Stampa





TelQuel 3/9 ottobre 2009 Editoriale

Non è una guerra, è un massacro


Di Ahmed R. Benchemsi

Per la quarta volta in un mese, questo editoriale si occupa di stampa. Capisco bene, cari lettori, che questo possa stancarvi, addirittura irritarvi, e me ne scuso. Ma c’è una necessità, c’è un pericolo, c’è un’urgenza. Quello che sta succedendo è grave, molto grave, e mette in discussione l’intero avvenire democratico del nostro paese.
Gli attacchi contro la libertà di stampa si succedono a un ritmo infernale – un ritmo mai raggiunto da dieci anni, una escalation terribile che niente sembra poter fermare. Pene pecuniarie sbalorditive che equivalgono ad una condanna a morte per tre quotidiani ed un mensile, sequestro e distruzione illegali di due settimanali in tipografia, feroce persecuzione poliziesca contro 12 giornalisti (più di 300 ore di interrogatorio effettuate in meno di 20 giorni!), manovre di capitali assai inquietanti da parte dei settori più vicini al Palazzo reale miranti, da un lato, a controllare il circuito di distribuzione della stampa e, dall’altro, a indirizzare tutta la pubblicità statale e parastatale a beneficio di un gruppo di organi fedeli creati per l’occasione, comprati o addomesticati dal Potere… Tutto questo in meno di tre mesi!!!
L’ultimo attacco va oltre ogni limite, sfida ogni logica. Solo per aver pubblicato una vignetta raffigurante il principe Moulay Ismail in atteggiamento da novello marito, sullo sfondo di una bandiera rossa con una stella verde (il ministero dell’Interno vi ha intravisto una stella di David e dunque una “allusione antisemita” – contro chI e con  quale significato, mio Dio?!)… solo per questo il giornale Akhbar Al Youm è stato… chiuso!! Lunedì 28 settembre, una ventina di poliziotti hanno invaso la redazione, evacuato il personale, sequestrato gli archivi, sigillato la porta, messo sotto sequestro il suo conto bancario! Risultato: il quotidiano non ha potuto più uscire da martedì scorso. Chissà che non sia già definitivamente morto. Tutto questo ha avuto bisogno di appena qualche minuto, senza processo e – la cosa più scandalosa – senza la minima motivazione, scritta o orale, da parte delle Autorità. Cosa che peraltro sarebbe stata impossibile perché niente, assolutamente niente nella legge, tutti i codici compresi, giustifica una tale aberrazione. Non si era mai visto niente di simile, nemmeno durante i peggiori anni di piombo.
Se ancora vi erano dei dubbi, sono stati oramai spazzati via: il Potere marocchino ha dichiarato una guerra aperta alla stampa indipendente. Almeno è così che si vedono le cose dalla parte del Palazzo reale. Ma una guerra suppone che vi siano due belligeranti, che dispongano di forze più o meno equivalenti. E non è questo il caso. Si tratta piuttosto di un conflitto oltraggiosamente asimmetrico: dal momento che una delle parti ha dalla sua lo Stato, la sua immensa forza e i suoi mezzi illimitati, e se ne frega del rispetto della legge, l’altra parte per difendersi non ha che la penna e la gola arrochita a furia di abbaiare alla luna. Una parte attacca, perseguita, rovina, sequestra e distrugge. L’altra non può che assistere, a bocca aperta, alla propria esecuzione. Non, non è una guerra, è un massacro unilaterale.
Si potrebbe ancora cercare di richiamare il Potere alla ragione. Ma più l’escalation avanza, più si casca nell’arbitrio e nell’incomprensibile, meno si fa sentire la voce della ragione. A questo punto non resta altro da dire se non: Signori del Potere, fate dunque quello che volete, perché niente sembra potervi frenare. Uccidete tutto quello che resta della stampa libera in questo paese, giustiziateci uno dopo l’altro, se è questo che vi piace. Il Marocco, i suoi grandi cantieri economici e il suo piccolo teatro politico, continueranno a girare. Ma senza stampa libera. Vale a dire senza l’unico contro-potere che funziona più o meno correttamente in questo paese. E’ la strada sicura verso tutte le regressioni, tutte le derive.
Per il momento, solo i giornalisti ne sono coinvolti, è per questo che io non oso ricorrere al termine dittatura. Non  ancora. Ma se il campo della repressione si allarga – cosa inevitabile se l’escalation continua a questo ritmo – è là che andremo a finire. Certamente e anche velocemente. Forse il Potere è pronto a questa svolta. E’ una sua scelta e noi non possiamo fare niente. Se non sperare che tutto questo sia solo un brutto sogno dal quale prima o poi ci sveglieremo. Visto quello che succede, questa speranza sembra insensata. Ma a cos’altro possiamo ancora attaccarci?