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L’Occidente e il “nucleare iraniano”. Tra timore, minacce e fruttuose sanzioni
Amar Djerrad

Quando il presidente israeliano Shimon Peres ha avvertito  di recente che la “possibilità di un attacco militare contro l’Iran è più probabile di una opzione diplomatica”, seguito da un comunicato dell’ufficio del primo ministro che invitava “la comunità internazionale ad impedire all’Iran di fabbricare armi nucleari, che rappresentino una minaccia per la pace nella regione e nel mondo intero”, immediatamente, come è loro costume, le postazioni sioniste e filo-sioniste hanno avviato la polemica!


La risposta dell’Iran non si è fatta attendere, attraverso la voce del generale Massoud Jazayeri, capo di stato maggiore aggiunto delle forze iraniane, che ha avvertito come, in risposta ad un attacco, l’Iran potrebbe “distruggere Israele”, precisando che “il sito più accessibile per noi è il centro di Dimona, ma abbiamo possibilità anche più importanti”. Ha aggiunto: “La nostra risposta ad un attacco non sarà limitata al Medio Oriente, abbiamo già predisposto dei piani per reagire”. L’Ayatollah Khamenei ha confermato dichiarando, nel corso della cerimonia di giuramento e di consegna dei diplomi agli allievi ufficiali della Scuola Superiore per ufficiali, che “chiunque immagini di poter aggredire la Repubblica Islamica dell’Iran, si vedrà assestare dei colpi irreparabili… gli Stati Uniti e l’entità sionista devono sapere che il popolo iraniano non aggredisce alcun altro popolo, né paese, ma che saprà rispondere con grande forza ad ogni aggressione e minaccia…”

L’occidente attaccherà, non attaccherà. Israele bombarderà, non bombarderà. E’ La stessa cacofonia di annunci da anni. Sono stati utilizzati tutti i pretesti e mezzi di pressione per piegare un paese che si è disfatto del vassallaggio per diventare indipendente e padrone del suo destino e delle sue risorse. Embargo, assassinio dei suoi scienziati, complotti per suscitare rivolte. Tutto converge verso un solo “timore”, “l’imminenza” dell’arma nucleare che l’Iran starebbe preparando sotto copertura di un programma civile, e che minaccerebbe “i vicini”.

18 anni col medesimo ritornello, modulato secondo l’evoluzione dei loro progetti egemonici, la loro forza o la loro debolezza del momento, i rapporti di forza ecc .

Siamo realisti e logici, se questa fosse davvero stata l’intenzione dell’Iran – quella di fabbricare l’arma nucleare – ci sarebbe voluto tutto questo tempo, cioè 18 anni, con le enormi potenzialità che possiede?  Le reazioni ostili e le minacce di attacco proferite regolarmente contro l’Iran e rinnovate dall’Occidente, soprattutto dagli USA e da Israele, che oramai non si preoccupano nemmeno più di considerazioni morali, sarebbero veramente ridicole se dietro di esse non vi fossero dei calcoli subdoli  tendenti ad impedire che un paese si sviluppi, approfittando dei vantaggi della scienza e della tecnologia. Allo stesso modo in cui l’Occidente impedisce, con ogni furbizia e menzogna possibile, che nelle regioni ad esso utili si instauri la vera democrazia, per meglio manipolare e conservare il controllo delle loro ricchezze.

Tenuto conto di tutto il tempo in cui si è demonizzato l’Iran, in realtà non sarebbe più il caso di chiedersi se questo paese sia “capace” o “potrebbe” o sia “sul punto di” ottenere questa funesta arma nucleare, ma piuttosto di chiedersi se esso “la abbia o meno”, e di calibrare i negoziati in conseguenza. Infatti le capacità e la potenza dell’Iran permettono, da anni, di fabbricarla con la stessa efficacia con la quale esso fabbrica le sue armi di difesa moderne e fa progressi nella ricerca scientifica e tecnologica.

A dimostrazione di quanto diciamo, ecco che cosa si diceva già tra il 1993 e il 2000.

- “24 febbraio 1993: il direttore della CIA James Woolsey afferma che l’Iran sarebbe capace nel giro di otto o dieci anni di produrre la sua bomba nucleare, ma che con aiuto esterno potrebbe diventare una potenza nucleare ben prima”.
- “Gennaio 1995: il direttore dell’agenzia USA per il controllo degli armamenti John Holum testimonia che l’Iran potrebbe avere la bomba nel 2003”.
- “5 gennaio 1995: il segretario alla difesa William Perry afferma che l’Iran potrebbe costruire nel giro di 5 anni una bomba nucleare, sebbene “la rapidità… dipenderà da come lavoreranno per acquisirla” (“how soon… depends how they go about getting it”)”
- 29 aprile 1996: il primo ministro israeliano Shimon Peres afferma di credere che “entro quattro anni (l’Iran) potrebbe avere armi nucleari”
- “21 ottobre 1998: il generale Anthony Zinni, capo dell’US Central Comand, afferma che l’Iran potrebbe acquisire la capacità di lanciare bombe nucleari nel giro di cinque anni. “Se dovessi scommettere direi che saranno operativi entro cinque anni, che ne avranno le capacità”
- 17 gennaio 2000: Una nuova valutazione della CIA sulle capacità nucleari dell’Iran non esclude la possibilità che l’Iran possieda già armi nucleari. La valutazione si fonda sul riconoscimento da parte della CIA che essa non è in grado di seguire con precisione le attività nucleari dell’Iran e non può dunque escludere la possibilità che l’Iran possieda già l’arma nucleare”.

Secondo queste analisi, sono già almeno 10 anni che l’Iran avrebbe già dovuto possedere tale arma. Perché lo stesso ritornello stravagante e le stesse minacce nel 2011, vale a dire 11 anni più tardi? Che dicono di nuovo e di eccezionale oggi? Perché minacciano l’Iran?

Mentre l’annuncio di questa “bomba” non vi è mai stato, alcuni analisti constatano che questo alibi del “nucleare che minaccia i vicini”, ripetuto incessantemente, ha consentito che l’Iran diventasse una potenza regionale che influenza la politica internazionale. Ciò che è paradossale è che sono sempre gli aggressori a gridare “all’aggressione”  e i più “immorali” a fare appello alla virtù! Sono sempre loro a erigersi a maestri di una morale e di un umanismo che non possiedono! Contrariamente all’Occidente e a Israele, l’Iran non ha mai aggredito nessuno. Quanto al suo regime, appare più democratico di molti di quei paesi che sono alleati dell’Occidente, e anche di quei paesi considerati di tradizione democratica. E’ la propaganda e la menzogna che stravolgono i valori nascondendo la realtà e la verità attraverso la manipolazione e il controllo sui grossi media e sulle istituzioni e organizzazioni dette internazionali. Effettivamente l’ONU e le sue organizzazioni servono a produrre alibi contro i paesi presi di mira, la Corte Penale Internazionale (CPI) a “minacciare la prigione” ai dirigenti di questi paesi, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) a rovinarli e darli in pegno, la NATTO ad aggredire e demolire, la stampa a manipolare e controllare l’opinione pubblica.


Chi tra questi paesi potenti, ed Israele, si permette “flagranti violazioni” delle risoluzioni ONU? Mentre l’Iran ha firmato il Trattato di non proliferazione (TPN) nucleare (nonostante abbia diritto al recesso), accettando le ispezioni, Israele rifiuta di firmarlo e respinge qualsiasi ispezione internazionale delle sue centrali nucleari di cui è riconosciuto il carattere militare. L’ultima risoluzione, votata da 46 paesi che si sono fatti promotori di un “mondo denuclearizzato”, che invitava Israele, considerata come la sola potenza nucleare in Medio oriente, a firmare il TPN è stata respinta nonostante il suo carattere “non vincolante”, addirittura simbolico. Il mondo è comunque consapevole che quello stesso voto non aveva alcun senso in quanto, quando pure la stragrande maggioranza decide in modo “vincolante”, tale voto non si applica nel caso di Israele, neppure le risoluzioni del Consiglio di sicurezza! In cambio, esse sono applicate, anche al di là della loro portata, se il paese preso di mira è nemico degli Stati Uniti e di Israele e del suo sionismo.

Al mondo occidentale non piace che l’Iran – questo Stato ligio, vasto, popoloso, ricco di petrolio e di gas – sia un paese irriducibile, intraprendente, capace di usare la tecnologia nucleare e di sviluppare i propri mezzi di difesa militare. Quando si è capaci di svilupparsi nonostante 33 anni di embargo, non vi sono altre spiegazioni se non il fatto che si tratti di un paese tenace e potente. Le sanzioni che sono state ad esso applicate si sono rivelate paradossalmente feconde, costringendolo a contare solo sulle proprie forze. Tutte le misure contro l’Iran sono inefficaci, visti i progresso tecnologici che continuamente annuncia.


I dirigenti annunciano continui progressi e autosufficienze nell’industria, le miniere e la ricerca medica, ma anche successi nel campo della fusione nucleare col metodo del “confinamento inerziale laser”, con la costruzione di un apparecchio laser che consente questo processo. E’ riuscito anche a produrre di barre e placche di combustibile nucleare e a raggiungere l’autosufficienza in materia di produzione di radar di difesa antiaerea.

Con i suoi annunci di sanzioni e le minacce a ripetizione, la sua ostinazione nella minaccia e nel travisamento dei fatti, con l’obiettivo di proteggere Israele, il suo gendarme, sempre dominante in Medio oriente, l’Occidente ha perso ogni credibilità da lungo tempo. L’imbarazzo è tale che un ministro israeliano aveva fatto riferimento, qualche tempo fa, a “ritardi nel nucleare iraniano”, ipotizzando un’altra scadenza. Era stato seguito da H. Clinton che aveva dichiarato a Abou Dhabi – nel corso di una tournée per rilanciare “l’iranofobia” – “le sanzioni hanno fatto effetto… L’Iran ha dei problemi tecnologici che hanno rallentato il suo calendario”.  Lo si era capito quando erano stati collegati i budget stanziati per “rallentare” i progressi dell’Iran e quelli stanziati per assassinare i suoi scienziati, per le reti e i droni di spionaggio o l’attacco degli Stuxnet contro i suoi siti nucleari.  Secondo T. Meyssan, “i pretesi sospetti occidentali non sono altro che artifici… per isolare uno Stato che mette in causa la dominazione militare ed energetica delle potenze nucleari…”. Lavrov aveva considerato le minacce “contro-produttive…  la situazione è diventata complicata… perché l’Iran non coopera a sufficienza… e soprattutto perché vengono artificialmente agitate passioni eccessive”. L’Iran ha tenacemente reiterato la propria scelta di nucleare civile e confermando la propria probità – aprendo anche le proprie istallazioni nucleari per i controlli –, ha allo stesso tempo intensificato l’impegno nella produzione di arsenali difensivi ad alta tecnologia.


Quanti annunci di progressi tecnologici abbiamo inteso da parte dell’Iran, mentre l’Occidente non fa altro che chiacchiere, speculazioni o minacce. Ricordiamo la costruzione di un sottomarino  tipo balena, “comparabile ai suoi equivalenti stranieri”; la consegna alla Marina di missili da crociera; l’entrata in servizio di carri armati rapidi e di veicoli equipaggiati con missili anticarro e antielicottero; il progetto di lancio di un satellite di ricognizione Fajr e la messa in orbita di Rasad 1, a energia solare.

Ricordiamo che l’Iran ha costruito dei caccia Azarakhsh e Owaz; un aereo di appoggio Shafagh; elicotteri Shhbaviz 275; la serie de missili balistici Shahab; due carri da battaglia Zulfikar e Towsan; veicoli per il trasporto truppe Boragh; dei cacciatorpedinieri e navi di pattugliamento; sottomarini tascabili Sabehat e Ghadir e missili anti-navi. Ha anche ammodernato il missile S-200 per renderlo analogo agli S-300 russi; il missile suolo-suolo Fateh 110. Ha prodotto in serie il missile Mesbah 1 concepito per la difesa dagli attacchi aerei; il missile Mersad capace di abbattere aerei a bassa e media altitudine “…operativo nella guerra cybernetica”. Ha anche costruito delle Vedette di assalto Seraj e Zolfagar, adatte ai climi tropicali oltre ad un drone bombardiere Karrar di una portata di 1.000 km capace di tirare 4 missili da crociera.
Progetta di lanciare un vascello spaziale in orbita geostazionaria a più di 35.000 km di altezza dopo quello lanciato nel febbraio 2009, Omid, lanciato a 250 km. Conta, entro il 2020, di creare un reattore termonucleare sperimentale, la cui progettazione è già completata.
L’Iran ha fatto evoluzioni impressionanti non solo in materia di difesa militare, ma anche nel campo aerospaziale, della biotecnologia e della celluloterapia. E questo è solo ciò che è stato annunciato! Secondo L. Ivashov, l’ex capo di stato maggiore russo, favorevole alla consegna degli S 300 all’Iran, “…L’aggressione è meno probabile quando la vittima è in grado di infliggere danni intollerabili all’aggressore”.


Ecco cosa ha risposto il giornalista italiano Giorgio S. Frankel a Silvia Cattori nel corso di un’intervista realizzata nel maggio 2011 a proposito di “un possibile attacco dell’esercito israeliano o di altri contro siti iraniani”: “Non ci credo, perché Israele ha cominciato a minacciare di attaccare l’Iran all’inizio degli anni ’90… che l’Iran è in grado di fabbricare la bomba atomica… che l’Iran è una minaccia… nella storia un paese (che) minaccia di fare la guerra e non la fa per 20 anni, non la farà mai. Questa minaccia… serve a Israele per mantenere un clima di tensione nel Vicino e nel Medio oriente… crea una situazione di pericolo negli Stati Uniti e in Europa… Ma se Israele attaccasse veramente l’Iran, le conseguenze mondiali sarebbero talmente catastrofiche…”


Un gruppo di 13 generali e ammiragli USA hanno pubblicato un rapporto avvertendo che una “perturbazione intensa” dell’approvvigionamento del petrolio “sarebbe devastatrice…”. Questo rapporto intitolato “Ensuring america’s freedom of movement: a national security imperative to reduce US oil dependence”, segnala che “nel caso peggiore della chiusura per 30 giorni dello Stretto di Hormuz, l’analisi conclude che gli USA perderebbero quasi 75 miliardi di dollari di prodotto interno lordo”.

Secondo James T. Conway (GI a riposo dei Marines Corps) che aveva partecipato alla redazione di questo rapporto: “Potete svegliarvi domani mattina e venire a sapere che gli Iraniani hanno sentito giungere un attacco contro le loro istallazioni nucleari e hanno preventivamente fermato il flusso di petrolio nel Golfo…  Gli USA considererebbero certamente questo gesto come una minaccia alla nostra economia ed agirebbero. Ed eccoci cadere dentro”.

Arnaud de Borchgrave, che scrive in UPI Energy, afferma: “Lo stretto di Hormuz… è il punto di passaggio più importante del mondo con un flusso di 16 milioni di barili al giorno, vale a dire circa il 33% di tutto il commercio petrolifero effettuato per mare e il 17% di tutto il commercio petrolifero mondiale”… “Una bomba sull’Iran e il prezzo del petrolio potrebbe raggiungere i 300 o anche i 500 dollari al barile”.


Concludiamo con l’intervista accordata da Ahmadinejad a Russia Today. Dopo avere affermato che gli USA non hanno motivi e non sono in condizione di attaccare l’Iran, egli conclude con questa assicurazione a proposito di un attacco israeliano: “noi non lo prendiamo nemmeno in considerazione… essi sanno che ogni attacco… comporterebbe la distruzione di Israele”.