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Middle East Eye, 22 giugno 2018 (trad.ossin)
 
Una legge punirà, in Israele, chi filma i crimini dell'esercito
Richard Silverstein
 
Per quanto Israele si autoproclami « democrazia » e aspiri ad essere comparata più alle democrazie occidentali che ai suoi vicini del Medio Oriente, la sua regressione verso l’autocrazia e la teocrazia assomiglia molto di più a quanto accade in paesi come l’Arabia Saudita e l’Iran
 
Manifestanti e giornalisti palestinesi si riparano dai gas lacrimogeni sparati dalle forze di sicurezza israeliane  nel villaggio cisgiordano di Kafr Qaddum, il 15 aprile 2016 (AFP).
 
Dopo una serie di tragici avvenimenti durante i quali ONG israeliane di difesa dei diritti umani e attivisti palestinesi hanno documentato la mutilazione e l’esecuzione di sospetti palestinesi da parte delle forze di sicurezza israeliane, un comitato ministeriale ha approvato una nuova legge che criminalizza tali videoregistrazioni. E ciò, nonostante il procuratore generale abbia criticato questo progetto di legge perché gravemente viziato sul piano giuridico.
 
Le note che accompagnano il progetto di legge dicono che le organizzazioni filopalestinesi hanno preso per abitudine di documentare le azioni dei soldati dell’esercito israeliano, « attendendo con impazienza gesti che possano essere male interpretati – e attraverso i quali (i soldati) possano essere disonorati ».
 
Ecco più da vicino la verbosità militarista che accompagna il progetto di legge: « La maggior parte di queste organizzazioni [hanno] un chiaro programma anti-israeliano […] E’ giunto il momento di porre termine a tale assurdità […] Noi abbiamo la responsabilità di garantire ai soldati [israeliani] le condizioni ottimali per svolgere il loro compito, senza doverci preoccupare che qualche militante di sinistra o qualche organizzazione possa pubblicare la loro foto per umiliarli e disonorarli ».
 
Cinque anni di prigione
 
Ora il progetto di legge passerà alla Knesset per l’approvazione. Esso sembra godere di un sostegno pieno da parte del governo di estrema destra. Se passerà nella sua versione attuale, chiunque fotograferà o filmerà un soldato in servizio attivo – qualsiasi cosa stia facendo – sarà incriminato e rischierà cinque anni di prigione.
 
Il disegno di legge è stato proposto all’indomani dell’infame episodio che ha visto il soldato israeliano Elor Azaria ammazzare a freddo un Palestinese ferito (e già a terra, incapace di muoversi, ndt). Per caso, un Palestinese che lavora per l’ONG israeliana B’Tselem ha filmato l’avvenimento e l’organizzazione l’ha divulgata nei media israeliani, scatenando una tempesta di proteste – non tanto per l’assassinio, ma piuttosto perché un Palestinese aveva avuto l’ardire di mettere in mostra i misfatti di un soldato israeliano.
 
Scene di un infame omicidio
 
Azaria è diventato un eroe nazionale per larga parte della popolazione israeliana. Alcuni municipi hanno esposto dei cartelloni con la sua foto e una pressione enorme è stata esercitata sull’esercito perché non venisse processato. Benché alla fine Azaria sia stato riconosciuto colpevole e condannato a 18 mesi di carcere, è stato poi liberato dopo soli 9 mesi.
 
La sua città natale di Ramla ne ha accolto il ritorno come fosse un eroe. Scherzando, ma non troppo, penso che gli verrà offerto un posto sicuro nella lista del Likud per la Knesset, con la prospettiva di diventare ministro.
 
Israele è diventato un paese nel quale le azioni delle forze di sicurezza, che sarebbero verificate e punite severamente nella maggior parte dei paesi democratici, vengono sistematicamente passate sotto silenzio. C’è anche da osservare che si verificano moltissimi casi analoghi, per i quali però non v’è alcuna prova documentaria e non v’è alcuna risposta giudiziaria : nessuna incriminazione, nessun processo o condanna. Israele procede giudiziariamente solo quando il personale statale viene colto in flagranza di delitto e, anche in tali casi, lo fa a malincuore e senza convinzione.
 
Impunità delle forze israeliane
 
Un esempio illuminante di questo è stata l’uccisione del medico volontario di Gaza, Razan al-Najjar, durante la manifestazione della Grande Marcia del Ritorno in marzo. Sebbene si sia avvicinata alla recinzione con le mani alzate per aiutare un manifestante ferito, è stata deliberatamente colpita al petto e uccisa.  
 
L’assassinio è stato documentato con una foto ma non è stato fotografato l’assassino. Israele sa chi ha tirato il colpo fatale, ma non ha svolto indagini su questa vicenda considerandola come un  crimine di guerra, perché non vi è stata costretta.
 
Uno dei giornalisti più coraggiosi di Haaretz, Gideon Levy, ha respinto questa proposta di legge. Ha proclamato la sua intenzione di violarla, incoraggiando anche gli altri a farlo. Tuttavia gli Israeliani non saranno probabilmente colpiti da sanzioni o lo saranno poco; sarà sui Palestinesi che peserà tutta la forza dello Stato.
 
L'assassino israeliano Elor Azaria viene portato a braccia dai suoi amici alla casa di famiglia di Ramla dopo la sua liberazione, l'8 marzo 2018 (AFP)
 
Vale anche la pena di ricordare che Levy, l’editorialista più schietto di Haaretz che difende i diritti dei Palestinesi, ha suscitato l’ira degli Israeliani di estrema destra, che minacciano regolarmente la sua vita.
 
Per quanto Israele si autoproclami « democrazia » e aspiri ad essere comparata più alle democrazie occidentali che ai suoi vicini del Medio Oriente, la sua regressione verso l’autocrazia e la teocrazia assomiglia molto di più a quanto accade in paesi come l’Arabia Saudita e l’Iran. Israele reprime le critiche, come ha fatto quando ha disperso con la violenza una manifestazione contro l’uccisione dei manifestanti di Gaza.
 
Il suo regime di censura militare vieta sistematicamente ai giornalisti di coprire i grandi avvenimenti che interessano la sicurezza nazionale. Ha votato leggi che prevedono ammende contro i cittadini o le imprese che aderiscono al movimento BDS o riconoscono la Naqba palestinese.
 
Valori democratici
 
La prossima tappa in questa deriva tirannica totale potrebbe essere l’arresto dei leader della comunità israeliana di difesa dei diritti umani e il bando delle grandi ONG che svolgono un lavoro solitario e prezioso – e già ci si è mossi in questa direzione.
 
Negli Stati Uniti, il movimento Black Lives Matter ha dimostrato quanto sia essenziale documentare gli abusi delle forze di polizia che perseguitano e addirittura assassinano gli esponenti dei gruppi di minoranza poveri. Quasi ogni settimana , un nuovo video appare per confermare che la polizia locale è intrisa di razzismo e di violenza. Se non ci fosse una simile documentazione, i cittadini comuni non sarebbero in grado di chiederne conto ai rappresentanti della legge.  
 
Le comunità statunitensi pretendono che gli agenti vengano dotati di telecamere portatili, sia per documentare il modo d’essere della polizia USA, sia come deterrente contro gli abusi. Israele va nella direzione opposta,  come nota Levy, perché vuole abolire le telecamere nei Territori occupati per continuare coi suoi metodi di polizia del Far West senza controlli.
 
In una vera democrazia, la maggior parte dei cittadini non si accontenterebbe solo della presenza di telecamere e documentazione, ma insisterebbe sul fatto che essi vengano considerati come elementi chiave per preservare lo stato di diritto e i diritti civili, valori essenziali in una democrazia sana.