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Bachar el-Assad: La crisi egiziana rappresenta la sconfitta dell’islam politico
Luc Michel

“Chiunque utilizzi la religione con obiettivi politici o per favorire alcuni rispetto a altri, è destinato all’insuccesso” Bachar el-Assad (il 3 giugno scorso)


L’esercito egiziano ha annunciato, con un messaggio televisivo mercoledì sera, di avere destituito M. Morsi, sospeso la Costituzione e di avere indetto elezioni presidenziali anticipate in Egitto.

Il presidente siriano Bachar el-Assad ha commentato, affermando che le massicce manifestazioni contro il suo omologo egiziano destituito, Mohamed Morsi, “segnano la fine dell’islam politico”, secondo gli estratti di un’intervista ad un giornale siriano che sarà pubblicata giovedì. “Quanto accade in Egitto è la caduta di ciò che viene conosciuto come islam politico”, ha dichiarato il capo di Stato siriano al giornale siriano As-Saoura.


“Dovunque nel mondo, chiunque utilizzi la religione con obiettivi politici o per favorire alcuni rispetto ad altri, è condannato al fallimento”, ha aggiunto il signor Assad, i cui estratti sono stati diffusi sulla sua pagina Facebook fin da mercoledì. Il presidente el-Assad ha aggiunto ce “non si può ingannare tutti per sempre. A maggior ragione il popolo egiziano, la cui civiltà è millenaria e che è portatore di un chiaro pensiero nazionale arabo”.


Le parole di Bachar el-Assad sono state pubblicate qualche ora dopo una dichiarazione del suo Ministro dell’Informazione, Omrane al-Zohbi, che aveva precisamente affermato che le dimissioni di Mohamed Morsi erano necessarie per la soluzione della crisi egiziana.


I Fratelli Mussulmani al servizio dell’imperialismo yankee
L’animosità tra il regime di Damasco e i Fratelli Mussulmani dura da molti anni e l’appartenenza alla Confraternita è punita in Siria con la morte dal 1980, quando vi fu l’insurrezione dei quartieri islamisti di Homs, preceduta dalla strage dei cadetti dell’accademia militare a opera dei Fratelli Mussulmani.


Il ramo siriano dei Fratelli Mussulmani gioca oggi un ruolo cruciale nella sedicente “Coalizione nazionale dell’opposizione siriana in esilio”, che viene riconosciuta quale legittima (sic!) rappresentante del popolo siriano da più di un centinaio di Stati e organizzazioni, tutte vassalle degli USA.


I Fratelli Mussulmani, dopo essere stati i pupilli del III Reich con sede a Monaco, sono passati nel 1945 al servizio degli USA. Contro i Sovietici nel Caucaso e contro tutti i regimi nazionalisti arabi – Baath, Nasser o Gheddafi – in Medio oriente.


Ritorno sugli ultimi avvenimenti del Cairo
L’esercito egiziano ha dunque rovesciato mercoledì l’islamista Mohamed Morsi, dopo un anno tumultuoso di governo, segnato da crisi a ripetizione, talvolta mortali. Le consultazioni per la formazione del prossimo governo si avviano “adesso”, ha annunciato nella notte tra mercoledì e giovedì l’oppositore ed ex candidato alle presidenziali Amr Moussa.


La prima reazione di Morsi, oggetto durante la sua presidenza di una contestazione popolare costante, che ha toccato il suo apogeo negli ultimi giorni, è in una dichiarazione nella quale ha affermato che questo “colpo di Stato è respinto da tutti gli uomini liberi del paese” (sic!), facendo alleggiare il rischio di una continuazione del braccio di ferro. Dopo aver respinto l’ultimatum martedì e sottolineato la “legittimità” conferitagli dall’elezione, Morsi ha fino all’ultimo momento cercato di risolvere la crisi proponendo un “governo di coalizione e di accordo finalizzato alla organizzazione delle prossime elezioni politiche”.


L’annuncio dell’esercito è stato accolto da una esplosione di gioia da parte delle centinaia di migliaia di oppositori che manifestavano in massa nel paese. Migliaia di persone, riunite davanti al Ministero scandendo: “Egitto, Egitto!”, hanno gridato la loro gioia dopo l’annuncio dell’esercito. “Io aspettavo solo una cosa, che Morsi se ne andasse”, ha affermato all’AFP Abdel Khalek Abdo, un agricoltore di 56 anni.


Questo sviluppo drammatico ricorda, non senza quell’ironia frequente nella storia, la caduta del regime di Hosni Mubarak, cacciato dal potere nel febbraio 2011, dopo 18 giorni di manifestazioni massicce per le sue dimissioni.

Con la differenza che il signor Mubarak, egli stesso militare di formazione, aveva rimesso il potere nelle mani dell’istituzione militare, mentre stavolta è stato l’esercito a mettere il potere nelle mani del presidente del Consiglio Costituzionale, Adly Mansour, fino alle elezioni presidenziali anticipate, senza tuttavia determinare la durata di questo periodo di transizione. “La Costituzione inoltre è sospesa”, ha annunciato il capo dell’esercito e ministro della Difesa, il generale Abdel Fattah al-Sissi, nel corso di una apparizione televisiva, attorniato dai maggiori capi religiosi del paese e dal rappresentante dell’opposizione, Mohammed Elbaradei. “Sarà costituito un comitato incaricato di esaminare le proposte di modifica costituzionale”, ha aggiunto il generale Sissi. E un governo composto da “tutte le forze nazionali” e “dotato di pieni poteri” sarà incaricato per i disbrigo degli affari correnti.


La Road Map è stata annunciata dopo la scadenza, alle 14,30 di mercoledì, dell’ultimatum dell’esercito che aveva intimato a Morsi di “accogliere le richieste del popolo”, una parte del quale lo accusava di voler “instaurare un regime autoritario a profitto dei Fratelli Mussulmani”. Questo piano è stato discusso nel corso della giornata tra l’esercito, i responsabili dell’opposizione e i capi religiosi.


Decine di migliaia di oppositori di Morsi erano sempre in piazza, al Cairo e in altre località – ieri erano diversi milioni – come anche i sostenitori del presidente – meno di 25.000 – mentre le violenze hanno già provocato 47 morti e centinaia di feriti dal 26 giugno. Al Cairo sono stati impiegati dei blindati per bloccare le strade che conducevano al luogo dove erano riuniti i manifestanti filo-Morsi. Mentre il Ministro dell’Interno ha dichiarato che avrebbe risposto “fermamente” a ogni violenza, l’esercito ha rafforzato la vigilanza intorno alle sedi istituzionali e ha invitato il personale amministrativo della televisione di Stato di allontanarsi.


Quattro sostenitori del presidente Morsi sono stati uccisi nel corso di scontri con militari e polizia nella città di Marsa Matrouh (nord-ovest), secondo quando riferiscono i servizi di sicurezza. Altre dieci persone sono rimaste ferite durante questo attacco di partigiani del presidente Morsi alla sede dei servizi di sicurezza in questa città della costa mediterranea, vicina alla frontiera libica.


I servizi di sicurezza hanno interrotto mercoledì i programmi di una catena televisiva appartenente ai Fratelli Mussulmani, la confraternita cui appartiene Morsi, ha dichiarato un collaboratore di quest’ultimo all’agenzia AFP. Prima dell’annuncio dell’esercito, alcune fonti dei servizi di sicurezza hanno affermato che al signor Morsi e ad altri dirigenti dei Fratelli Mussulmani sarebbe stato “vietato di uscire dall’Egitto”. Tra loro, la Guida suprema della potente confraternita, Mohammed Badie, e il suo numero 2 Khairat al-Chater.


Il perverso gioco egiziano
Ho approfonditamente analizzato nel dicembre scorso la crisi egiziana (*), poi la sua evoluzione nell’aprile di quest’anno (**).

La mia analisi è stata costante dai primi giorni del 2011, scevra delle illusioni, delle analisi erronee e delle mediamenzogne sulla sedicente “primavera araba”.  L’Egitto vede oggi l’esito – provvisorio? – di una crisi tra le diverse frazioni dei domestici egiziani di Washington e della CIA: i Fratelli Mussulmani e OTPOR-Egitto (lo pseudo “movimento del 6 aprile”). Tutto ciò dopo l’eliminazione di Mubarak due ani fa, anch’egli al servizio degli USA.


Nei moti egiziani – che hanno radici nella miseria endemica e in una crisi economica drammatica, aggravata dall’incapacità a governare dei Fratelli Mussulmani – vi sono una impeccabile messa in scena e dei tecnici della sovversione. Basti guardare i cartelli in inglese portati dai manifestanti illetterati del Cairo o gli scenografici balletti di elicotteri dell’esercito… E “Tamarod” – “ribellione”, il movimento che ha fatto girare una petizione per chiedere elezioni presidenziali anticipate – è solo un avatar della rete OTPOR in Egitto!


La crisi rende evidente quello che nessuno voleva vedere. Il re è nudo e la “democrazia” egiziana è una tragicommedia. Sono i generali dell’esercito – anche loro made in USA (un miliardo e 350 milioni di dollari di aiuto annuale USA) – che controllano ancora e sempre la piazza e il paese. Per garantire una illusione di “potere” fantoccio al Cairo. Che sempre gli USA e le loro reti di azione formati da OTPOR-CANVAS hanno strappato dalle mani di un altro loro protetto, Mubarak…


Come nel gennaio 2011, o ancora in aprile 2013, la mia conclusione è la stessa. L’esercito egiziano ricorda agli analisti cacasotto dei media occidentali che non ha mai cessato di essere, allo stesso tempo, arbitro, risorsa e garante del “nuovo regime” egiziano. Ho spiegato questo alla leadership della Jamahiriya a inizio febbraio 2011… Come in Tunisia e in Marocco, gli USA tirano tutti i fili e muovono tutte le marionette. E’ la “democrazia”?


Cosa che non impedisce a questi stessi analisti di pontificare all’infinito su queste stesse analisi totalmente smentite da due anni. Così Le Temps (Ginevra) di giovedì che ci propina nuovamente un nauseabondo: “La vera Primavera araba sta per cominciare” (sic!)…


In questo gioco perverso del chi perde perde, Washington è l’unica che vince sempre. Ma la crisi egiziana ha un altro inatteso vincitore. Mohamed Morsi aveva , come molti altri leader arabi, invitato Bachar el-Assad a dimettersi. La caduta di Morsi e la batosta ai Fratelli Mussulmani - che avrà un’eco a Tunisi, Tripoli, Ankara o Doha – è dunque, in un contesto militare e politico diventato complessivamente favorevole al presidente siriano, una buona notizia per Damasco…



(*) Combats de rue entre fractions égyptiennes pro-américaines, les frères musulmans et Otpor-égypte
http://www.elac-committees.org/2012/12/07/pcn-spo-combats-de-rue-entre-fractions-egyptiennes-pro-americaines-les-freres-musulmans-et-otpor-egypte/
 
(**) Encore et toujours l’escroquerie politique du soi-disant « printemps arabe»
http://www.elac-committees.org/2013/04/03/elac-alac-encore-et-toujours-l%e2%80%99escroquerie-politique-du-soi-disant-%c2%ab-printemps-arabe-%c2%bb-%e2%80%a6/