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Gli obiettivi generali della sinistra sono riassumibili in tre slogan:
•    Abolire il debito estero!
•    Nazionalizzare le miniere!
•    Costruire un'industria nazionale per il benessere del popolo!

Bisogna ricordare che l’Indonesia non è un paese centrale e che è più vittima che predatore nella globalizzazione, e la sinistra denuncia la presenza di capitali stranieri che stanno comprandorizzando il paese. Ragion per cui, la politica della sinistra è molto simile a quella delle sinistre latino americane, che stanno attuando una politica economica auto-centrata (direbbe  S. Amin) e di sganciamento moderato dalla globalizzazione. D’altronde anche la Cina segue la stessa politica, nonostante appaia molto più integrata nella globalizzazione. Insomma nei confronti di una globalizzazione dalla quale  addirittura gli USA (o l’Italia), sempre più vulnerabili, prendono le distanze, quella della sinistra indonesiana sembra essere la posizione più ragionevole.
Torniamo alla questione elettorale e alla politica delle alleanze. A prima vista sembra che si sia generato un fenomeno stile “Sinistra Arcobaleno”, per opera del PRD e del Papernas che non considererebbero più la borghesia interna come nemica, in quanto subisce le stesse nefaste conseguenze dell’invasione di capitali esteri. Posizione condivisibile e verificabile in molti paesi oltre l’Indonesia.  Insomma la borghesia è vittima, tanto quanto i poveri, della globalizzazione. Tuttavia la parte di sinistra che si oppone all’alleanza pone l’accento su altri due punti chiave:

-    Il Parlamento indonesiano non ha legittimità! Secondo i nostri calcoli nel 2004 avrebbero votato 113 milioni di persone su una popolazione di 234 milioni, il che rappresenterebbe il 47% dei votanti. Se a paragone vengono presi paesi come l’Italia, con il suo 78% di votanti nel 2008, sembrerebbe doversi concludere che effettivamente vi è una crisi di legittimazione, ma se si prendono in considerazione gli USA (40% di votanti nel 2004), allora il discorso cambia. Sappiamo che c’è una forte differenza tra il paese più ricco del mondo e il più povero e che il consenso al sistema non si misura solo elettoralmente, solo chi vive in Indonesia ha il polso della situazione.

-    La borghesia indonesiana, sebbene esprima favore nei confronti del popolo e avversione verso la globalizzazione in realtà conserva i suoi caratteri di classe. I partiti borghesi sarebbero nati per difendere classi che non hanno molto a che fare con quelle subalterne e ciò si vede ogni giorno: dall’estrazione sociale dei leader, dai metodi di lotta ecc.


La critica è rivolta principalmente al PBR (Star Reform Party) che sarebbe il partito istituzionale più vicino alla sinistra (Papernas e al PDR). Insomma dare legittimità a questi partiti sarebbe un errore, poiché sarebbero già screditati di fronte alle classi subalterne.

Il PDR e il Papernas, oltre alla analisi sulla convergenza di interessi tra borghesia e classi subalterne, avanza anche considerazioni tattiche. La partecipazione alle elezioni permetterebbe di estendere la loro influenza nel territorio e di allargare la propaganda. La questione quindi non è solo di alleanza, ma di partecipare alle elezioni o meno.

Il gruppo che si oppone alle elezioni è fortemente timoroso che questi partiti si sgancino dal movimento reale dei poveri e dalle pratiche di lotta e di rappresentazione sociale tradizionali della sinistra. Il timore è uno scollamento dalla base sociale, a favore dell’ “autonomia del politico”. Inoltre muove dubbi anche dal punto di vista tattico: “come può un partito come il PBR (Star Reform Party) raccogliere voti, visto che non ha mai partecipato a lotte popolari?” Il PBR, quindi non sarebbe riconoscibile.