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ProfileCrisi siriana, settembre 2016 - Se si è molto parlato dell’offensiva turca Scudo dell’Eufrate, nessuno più sembra oggi interessarsene. E tuttavia stanno accadendo cose che potrebbero profondamente mutare il teatro di guerra siriano

 

Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 4 settembre 2016 (trad. ossin)
 
Turchia – Siria: creazione di una zona cuscinetto
Alain Rodier
 
Il problema, coi media, è che una informazione scaccia l’altra. Se si è molto parlato dell’offensiva turca Scudo dell’Eufrate (Fırat Kalkanı Harekâtı) al momento in cui è cominciata il 24 agosto, nessuno più sembra oggi interessarsene. E tuttavia stanno accadendo cose che potrebbero profondamente mutare il teatro di guerra siriano per i mesi, addirittura per gli anni a venire
 
 
Il 24 agosto, elementi della 2° Armata turca (Posto di Comando a Malatya) hanno occupato in sole 14 ore la città sulla frontiera siriana di Jarablus. Il corpo di spedizione era composto da 500 uomini della 1° e della 2° brigata commando del 4° corpo d’armata, da carri M60 A3 della 5° brigata del 6° corpo d’armata e da veicoli da combattimento di fanteria ACV-15 della 20° brigata meccanizzata del 7° corpo d’armata. Pezzi di artiglieria di 155 mm del 106° reggimento di artiglieria (6° corpo d’armata) assicuravano il fuoco d'appoggio dalla linea di frontiera. Tutta l’operazione era coperta da caccia bombardieri turchi e statunitensi (F-16 e A-10).
 
Per dare una parvenza di legittimità alla violazione del territorio di un paese sovrano, sono stati mandati avanti più di un migliaio di attivisti appartenenti a diversi gruppi “ribelli” siriani (turkmeni e arabi). I più importanti movimenti che hanno partecipato alla spedizione sono: la Brigata Sultan Mourad, la Legione dello Sham, la 13° divisione, il Liwa Suqour al-Jabal, il Harakat Nour al-Din al-Zenki, il Fronte del Levante, il Jaysh al-Tahrir, la Brigata Hamza, il Liwa al-Fatah, il Jaysh al-Nasr, il Ahrar Tal Rifaat, la Brigata al-Moutasem e il Ahrar al-Sham[1]. Di fatto, questi ribelli erano al comando di membri delle forze speciali turche guidate dal tenente generale Zekai Aksakalli, che è entrato a Jarablus lo stesso 25 agosto.
 
Dall’inizio di settembre, i gruppi ribelli appoggiati da carri turchi continuano a consolidare le proprie posizioni a Jarablus, dove la vita sembra avere ripreso il suo corso, soprattutto grazie agli aiuti umanitari forniti dalla Mezzaluna Rossa. Ma l’avanzata si è fermata in direzione sud, dove il fiume Nahr al-Sajour costituisce un limite da non oltrepassare, e la cui riva sud è controllata dalle Forze democratiche siriane (FDS) che hanno conquistato Manbij il 12 agosto. Gli USA hanno lasciato chiaramente intendere che non appoggeranno forze turche che oltrepassassero il Sajour. Resta quindi l’incognita russa. Quali sono i termini dell’accordo verosimilmente concluso tra il presidente Recep Tayyip Erdoğan e Vladimir Putin durante l’incontro a San Pietroburgo dell’8 agosto? Infatti le forze governative siriane e i loro alleati russi, incredibilmente, non hanno al momento mostrato alcuna reazione. E’ probabile che siano stati fissati dei limiti da non superare.
 
Vi è stata per contro una avanzata verso ovest, approssimativamente lungo la linea della frontiera, per tentare di collegarsi ai “ribelli” dell’Esercito Siriano Libero (ESL), che hanno conquistato terreno contro Daesh.
 
Il 3 settembre, una ventina di carri turchi M60T Sabra[2](1), accompagnati da cinque veicoli da combattimento di fanteria, sono entrati nel villaggio di Al-Rai, ad una cinquantina di chilometri a ovest di Jarablus. Questi blindati provenivano dalla città di frontiera turca di Elbeyli, dove erano stati trasportati da porta-carri. La loro unità di appartenenza è sconosciuta, ma potrebbe fare parte della 3° armata (Posto di Comando a Erzincan). Nel corso di questa nuova operazione terrestre, venivano anche colpiti alcuni bersagli di Daesh, con tiri di artiglieria alcuni dei quali provenivano da lanciarazzi M142 High Mobility Artillery Rocket System (HIMARS) statunitensi, posti sul lato turco della frontiera, la cui portata può raggiungere 200-300 chilometri.
 
L’obiettivo tattico di Ankara è di chiudere la frontiera, dall’Eufrate a est, fino al corridoio di Azaz a ovest. Per fare ciò, la Turchia si appoggia a tutti i movimenti “ribelli” e combatte teoricamente Daesh, che finora non ha opposto una vera resistenza alle sue azioni.
 
L'obiettivo prioritario del presidente Recep Tayyip Erdoğan è di impedire la creazione di un Kurdistan autonomo - il Rojava – nella Siria del nord, alla frontiera sud della Turchia. Ha battezzato questa regione il «corridoio terrorista». Essa è controllata dal Partito dell’Unione Democratica (PYD), la più importante formazione politica locale, dotata di un potente braccio armato, le Unità di protezione popolare (YPG) che formano l’ossatura delle Forze Democratiche Siriane (FDS). Si tratta di un partito di obbedienza marxista-leninista e vicinissimo ai separatisti del PKK turco. Per Ankara, dunque, sarebbe intollerabile lasciar fare. Risultato dell’operazione turca, il Rojava si ritrova de facto tagliato in due. A ovest, il cantone di Efrin; a est, quelli di Konabe e di Djézireh. Una delle conseguenze di questi fatti – e anche degli scontri che vi sono stati tra forze governative siriane e il YPG a Hassaké[3] – è che le FDS perdono progressivamente la loro componente «araba», che preferisce trasmigrare, o verso milizie filo-governative, o verso l’Esercito Siriano Libero (ESL). Per esempio, una cinquantina di uomini del Liwa al-Tahrir sono giunti il 2 settembre a Jarablus, dove si sono posti agli ordini dell’ESL.
 
La nuova situazione i Siria rischia di essere la seguente:
 
    il nord del paese finisce sotto il controllo dei Curdi, dei “ribelli” sostenuti dalla Turchia[4] e degli islamisti radicali nella provincia di Idlib;
    Aleppo, considerata da tutte le parti come una delle più importanti battaglie, continuerà ad essere contesa;
    l'est resta sotto il controllo di Daesh, tramontata l’idea di liberare Raqqa, la «capitale» del proto-Stato, avendovi le FDS rinunciato a causa della politica ambigua di Washington ;
    la costa mediterranea e Damasco sono saldamente nelle mani del governo e i suoi alleati, ma continuamente sotto attacco da parte di gruppi “ribelli”;
    il centro (la regione di Hama) e il sud (la regione di Deraa) continueranno ad essere disputate per cercare di allentare la pesante morsa su Aleppo.
 
Per quanto nessuno voglia ammetterlo, prosegue la divisione della Siria.
 
Note:
 
    [1] compare sulla cartina con l’acronimo FSA/Free Syrian Army (Esercito siriano libero).
    [2] M60 statunitensi ammodernato da Israele.
    [3] vedi www.ossin.org – settembre 2016, «Siria: il punto della situazione».
    [4] Ankara sta verosimilmente riuscendo a creare una zona cuscinetto di 100 chilometri per 30.