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Arrêt sur Info, 26 avril 2016 (trad. ossin)
 
Christophe Oberlin : “Israele non è uno Stato, è una lobby”
Intervista di Silvia Cattori
 
Colloquio con Christophe Oberlin, chirurgo francese, uno dei più profondi conoscitori della politica palestinese. Ha scritto molte testimonianze su quanto ha avuto modo di osservare nel corso delle sue plurime missioni chirurgiche a Gaza
 
Christophe Oberlin 

Il 26 giugno 2006, il caporale franco-israeliano Gilad Shalit venne catturato da un commando palestinese nel corso di un attacco portato a sud di Gaza, attraverso un tunnel. Detenuto in un luogo segreto, sarà alla fine liberato solo dopo cinque anni di negoziati segreti tra Israele ed Hamas, il 18 ottobre 2011, in cambio della liberazione di 1027 prigionieri politici palestinesi.
 
Nell’intervallo, l’esercito israeliano ha lanciato due sanguinose operazioni contro la striscia di Gaza, nel 2006 e nel 2008-2009, provocando più di 1500 morti e quasi 6000 feriti palestinesi.
 
Nel suo ultimo libro, intitolato “L’échange – Le soldat Shalit et les Palestiniens”(1), Christophe Oberlin ricostruisce tutto questo periodo, segnato da una resistenza eroica, annegata nel sangue da Israele. Svela il doloroso destino dei prigionieri palestinesi la cui detenzione illegale – diversamente che per Shalit – non ha mai attirato l’attenzione della stampa occidentale tradizionale.
 
Di seguito, il dott. Oberlin risponde alle domande della giornalista svizzera Silvia Cattori.
 
 
Silvia Cattori: Lei evidenzia che, a giugno 2006, all’epoca della cattura del soldato Shalit, 9500 Palestinesi marcivano nelle galere israeliane, «il 10% dei quali in detenzione amministrativa, vale a dire senza prove e senza processo», esposti ad abusi e difficoltà di ogni genere. Dal momento che “il delitto di minaccia alla sicurezza di Israele si applica ad azioni come la partecipazione ad una manifestazione o la distribuzione di un volantino”, lei sottolinea che, dal 1967 al 2006, 650 000 Palestinesi sono stati incarcerati per questo nelle prigioni israeliane e che, «nel momento in cui venne catturato Shalit, il 40% della popolazione maschile palestinese adulta era stata imprigionata almeno una volta dagli Israeliani». Sono cifre da capogiro. Si tratta di Palestinesi che vivono sotto occupazione, abusati, sequestrati, violentati da Israele in assoluta impunità. Se ne deve dedurre che l’occupante si serva sistematicamente degli arresti arbitrari per spezzare lo spirito di resistenza dei Palestinesi? Questa politica è cominciata nel 2006? Quale è oggi il suo impatto?
 
Christophe Oberlin: La strategia israeliana è stata fino ad oggi una strategia di distruzione fisica, economica, mentale di tutto quanto si trovi al di là del Muro. Si può dire senza tema di sbagliare che è stato un fallimento su tutti e tre i piani. Ogni giorno nascono quattrocento Palestinesi, e i Palestinesi sono maggioranza nel territorio della Palestina storica; quella che venne riconosciuta come Stato dalla Società delle Nazioni e che ha esercitato la sovranità di rilasciare passaporti palestinesi tra il 1922 e il 1947. Uno Stato sicuramente senza mandato, ma uno Stato nel senso politico weberiano del termine. Attualmente su tutto il territorio controllato da Israele, il territorio del 1948, la Cisgiordania, Gaza, il Golan, i Palestinesi sono in maggioranza.
 
Sul piano economico i Palestinesi sopravvivono, con difficoltà, ma sopravvivono. La situazione a Gaza è particolarmente complicata, ma si può immaginare che la dittatura del maresciallo al-Sissi non sarà eterna: la situazione economica degli Egiziani è peggiore di quella dei Palestinesi di Gaza.
 
Infine, psicologicamente, i Palestinesi non sono mai stati così forti: la repressione ha selezionato delle élite super colte, ancora più critiche della generazione precedente.
 
A questo triplo fallimento si aggiunge la sollevazione in corso dei giovani che, per ammissione dello stesso direttore dello stato maggiore dell’esercito israeliano, impone – per la prima volta dal 1948 – un ripensamento verso una strategia di difesa e di allarme preventivo. E’ lo stesso territorio del 1948 ad essere minacciato, mentre girano nei media sociali video di soldati israeliani che si danno alla fuga all’annuncio della presenza di un Palestinese, forse armato di un semplice coltello.
 
Silvia Cattori: I media dell’establishment hanno spesso parlato del caso Shalit. Come spiega che, quando si tratta di detenzioni arbitrarie e dell’uso della tortura nelle prigioni israeliane contro i Palestinesi, non se ne parla mai? Perché questi due pesi e due misure?
 
Christophe Oberlin: Il periodo nel corso del quale Shalit è stato detenuto, tra il 2006 e il 2011, corrisponde, oso sperare, alla fine di un’epoca, che è quella di un controllo massiccio sui media da parte della lobbie sionista. Questa lobbie è una nave che fa acqua da tutte le parti. Ciò che avviene nelle carceri israeliane non è ancora noto al grande pubblico, ma i crimini di guerra, come gli assassini di civili disarmati vengono oramai filmati e mediatizzati, al punto tale che, per la prima volta, Israele è obbligata a tenerne conto. Negli uffici della Corte Penale Internazionale, i dossier si accumulano, come tante nuvole nel cielo israeliano. Quanto al fatto di avere sfruttato al massimo la doppia nazionalità di Shalit (franco-israeliano) per ottenerne la liberazione, questa è stata in realtà una fortuna per i Palestinesi che hanno ne hanno massimizzato gli effetti durante i negoziati.
 
Il soldato Shalit ricevuto all'Eliseo da Sarkozy, l'8 febbraio 2012
 
Silvia Cattori: Lei ricorda nel suo saggio che, in un primo momento, Mahmoud Abbas (2) si è precipitato a condannare la cattura di Shalit. Non si è trattato di un vero e proprio tradimento della causa palestinese? L’Autorità Palestinese gode ancora di qualche credibilità?
 
Christophe Oberlin: Libri interi potrebbero essere scritti sui tradimenti dell’Autorità Palestinese e si potrebbero citare le due denunce per crimini di guerra depositate da Palestinesi alla Corte Penale Internazionale e bloccate, transitoriamente, dall’Autorità Palestinese.
 
Ma guardiamo le cose in una prospettiva di più ampio raggio. Quando non si riesce a mettersi d’accordo su una questione, spesso è perché essa è mal posta. Israele non è uno Stato, è una lobbie. Una lobbie ricorre a tutti i mezzi, menzogna, illegalità, violenza. Non serve a niente tentare di negoziare con una lobbie. L’Autorità Palestinese non possiede, intrinsecamente, alcuna autorità, legalmente oggi, non ha alcuna legittimità. Essa viene finanziata come un ausiliario di un potere coloniale. Non c’è dunque niente da aspettarsi da due attori che recitano un pièce teatrale che nulla ha a che vedere con la realtà.
 
Silvia Cattori : Mentre l’attenzione del pubblico si rivolge alle guerre atroci in corso nei paesi vicini, che del resto Israele ha contribuito a fomentare, quest’ultimo sembra non avere niente da temere. Secondo lei, il tempo e il caos giocano a suo favore?
 
Christophe Oberlin: Credo piuttosto che sia il contrario. Nonostante le inqualificabili prove che sono state inflitte alle popolazione del Vicino Oriente, la sperata balcanizzazione non si è realizzata. L’embargo e poi le guerre occidentali in Iraq non hanno sottratto questo paese all’influenza iraniana. Lo Stato siriano, nel senso stretto del termine, non è sparito per sempre. La costruzione di un Libano tribale è un fallimento. Quanto a Israele, colpisce constatare un cambiamento che oggi si manifesta ben oltre l’ambito degli specialisti e dei militanti. Si parla sempre meno delle frontiere del 1967. (3) I fatti parlano chiaro: uno Stato basato sulla guerra permanente all’esterno e all’interno non ha futuro. E l’uguaglianza dei diritti, rivendicazione anticoloniale classica, significa la sparizione del sionismo e l’avvento di uno Stato palestinese dove tutti avranno gli stessi diritti e gli stessi doveri.
 
La ringrazio infinitamente.
 
Dichiarazioni raccolte da Silvia Cattori il 23 aprile 2016
 
Note:
 
(1) L’échange, le soldat Shalit et les Palestiniens, di Christophe Oberlin, Edizioni Erick Bonnier: 2016.
 
(2) L’Autorità palestinese, con sede a Ramallah, viene mantenuta al potere dall’aiuto finanziario della UE
 
(3) La narrazione veicolata dalla lobbie nasconde il fatto che l’ingiustizia risale alla creazione di Israele nel 1948 e non al 1967
 
Source : http://arretsurinfo.ch/christophe-oberlin-israel-nest-pas-un-etat-cest-un-lobby/