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El Watan (Algeria) – 1 giugno 2010

Israele  selvaggia
di Mohammed Larbi

Che cosa ci si doveva aspettare da parte di Israele quando una parte della comunità internazionale sta là per fare barriera contro ogni tipo di condanna, e assolverla perfino da ogni crimine? Vi sono paesi e organizzazioni internazionali che hanno addirittura allacciato con lei delle alleanze strategiche, il cui obiettivo non è certo quello di favorire una qualsivoglia integrazione, né quello di esercitare una morbida pressione per giungere ad una soluzione durevole del conflitto in Medio Oriente.
Israele ha sempre considerato i suoi rapporti privilegiati come un incentivo all’aggressione. E quanto è accaduto ieri non dovrebbe sbalordire più di tanto. L’attacco contro la flottiglia umanitaria è l’espressione della selvaggia crudeltà israeliana, la stessa che i Palestinesi subiscono dal 1948.
E dire che le organizzazioni che avevano deciso di andare in soccorso dei Palestinesi della striscia di Gaza hanno fatto di tutto per prendere a testimone l’opinione pubblica, in altre parole per farsi conoscere, per spiegare in modo dettagliato la natura della loro missione e il contenuto del loro carico, allo scopo di beneficiare di qualche specie di garanzia.
Ma sono stati braccati in alto mare, senza la minima possibilità di sfuggire alla furia dei soldati israeliani che avevano l’ordine di uccidere, come è dimostrato dal bilancio dell’aggressione
Qualcuno ha parlato di un gesto insensato e di follia, ma definire l’azione in questi termini è assai pericoloso, perché la riduce ad un atto isolato, mentre invece esprime una delle caratteristiche, forse l’unica che contraddistingue la politica israeliana: l’uso del terrore sotto ogni possibile forma.
Basti solo ricordare i massacri compiuti contro i Palestinesi e tutti i villaggi cancellati dalla carta geografica. E perfino contro persone che speravano di trovare rifugio negli edifici dell’ONU, chiaramente identificabili come tali. Cento uccisi in un edificio della Finul (la forza di interposizione ONU nel sud del Libano, ndt) a Caana, nel Libano nel 1996, e centinaia nei centri dell’UNRWA (Agenzia dell’ONU) a Gaza, alla fine del 2008.
La selvaggia crudeltà israeliana assume tutte le possibili forme, anche le più subdole, come la fame, per costringere i Palestinesi a scegliere tra morire e andarsene, cosa che questi ultimi rifiutano ostinatamente.
E il mondo tace, quando non si affida ad un partito preso, che induce taluni Stati a rifiutarsi perfino di difendere i loro stessi cittadini, i simboli della loro sovranità, come i passaporti o le rappresentanze diplomatiche. Hanno perfino ribaltato la verità, parlando del diritto di Israele a difendersi, mentre è Israele che occupa i territori palestinesi e che rifiuta di applicare le risoluzioni dell’ONU.
Non è più tempo quindi di denunciare o manifestare la propria costernazione. Le parole non hanno più senso di fronte alla selvaggia crudeltà di Israele.