamo che il popolo alla fine ha bisogno di cibo, di alimenti. E questa è forse la principale ragione della sopravvivenza di Assad e gli consente di presentarsi sulla scena come un uomo potente”.