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“Solidariedad con el pueblo hermano de Palestina”


Nel giorno della memoria….per non dimenticare l’olocausto palestinese

Il 27 gennaio in tutto il mondo si ricorda l’olocausto del popolo ebraico. Una pagina orribile della storia del novecento, che ha segnato la vita ed i ricordi di milioni di persone. Negare la Shoah ''e' un crimine che dovrebbe diventare un reato perseguibile dalla legge” questo è quanto ha dichiarato, a margine della presentazione a Roma delle iniziative per la Giornata della Memoria, il presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna.
Sono pienamente d’accordo!! E chi non lo sarebbe davanti alla ferocità e alla bestialità perpetuata scientificamente dal Regime Nazista durante la seconda Guerra Mondiale, contro il popolo ebraico, contro il popolo rom, contro gli omosessuali e contro gli avversari politici del nazifascismo.

Eppure, sembra che nessuno faccia attenzione ad un altro olocausto che prosegue nel silenzio generale, da oltre 60 anni. E’ quello del popolo palestinese, costretto a vivere in una piccola prigione all’aria aperta nella quale chi vi è dentro, non ha la possibilità di un’ora d’aria perché potrebbe risultare fatale.
In questo 27 gennaio 2009, a Quito, si è voluto ricordare ciò che è accaduto dal 1948 ai giorni nostri in Medioriente e ciò che sta accadendo oggi nella Striscia di Gaza. A chiamare gli studenti a riflettere su tale tragedia ci ha pensato il Movimento Socialista Bolivariano. Un’organizzazione politica nata circa 13 anni fa in Ecuador, ancor prima dell’avvento del Comandante Chàvez in Venezuela. L’incontro pro – Palestina, dal titolo “Solidariedad con el pueblo hermano de Palestina”, si è tenuto presso l’Auditorium della Facoltà di Comunicazione Sociale dell’Università Centrale di Quito.

Non appena entro in sala, noto qualcosa che richiama l’attenzione del pubblico: è un grande schermo che proietta le immagini crudeli e feroci del genocidio subito dal popolo giudeo, quelle stesse immagini viste innumerevoli volte nei documentari o nei film proiettati dalla televisione italiana come “Schindler’s list” la storia vera dell’industriale tedesco che salvò più di mille ebrei, L’affare Perlasca la coraggiosa azione dell’italiano Perlasca che salvò a Budapest migliaia di ebrei ed ancora La vita è bella che affronta la tragedia con la struttura di una favola, caratterizzata quindi da una forte differenziazione tra bene e male.
Qualcosa mi dice che c’è stato un tentativo sublime di voler comparare i due olocausti. Forse si è voluto comunicare che quanto subito oltre 60 anni fa dal popolo ebraico è lo stesso che subisce oggi il popolo palestinese?
I relatori si susseguono con grande con grande rispetto. È evidente la voglia di testimoniare, di raccontare, di denunciare o semplicemente di ripercorrere storicamente gli ultimi decenni del conflitto più lungo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ma quando sale sul palco Nader Aberdrabo, membro della Comunità Palestinese in Ecuador, non c’è più scampo per le analisi fredde e scientifiche, non hanno spazi quegli sproloqui intellettualoidi di chi vive tale conflitto seduto in poltrona.
Non ci sono più mezzi termini per raccontare le atrocità subite dal popolo palestinese da oltre 60 anni. Nader ci va duro quando afferma:


“Viviamo sotto l’assedio di uno Stato fascista, razzista e segregazionista. Il Nazismo, il Fascismo ed il Sionismo sono per me  la stessa cosa. La  guerra è un atto illegale che produce danni collaterali irreversibili, soprattutto tra i civili. La pace per il popolo palestinese e israeliano è indispensabile ma la nostra resistenza è fondamentale. I Governi di Stati Uniti e dell’Unione Europea avallano e accettano l’invasione militare d’Israele e dobbiamo constatare che la maggior parte dei mass – media  sono a favore del Governo Israeliano. Nei fatti coprono mediaticamente il conflitto militare ed ideologico perpetuato da Israele, sono tutti allineati al pensiero unico.
Leggevo in questi giorni alcuni giornali statunitensi e nessuno citava ciò che accadeva realmente  in Medioriente a parte il Magazine NEWSWEEK che in un editoriale ricordava  del conflitto israelo – libanese dell’anno scorso, tralasciando qualsiasi riferimento di carattere storico.
L’intervento militare israeliano è sproporzionato rispetto alla resistenza del popolo palestinese. Subiamo la caduta, sulle nostre case e teste, di bombe al fosforo bianco, di bombe a grappoli, di sparatorie sommarie su donne e bambini. E’ una codardia. I mass - media fanno passare per terroristi coloro che non sono. Io mi e vi chiedo: Chi è che occupa illegalmente dal 1948 i territori palestinesi? Chi è che non ha mai rispettato nessuna Risoluzione dell’ O.N.U.? Chi è che bombarda le case dei civili palestinesi? Chi è che incarcera e detiene sommariamente i nostri fratelli palestinesi? Chi è che non permette ai palestinesi di usufruire d’ acqua potabile, di viveri di prima necessità e di farmaci? Chi è che non lascia passare gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza? Chi è che ostacola quotidianamente il libero passaggio di persone e merci all’interno dei nostri territori? Chi è che ha costruito il muro? Chi è che inquina le nostre falde acquifere con radiazioni chimiche? A tutte queste domande troverete sempre la stessa risposta: ISRAELE. E allora chi sono i terroristi?
E  quanti sono i conflitti vissuti in questa terra bella e martoriata  dal 1948 ad oggi? Vedrete che ognuno è stato segnato da tragedie ed atrocità che non riscontrerete in nessun altro conflitto contemporaneo.
Noi oggi tutti lottiamo uniti contro il nemico storico israeliano. Tutte le frazioni sono unite. Io personalmente vorrei che la Palestina sia laica e democratica ma libera dall’oppressione nazista israeliana.
Si parla della diaspora del popolo ebraico. Bene la diaspora del nostro popolo non è certamente da sottovalutare. Oggi nel mondo migliaia di rifugiati palestinesi scappano dalla Palestina  inseguendo la pace in molte parti del Mondo; dal vicino Medioriente, all’Europa, agli Stai Uniti ed anche qui in America Latina. Basta con questo massacro. Vogliamo vivere in pace insieme ai fratelli israeliani che lottano per la pace nel loro Paese”.


L’applauso è scrosciante e l’emozione è palpabile mentre continuano a scorrere le immagini crude dei bambini palestinesi martoriati e malformati, magari dopo l’ennesimo bombardamento.
Dopo averlo ascoltato incontro Nader che mi racconta delle sue visite, a Roma, a Bologna e ad Ancona alcuni anni fa per testimoniare direttamente di quanto avviene in Palestina.
Mi saluta con un “Arrivederci” mostrando energicamente il suo pugno chiuso, mentre da lontano una bandiera palestinese sventolava con su scirtto “Gloria al pueblo Palestino”.


Quito, 27 gennaio 2009
Davide Matrone