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ProfileCrisi siriana, novembre 2015 - Le autorità francesi avrebbero ottenuto, attraverso la Turchia, assicurazioni da Daesh, dopo l’attentato contro Charlie Hebdo, che non vi sarebbero stati altri attacchi sul territorio francese (nella foto, Abdalhamid al-Baud, considerato una delle "menti" degli attacchi a Parigi del 13 novembre)

 

L’Orient le Jour, 21 novembre 2015 (trad. ossin)
 
 
La guerra contro Daesh cambia tutto
Scarlett Haddad
 
 

La situazione regionale e internazionale sembra precipitare. Il Libano, la Francia e il Mali, tre paesi di tre diversi continenti, sono stati colpiti nell’arco di otto giorni dal terrorismo islamista, che sembra allungare i suoi tentacoli di odio un po’ dappertutto e minaccia anche altre capitali di aggressioni dello stesso tipo. Il mondo intero è oramai mobilitato contro Daesh e i Francesi stanno effettuando attacchi mirati e intensivi. Ciò che d’altronde pone una questione elementare: che cosa ha fatto fino ad oggi la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti che aveva dichiarato guerra a Daesh quasi un anno e mezzo fa? Fatto sta che in pochi giorni l’opinione pubblica internazionale ha preso posizione, pretendendo che i leader mondiali agiscano contro questa organizzazione terrorista.
 
Questa opinione pubblica scopre improvvisamente che il gruppo Stato Islamico (IS) occupa un territorio che ha più o meno la stessa superficie del Regno Unito e dispone di grandi risorse finanziarie. Potrebbe contare su un bilancio mensile di 165 milioni di dollari, ricavando quasi 1,6 milioni di dollari al giorno dalle risorse petrolifere e altrettanto dal racket e dai riscatti, oltre che dal traffico di reperti archeologici. Riceve anche aiuti da diverse associazioni di beneficenza islamica. Daesh dispone inoltre di un importante arsenale sofisticato e potrebbe essere anche in grado di fabbricare armi chimiche, mentre sembra contare su una riserva umana inesauribile. Per un centinaio di elementi che muoiono in combattimento o in altre operazioni, ci sono un migliaio di nuove reclute. Secondo serie statistiche, quasi 25.000 combattenti stranieri arruolati da IS sarebbero morti dal 2012, ma l’organizzazione non soffrirebbe di alcun problema di reclutamento.
 
L’addestramento militare sarebbe per lo più affidato ad ex ufficiali di Saddam Hussein, riciclatisi nel terrorismo, che aderiscono all’ideologia wahhabita. Gli esperti di tutto il mondo studiano oramai questa organizzazione e cercano di capire come funzioni. Secondo le più recenti informazioni, l’organizzazione avrebbe deciso di delocalizzare le sue cellule infiltrate nelle società occidentali, fornendo loro un budget e lasciandole libere di scegliere obiettivi e operazioni. Cosa che renderebbe ancora più difficile la lotta contro questi gruppi, dotati di una grande autonomia e ben compartimentati. Otto terroristi sono così riusciti, da soli, a sconvolgere la Ville Lumière e i suoi milioni di abitanti e di visitatori. Ciò dimostra la estrema pericolosità di questa organizzazione che non arretra di fronte a niente per destabilizzare le società e far loro perdere la fiducia in se stesse, colpendo ovunque trovi una falla.
 
La prima conseguenza strategica, si potrebbe dire, degli attentati del 13 novembre in Francia è stato il riavvicinamento tra Parigi e Mosca, mentre in occasione dell’intervento militare russo in Siria, a fine settembre, i leader francesi non avevano lesinato critiche a Putin. Oggi, al contrario, la Francia chiede di coordinare gli attacchi in Siria contro Daesh, e il presidente francese e il primo ministro hanno ripetuto più di una volta che Daesh è il nemico n.1. In altri termini, l’obiettivo di rovesciare il presidente siriano Bachar al-Assad passa oramai in secondo piano. Comunque non è più d’attualità.
 
Addirittura, si levano voci che chiedono una rivisitazione della politica francese in Siria che, dal 2011, ha sempre preteso il rovesciamento del governo siriano, in sintonia coi paesi arabi più ostili ad esso. Secondo alcuni rapporti diplomatici provenienti dai paesi del BRICS, le Sezioni di Ricerca della Gendarmeria nazionale francese avrebbero addirittura incoraggiato quasi 3500 islamisti francesi radicali ad andare in Siria, nella speranza che non sarebbero tornati in Francia, o perché sarebbero riusciti a rovesciare il governo siriano, o perché sarebbero morti. L’idea di un ritorno in territorio francese non era nemmeno immaginato, o almeno in minime proporzioni, tali da non creare difficoltà alla stabilità della Francia. Secondo alcune stime, ci sarebbero oramai 10.000 combattenti di nazionalità europea che si battono sotto le bandiere dello Stato Islamico.
 
Come ha fatto la Francia a non accorgersi della minaccia? Una fonte diplomatica straniera in Libano precisa che le autorità francesi avrebbero ottenuto assicurazioni da parte della Turchia, dopo l’attentato contro Charlie Hebdo (in gennaio), che essa avrebbe esercitato tutta la sua influenza su Daesh, per evitare altri attacchi in Francia. Ma sembrerebbe che, dopo la morte del braccio destro di Abou Bakr el-Bagdadi, Abou Moslem al-Turkmani (nella foto a destra), in agosto durante un raid della coalizione su Mossul, tali assicurazioni sarebbero venute meno, giacché era proprio quest’uomo ad essere una specie di intermediario tra i servizi turchi e l’organizzazione terrorista.
 
Gli odiosi attentati del 13 novembre a Parigi dimostrano dunque che Daesh sarebbe diventata incontrollabile, avendo una sua propria agenda e un particolare modus operandi. L’organizzazione inoltre è in guerra su vari fronti simultanei. Quando gli attacchi aerei e i combattimenti di terra in Siria la mettono in difficoltà, risponde attaccando dove meno ce lo si aspetta, in Occidente, in Africa e in Libano, con operazioni sempre più barbare e audaci, riuscendo così a sconvolgere le priorità dei summit internazionali. Non è più tempo, dunque, per i compromessi politici e diplomatici. La Francia ha dichiarato guerra a Daesh, e questa organizzazione, che alcuni pensavano di potere strumentalizzare, ha oramai le ore contate.