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Hebdo Al-Ahram, 12/18 maggio 2010

 

I blog nel mirino

di Ola Hamdi


Sarebbero in crescita le violazioni dei diritti dell’uomo in Egitto, secondo un recente rapporto che invita i giornalisti a esercitare pressioni sul governo

 

“La situazione va deteriorandosi”. E’ la conclusione di un rapporto della Rete araba per l’informazione sui diritti dell’uomo (ANHRI) pubblicato il 6 maggio. Benché la Costituzione egiziana tuteli i diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione e di stampa, “la realtà è completamente diversa… Lo stato di emergenza e il codice penale limitano questi diritti”, segnala il rapporto.

Intitolato “Stato della libertà di opinione e di espressione in Egitto nel 2009”, il rapporto elenca “i procedimenti penali e gli abusi” che hanno riguardato i giornalisti ed il blogger nello scorso anno, nonché le pene detentive, le detenzioni amministrative (autorizzate dallo Stato di emergenza), i divieti di viaggio e le multe pesanti. Il rapporto recensisce 520 azioni giudiziarie relative al tema della libertà di espressione nel 2009 e che hanno coinvolto giornalisti e blogger.

Da parte sua l’ONG ha avviato 15 azioni giudiziarie per difendere dei giornalisti e dei blogger, ma la Procura  ne ha preso in esame solo 4. “La Procura prende molto sul serio i processi intentati contro i giornalisti e i blogger. Per contro, se questi si rivolgono alla giustizia per fare valere i loro diritti, sono per lo più ignorati”, afferma Gamal Eid, direttore esecutivo dell’ANHRI.

Il rapporto parla dei processi della “hisba”, recentemente intentati contro dei giornalisti. Secondo questa pratica ispirata al diritto musulmano, chiunque ha diritto di ricorrere alla Giustizia per denunciare dei cattivi comportamenti che minacciano l’ordine pubblico e il buon costume. Esageratamente utilizzata da uomini di religione, questa procedura è stata praticamente neutralizzata attraverso costanti rigetti delle cause nelle quali il querelante non era direttamente parte lesa. Detto ciò, però, l’uso politico della hisba resta molto di moda. Il rapporto accusa il regime di servirsi di questa pratica per colpire indirettamente i suoi oppositori. Spesso, in nome dell’interesse generale, un avvocato sconosciuto denuncia questo o quel giornalista. ANHRI invita il governo a chiarire la sua posizione in relazione a questa pratica.


Assumere le proprie responsabilità

Inoltre il rapporto denuncia le istituzioni religiose musulmane e cristiane che tendono sempre di più a trascinare davanti alla Giustizia degli artisti, degli scrittori e dei giornalisti, i cui scritti e le cui opere sono considerate “blasfeme”.

Di fronte alle restrizioni imposte o favorite dalla legislazione in vigore, il rapporto invita il sindacato dei giornalisti ad assumersi le sue responsabilità ed a difendere i suoi associati. Ora, le opinioni dei giornalisti divergono sul giudizio da dare al loro sindacato. Molti, come Ibrahim Mansour, redattore capo esecutivo del quotidiano indipendente Al-Dostour, ritengono che il sindacato sia un organismo vicino al governo: “Io non credo che il sindacato nella sua attuale composizione possa promuovere delle rivendicazioni o assicurare la difesa dei suoi associati”, ritiene Mansour. Pensa piuttosto che “in una atmosfera di oppressione, il margine di libertà dipenda soprattutto dal coraggio personale dei giornalisti e degli scrittori”.

Il capo del comitato delle libertà del sindacato, Mohamad Abdel-Qoddous, riconosce da parte sua la difficoltà di difendere le libertà nello stato di emergenza e di fronte all’onnipresenza dei servizi di sicurezza.

Tuttavia, anche se i giornalisti tendono a relativizzare il ruolo del loro sindacato, ciò non toglie che esso possegga un peso morale che le istituzioni riconoscono. In rapporto ai giornalisti sindacalizzati, i blogger sono l’anello più debole. La richiesta di vietare le pene detentive per i delitti di stampa, un tema molto caro al sindacato, non si estende agli “estranei”.

“Di fronte alle persecuzioni poliziesche, i blogger chiedono la protezione delle ONG che si interessano alla loro causa e alla loro sorte. Queste ONG assicurano una buona assistenza giudiziaria”, afferma Mohamad Gamal, 20 anni, che da quattro anni scrive regolarmente sul suo blog di nome Ehna (noi).

Se il rapporto di ANHRI rileva una regressione in tema di libertà di stampa e di espressione, Mohamad, come molti giovani della sua generazione, è convinto che la repressione non produrrà altro che un aumento del numero dei blog. “I giovani sono molto più intelligenti di quelli che li perseguitano”, aggiunge Mohamad Gamal.