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Jeune Afrique – 21.1.2009



Haiti: la prima figlia dell’Africa



Al di là dell’oceano, un legame umano e spirituale avvicina l’Africa alla ex “Perla delle Antille”. Nel più profondo delle coscienze, Haiti resta la “prima Repubblica nera della Storia”


Haiti vive un incubo. Uno dei peggiori momenti della sua storia. Le immagini di apocalisse che giungono da Port-au-Prince non possono lasciare indifferenti. A maggior ragione l’Africa, della quale Haiti è un prolungamento, e che si sente straziata, nonostante le performance di football in Angola.
Quando si chiede agli Africani cosa Haiti rappresenti per loro, molti ricordano subito l’indipendenza dell’isola caraibica che, nel 1804, è diventata la “prima repubblica nera della Storia”E ne traggono una fierezza tanto più grande dal momento che questa indipendenza è stata conquistata attraverso una sconfitta coloniale, precisamente quella dell’esercito francese. “Per noi Haiti è nello stesso tempo il simbolo dell’avvilimento dei Neri a causa della schiavitù e della tratta, e del loro riscatto grazie all’indipendenza strappata ai colonizzatori”, sottolinea lo storico congolese Elikia.

Ex “Perla delle Antille”
Questa profondo legame tra l’Africa e l’ex”Perla delle Antille” è soprattutto un legame umano: la quasi totalità degli Haitiani sono discendenti degli schiavi provenienti dalla costa dell’Africa dell’ovest, vale a dire dalla Nigeria, dal Benin e dal Togo attuali. Cosa che spiega anche il radicamento plurisecolare del vudù. Il Maliano Tiébilé Dramé, che ha soggiornato un anno nel paese per conto dell’ONU negli anni 1990, ricorda: “Fin dall’arrivo mi sono reso conto che Haiti era la terra più africana delle Grandi Antille. Quest’isola è la prima figlia dell’Africa. Resta vivissima la cultura del continente. Oggi, in queste drammatiche ore, spero che l’Africa non lascerà ad altri il monopolio della solidarietà con Haiti”.
La rivendicazione delle radici africane segna tutta la storia haitiana. Jean Price-Mars, scomparso nel 1969, è una delle grandi figure di questa corrente di pensiero. Ad Haiti ha valorizzato il patrimonio dell’Africa ancestrale; poi a Parigi, negli anni 1930 ha frequentato l’elite della diaspora nera. Molto stimato ed ascoltato dai suoi compagni, questo “invocatore d’Africa” si inserisce senza difficoltà nella famiglia di Presenza africana. Ed è stato del tutto naturale che, quando questa casa editrice ha organizzato alla Sorbona, nel 1956, il primo Congresso degli scrittori ed artisti neri, egli ne sia stato eletto presidente all’unanimità.
Lo stesso anno è stato posto a capo della Société africaine de culture, creata da Présence Africaine. Ha detto di lui Léopold Sédar Senghor: “Mostrandomi i tesori della negritudine che aveva scoperto su e dentro la terra haitiana, mi ha insegnato a scoprire gli stessi valori, ma vergini e più forti, su e nella terra d’Africa”.

Discorso in lingala
Questa stessa sete di Africa spingerà Roger Dorsinville, un’altra grande penna haitiana, a vivere sul continente dal 1961 al 1986, in Liberia, quindi in Senegal. Per lui si è trattato di una nuova nascita che ha fecondato la sua opera, conferendole, secondo i critici, “un carattere originale e innovatore nella storia della letteratura di Haiti”.
Gli intellettuali haitiani si sono, dal tempo delle indipendenze africane, spesi molto per il continente. Soprattutto in favore dell’attuale RD Congo che, a partire dal luglio 1960, si è ritrovato senza mezzi dopo la partenza massiccia dei quadri coloniali belgi. Sono venuti dunque molti haitiani per la formazione della gioventù congolese, come testimonia Elikia M’Bokolo: “Sono stato loro allievo. Tra loro c’erano professori, medici, giuristi – persone di grandissima qualità – che ci hanno dato molto. E quando, nel 1991, io sono andato a mia volta a insegnare nel loro paese, sono stato colpito dalla curiosità che gli Haitiani hanno per l’Africa”. L’affetto per l’Africa si ritrova – ricorda – nel ministro degli esteri di Jean-Bertrand Aristide, nato in RD Congo, che alla tribuna delle Nazioni Unite ha pronunciato una parte del suo discorso in lingala. O ancora il regista Raoul Peck, i cui genitori sono stato tra i primi ad arrivare a RD Congo e che ha conservato un ricordo imperituro del continente, al punto di dedicare un fil ad uno dei suoi eroi, Patrice Lumumba, ed un altro al genocidio ruandese.