Stampa



Le Journal Hebdomadaire, n. 421


UE/Marocco. Uno Statuto, quali passi avanti?


Impegni non rispettati in materia di buon governo, attacchi alla libertà di stampa e al diritto di espressione, caso Aminatou Haidar: l’Europa si preoccupa dei comportamenti del Marocco e ci tiene a farlo sapere. Le buone intenzioni non sono più sufficienti  perché lo “statuto avanzato” diventi qualcosa di più di un effetto annuncio e l’Europa gli attribuisca qualche consistenza. Diplomaticamente ma fermamente, ciò significa che le parole non bastano più. Occorre che il Regno passi ai fatti


di Cristophe Guguen


L’arbitraria espulsione di Aminatou Haidar e il categorico rifiuto delle autorità marocchine di farla rientrare a Laayoune ha esacerbato le tensioni già esistenti tra Europa e Marocco. Giovedì 10 dicembre, qualche ora prima dell’inizio del summit dei capi di stato e di governo a Bruxelles, la Presidenza della UE ha ufficialmente chiesto a Rabat di rispettare i suoi “obblighi internazionali in materia di diritti dell’uomo” e di “cooperare” con Madrid per trovare una “soluzione positiva” nella vicenda della militante saharawi. Abitualmente descritto come il paese “più avanzato” della regione in materia di buon governo e di rispetto dei diritti dell’uomo, il regno ha ricevuto in queste settimane molti segnali forti, critici nei confronti di un discorso marocchino talvolta troppo lontano dalla realtà.
Un anno dopo l’approvazione di un percorso finalizzato alla concessione di uno “statuto avanzato” al Marocco, il regno sta negoziando con l’UE per definire questo nuovo statuto e riempirlo di contenuti conformi agli interessi delle due parti. “Si è fatto lo statuto avanzato, ora occorre che ognuno faccia il suo dovere, da parte europea e da parte del governo marocchino”, afferma a chiare lettere Eneko Landaburu, il nuovo capo della delegazione europea a Rabat dall’ottobre scorso. Che cosa si aspettano gli Europei da un rafforzamento delle relazioni con Marocco? La posizione geografica del regno ne fa un partner strategico nelle questioni dell’immigrazione, del terrorismo, dell’estremismo e anche del traffico di droga. L’obiettivo della politica europea di vicinato è chiaro: assicurare lo sviluppo e la stabilità dei paesi vicini per proteggere l’Unione. Per quanto riguarda l’avvicinamento politico voluto da Mohamed VI, al contrario, i nostri vicini sono molto più circospetti. Martedì 1 dicembre si è tenuta una seduta pubblica della Commissione affari esteri del Parlamento europeo per fare il punto con gli eurodeputati sull’anno trascorso. Eneko Landaburu, rappresentante dell’UE, Youssef Amrani, segretario generale del ministero marocchino egli affari esteri e Ivan Martin, direttore di ricerca all’Istituto Complutense de Estudios Internacionales (ICEI) hanno esposto per circa un’ora e mezza ai parlamentari la loro visione del progetto e risposto alle loro domande. Secondo Eneko Lanbaduru, “i nostri valori convergenti  devono trasformarsi il più rapidamente possibile in leggi e protocolli. Il Marocco aspira a far parte del Consiglio d’ Europa e uniformarsi alle sue politiche. Il Consiglio d’Europa ha fatto molte cose che adesso sono parte integrante dell’Unione. Ed abbiamo un impegno chiaro del regno del Marocco ad includere queste cose, come i diritti dell’uomo, nel dialogo politico”.
Stando alle domande rivolte dagli eurodeputati, questa questione dei diritti dell’uomo sembra sempre essere al centro dell’interesse. “Noi non siamo contrari alla statuto avanzato che l’UE ha creato per il Marocco, spiega l’eurodeputato greco Charalampos Angourakis. Ma, allo stesso tempo, ci sono molti problemi di diritti dell’uomo sia all’interno del paese che nelle relazioni esterne, soprattutto per ciò che concerne il Sahara Occidentale”. L’eurodeputato francese Nicole Kiil-Nielsen dice le stesse cose: “A me sembra che una discussione sul rafforzamento dei legami tra UE e Marocco non possa essere seria se non si parla dei diritti dell’uomo”. Allo scetticismo degli eurodeputati, Youssef Amrani ha contrapposto il discorso ufficiale: “Il nostro processo democratico è irreversibile. Stiamo costruendo un sistema democratico forte, perché è questo che vogliono la società e i partiti politici e questo è l’auspicio del re. E’ per questo che quotidianamente lavoriamo per delle profonde riforme che consolidino definitivamente i valori democratici”. Rispondendo ad una domanda sul conflitto in Sahara Occidentale e sui sette attivisti attualmente in prigione a Salé, Amrani non è riuscito però a conservare il suo sangue freddo, attribuendo ogni responsabilità all’Algeria: “Io non volevo parlare di questo, perché all’ordine del giorno c’è lo statuto avanzato. Ma voi mi avete chiesto di parlare di questa questione sensibile. Dunque lasciatemi dire che a livello di democratizzazione e diritti dell’uomo il Marocco non ha complessi. E’ il solo nella regione ad avere un sottocomitato ai diritti dell’uomo con l’UE. Ma questa del Sahara marocchino non è questione di diritti dell’uomo. Quando l’inviato speciale delle Nazioni Unite ha tentato di avviare un secondo round di discussioni informali, si è avuta un’escalation dall’altra parte per silurare il processo di negoziato di Manhasset, nel quale siamo tanto impegnati (…) nessuno qui si domanda perché il ministro algerino, quando gli è stato chiesto cosa fanno i Saharawi a Tindouf, non ha risposto! E’ lì che dovete andare a cercare i problemi di diritti dell’uomo, non nel Sahara marocchino!”

Prima di tutto i diritti dell’uomo
La posizione dei diplomatici o dei “missi dominici” marocchini inviati in Spagna (Biadillah, Radi, Baraka, Mansouri) è la stessa: il Marocco è “vittima” dei “nemici dell’integrità territoriale” che tentano di destabilizzare il regno con un piano diabolico. “Strumentalizzando” Aminatou Haidar, questi ultimi tentano anche di “danneggiare” le eccellenti relazioni tra Marocco e Spagna.
E’ in questo contesto piuttosto teso che si è svolta, lunedì 7 dicembre a Bruxelles, l’ottava sessione del Consiglio di associazione UE-Marocco. Una riunione ministeriale per esaminare lo stato delle relazioni tra l’Europa e il regno dello sceriffato ma anche per decidere quale strada seguire. Le posizioni della UE su Aminatou Haidar ed i numerosi casi di violazione dei diritti dell’uomo registrati in Marocco nei mesi scorsi erano particolarmente attese. Ma non era presente alcun ministro europeo degli affari esteri, per la concomitanza di due consigli ministeriali a Bruxelles. Taieb Fassi Firhi si è ritrovato quindi solo con Frank Belfrange, semplice capo di gabinetto del ministro svedese degli affari esteri (alla testa della delegazione della UE in qualità di rappresentante della presidenza europea), con Benita Ferrero Waldner ed un rappresentante della futura presidenza spagnola. Sentendosi un po’ abbandonato, Taieb Fassi Fihri ha chiamato in aiuto un alleato francese, il segretario di stato agli affari europei Pierre Lellouche che non ha peraltro mancato di incensare il Marocco durante la sua allocuzione.  Nel corso delle discussioni, Fassi Fihri si comunque trovato di fronte a degli interlocutori non troppo feroci, soprattutto Ferrero-Waldner. Interrogato su alcune violazione dei diritti umani commessi dal Marocco, il ministro marocchino li ha giustificati con la necessità di difendere “costi quel che costi” il “fondamento della nostra nazione: la monarchia, l’islam e l’integrità”. Senza suscitare reazioni da parte degli interlocutori.
Le dichiarazioni degli uni e degli altri al termine della riunione riflettono la complessità dei rapporti di forza in seno alle istituzioni europee. La commissaria Ferrero-Waldner, parlando a nome della UE, ha dichiarato semplicemente di essere “preoccupata” per la salute di Aminatou Haidar, chiedendo alla Spagna e al Marocco di trovare una soluzione “politica o umanitaria”. Ha respinto l’idea di un intervento diretto della UE, trattandosi di un “problema bilaterale” tra Marocco e Spagna. Frank Belfrage, invece, ha manifestato “l’inquietudine” dei 27 a proposito della “situazione drammatica” dell’attivista saharawi. In un comunicato pubblicato a fine consiglio, la presidenza svedese ha precisato che nel corso della riunione “l’UE ha da parte sua sottolineato l’importanza del rispetto dei diritti dell’uomo e delle riforme democratiche. Noi sosteniamo gli sforzi dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale ed abbiamo espresso la speranza di una rapida soluzione del caso di Aminatou Haidar”. Il segretario di stato francese Pierre Lellouche non si è espresso sul punto.

L’importanza della libertà di espressione
La sintesi ufficiale presentata dall’esecutivo europeo al termine del consiglio di associazione invia, malgrado tutto, un messaggio forte al Marocco. L’UE riconosce che “le riforme poste in essere negli ultimi anni hanno permesso di consolidare i diritti dell’uomo e di estendere il campo delle libertà individuali” (articolo 20). Ma si fa carico anche delle numerose rivendicazioni di associazioni ed esponenti marocchini, spesso emarginati dal regime, che militano per la realizzazione di un vero Stato di diritto. L’UE ritiene anche che “il ritiro, già annunciato da diversi anni, delle riserve poste ad alcune Convenzioni internazionali e l’adesione ad alcuni Protocolli facoltativi costituiranno dei passi avanti significativi” (articolo 20). Il riconoscimento ufficiale dell’uguaglianza tra uomini e donne, lo sradicamento della tortura o delle sparizioni forzate sono direttamente correlate al ritiro delle riserve o alla firma dei protocolli facoltativi.
 Ma l’elemento forte di questa dichiarazione è nell’articolo 21. L’UE chiede che “tutte le raccomandazioni delle Instance équité et réconciliation” siano attuate. Se questa stessa frase era già stata inserita nel comunicato successivo alla prima riunione Marocco/UE sullo statuto avanzato un anno fa, questa volta i redattori l’hanno stampata in grassetto. Sanno senz’altro che dopo il frastuono mediatico seguito alla istituzione dello IER ed al pagamento, grazie ai soldi dei contribuenti marocchini, di indennità alle vittime degli anni di piombo, il regime marocchino non ha fatto più niente di concreto per applicarne le raccomandazioni. E si capisce perché: tra di esse figura anche la necessità di una riforma costituzionale. In altri termini l’UE dice al Marocco: “Le vostre istituzioni politiche non sono democratiche. Se volete che le nostre relazioni si rafforzino, dovete riformarle”. Quattro anni dopo la loro formulazione, l’AMDH denuncia sempre la non applicazione delle più importanti raccomandazioni.
I recenti attacchi del regime alla stampa indipendente, che hanno avuto una eco relativamente modesta all’estero a confronto della Tunisia per esempio, hanno tuttavia anch’essi ispirato l’articolo 21: “L’UE ricorda l’importanza ch’essa attribuisce al consolidamento della libertà di espressione e della protezione delle fonti. L’UE ricorda anche l’importanza che attribuisce ad una libertà di stampa che sia garantita nell’ambito della legislazione nazionale e che si iscrive nell’ambito generale della protezione della libertà di espressione, diritto fondamentale consacrato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In questo contesto, l’UE incoraggia l’adozione di un nuovo codice della stampa che si ponga in conformità con le norme internazionali in materia, e non preveda alcuna pena detentiva per i giornalisti. L’UE invita peraltro il Marocco a salvaguardare la libertà di associazione e di riunione come anche a proteggere i difensori dei diritti dell’uomo, soprattutto nei territori del Sahara Occidentale. Invita le forze dell’ordine a dare prova di moderazione quando ricorrono alla forza. L’UE si rallegra per il mantenimento della moratoria sulla pena di morte e incoraggia il Marocco ad abolire la pena capitale”.
A proposito del Sahara, l’articolo 29 fa presente che “l’UE resta preoccupata per il conflitto del Sahara occidentale e le sue conseguenze ed implicazioni regionali. Sostiene pienamente l’impegno del Segretario generale delle Nazioni Unite e del suo inviato personale, al fine di trovare una soluzione politica giusta, durevole e mutualmente accettabile che permetterà l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale come disposto dalle risoluzioni delle Nazioni Unite”. L’UE manifesta inoltre il suo “interesse ad un miglioramento della situazione dei diritti dell’uomo in Sahara occidentale; ricorda gli obblighi che incombono su tutte le parti”.
Martedì 8 dicembre, a Ginevra, l’Istituto del Cairo per lo studio dei diritti dell’uomo rende pubblico il suo “Rapporto sullo stato generale dei diritti dell’uomo nel mondo arabo”. Benché il Marocco abbia dato prova da qualche anno di una “relativa tolleranza” nei confronti dei difensori dei diritti dell’uomo, le organizzazioni ed i militanti saharawi “continuano ad essere oggetto di arresti, di torture e processi iniqui”, secondo lo studio.

Decisione storica
In Spagna i partiti politici sono unanimi nel condannare l’atteggiamento marocchino nel caso Haidar. L’eurodeputato Willy Meyer, responsabile delle relazioni esterne del partito Izquierda Unida (IU) chiede oramai all’UE di sospendere immediatamente l’accordo di associazione col Marocco. “Il caso di Aminatou Haidar mostra una volta di più che il Marocco non rispetta l’articolo 2 di questo accordo, consacrato al rispetto dei diritti umani”, spiega in un comunicato.
Questa “clausola diritti dell’uomo”, inclusa in ogni trattato firmato dall’Unione Europea, permette a ciascuna delle parti di sospendere l’accordo in questione, se ritiene che l’altra parte si sia resa colpevole di gravi violazioni dei diritti dell’uomo. Il Parlamento Europeo l’ha soprattutto utilizzata per chiedere la sospensione dell’accordo tra UE e Israele dopo i massacri perpetrati dall’esercito israeliano a Gaza.
Nel 1992 sono stati proprio gli eurodeputati che hanno bloccato l’accordo tra UE e Marocco, rifiutandosi di approvare il rinnovo dei protocolli finanziari. Uno modo per protestare contro le violazioni commesse dal regime di Hassan II. La situazione è stata recuperata qualche mese più tardi quando il Marocco, appoggiato dal suo alleato francese, si è visto proporre un nuovo accordo per l’istituzione di una zona di libero scambio. . Ma secondo numerosi osservatori, questa decisione storica del parlamento europeo, considerata come un vero e proprio “schiaffo ad Hassan II, ha certamente giocato un ruolo nel processo di democratizzazione del paese, avviato poco tempo dopo”.
Nella sottile ripartizione dei poteri in seno alle istituzioni della UE, il Parlamento europeo gioca un ruolo crescente. “E’ una cassa di risonanza enorme, è lui che mobilita le opinioni pubbliche” spiega Catherine Schneider, direttrice del Centre d’Etudes sur la Sécurité internazionale et les Coopérations Européennes (Université de Grenoble). Se il Marocco rischia gli effetti negativi di questo effetto cassa di risonanza del Parlamento europeo  perché è attraverso questa istituzione che  possono farsi sentire le voci critiche, l’Esecutivo europeo resta ancora il decisore definitivo della politica estera della UE. Composta dal Consiglio e dalla Commissione, le sue posizioni sono soprattutto politiche e riflettono gli interessi dei paesi membri più potenti o più coinvolti. Nel caso del Marocco, le ex potenze coloniali, la Francia  e la Spagna, sono i principali partner commerciali del regno. “L’obiettivo della UE, che è quello di consolidare i diritti umani, è reale. Ma quando queste misure mettono in discussione i suoi interessi, soprattutto economici, ecco che si ritorna alla ragione di Stato.

Amnesty mette Rabat sul banco degli imputati
La realizzazione, nel corso degli ultimi anni, di strutture di dialogo dedicate ai diritti dell’uomo permette in ogni caso di evitare di giungere alla sospensione degli accordi. Nel quadro della politica europea di vicinato, l’accento viene piuttosto messo sulle pressioni “positive”, rivolgendo incitamenti ai “buoni allievi”. Comunque gli eurodeputati, da parte loro, continuano ad usare tutti i mezzi a loro disposizione per fare pressione sui paesi terzi che non rispettano le libertà pubbliche o individuali. Nel caso di Aminatou Haidar, alcuni già prendono in considerazione un intervento in seduta plenaria la settimana prossima a Strasburgo. “Dipende dagli sviluppi della situazione”, dice l’eurodeputato portoghese Joao Ferreira.
In un comunicato pubblicato mercoledì 9 dicembre, Amnesty International reclama il “ritorno immediato e senza condizioni” dell’attivista saharawi e annuncia di aver inviato al Primo Ministro Abbas El Fassi 48.000 firme di gente che chiede che il caso sia risolto. L’ONG pone l’attenzione anche sullo stato di salute “molto preoccupante” di Driss Chahtane, direttore della pubblicazione Al Michaal, che subisce attualmente “un trattamento punitivo in regime di isolamento”.





Le raccomandazioni dello IER
I - Il consolidamento delle garanzie costituzionali dei diritti umani, soprattutto attraverso il riconoscimento della prevalenza del diritto internazionale dei diritti dell’uomo sul diritto interno, della presunzione di innocenza e del diritto ad un processo equo… L’IER raccomanda peraltro il rafforzamento del principio della separazione dei poteri ed il divieto costituzionale di ogni interferenza del potere esecutivo nell’organizzazione e funzionamento del potere giudiziario. Raccomanda di esplicitare nel testo costituzionale il contenuto delle libertà e dei diritti fondamentali, relativi alla libertà di circolazione, di espressione, di manifestazione, di associazione, di sciopero…., come anche di principi quali il segreto della corrispondenza, l’inviolabilità del domicilio ed il rispetto della privacy: L’IER raccomanda inoltre di rafforzare il controllo di costituzionalità delle leggi e dei regolamenti autonomi emanati dall’Esecutivo, prevedendo nella Costituzione il diritto dei giudicabili ad eccepire l’incostituzionalità di una legge o di un regolamento autonomo.  Alla stregua del già operante divieto costituzionale del partito unico, l’IER raccomanda infine la proibizione delle sparizioni forzate, della detenzione arbitraria, del genocidio e degli altri crimini contro l’umanità, della tortura e di tutti i trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, ed il divieto di tutte le forme di discriminazione internazionalmente proibite, così come di ogni incitamento al razzismo, alla xenofobia, alla violenza e all’odio.
II- L’adozione e la realizzazione di una strategia nazionale di lotta contro l’impunità. L’IER ritiene che lo sradicamento dell’impunità esiga, oltre alle riforme giuridiche, anche l’elaborazione e l’avvio di politiche pubbliche nel settore della giustizia, della sicurezza e del mantenimento dell’ordine, dell’educazione e della formazione permanente, così come un coinvolgimento attivo dell’insieme della società. Questa strategia deve fondarsi sul diritto internazionale dei diritti dell’uomo e realizzare l’armonizzazione della legislazione penale con gli impegni internazionali del paese.
III – L’IER ritiene che il consolidamento dello stato di diritto esiga inoltre delle riforme nel settore della sicurezza, della giustizia, della legislazione e della politica penale





Editoriale di Aboubakr Jamai


Hooliganismo politico


Doveva essere come una passeggiata, una sorta di coronamento del regime. Ed è quasi diventato il suo processo. La concessione dello “statuto avanzato” al Marocco da parte dell’Unione Europea e l’avvio delle discussioni sul contenuto di questo nuovo statuto dovevano permettere al regime di fregiarsi del riconoscimento di paese rispettoso dei diritti dell’uomo, di paese in cammino verso la democrazia. E poi, patratac. Taieb Fassi Fihri, ministro degli affari esteri, è andato a Bruxelles a farsi tirare le orecchie per il non rispetto dei diritti dell’uomo. Una settimana dopo, il suo segretario generale é stato redarguito da alcuni deputati europei che si domandavano se l’UE non perda di credibilità accordando uno “statuto avanzato” ad un paese che disprezza le libertà e i principi democratici.
Reagendo alle pressioni della UE e della Spagna, gli uomini del regime si sono sentiti sicuri di poter mettere i puntini sulle i. Due di loro meritano la nostra attenzione, perché sono tra gli uomini più potenti del regno. I loro discorsi sono dunque rivelatori della natura di questo regime. Con parole scandalose per corruzione morale e mediocrità, Fuad Ali El Himma e Taieb Fassi Fihri hanno, ciascuno a suo modo, svelato i fondamenti morali decrepiti di questo regime.
L’ex ministro degli interni ha misurato la gravità delle sue parole? Questo intimo amico del Re e fondatore di un partito che dovrebbe modernizzare il campo politico marocchino era cosciente dell’enormità delle sue parole? A Laayoune El Himma non ha trovato niente di meglio da dire che minacciare la Spagna di non cooperare più nella lotta contro il traffico di droga, il terrorismo e l’immigrazione clandestina. Questi tre flagelli sono dunque armi che si possono ritorcere contro un paese vicino. Non li si combatte perché sono contrari ai nostri principi ed alle nostre leggi. Li si combatte perché in cambio l’Europa ci lasci reprimere come vogliamo. E se necessario, li si possono strumentalizzare contro coloro che si oppongono ai nostri costumi autoritari. Ecco il messaggio spaventoso che F. El Himma ha mandato al resto del mondo. L’Iran ha  Ahmadinejad e il nucleare, noi abbiamo El Himma, la cannabis, il terrorismo e i clandestini.
Taieb Fassi Fihri non è stato da meno. Meno inventivo del suo collega di governo, il ministro degli affari esteri ha ripetuto davanti ad un uditorio europeo un argomento logoro, ma quanto insultante per la nostra identità! Di fronte alle critiche dei suoi interlocutori europei sulla violazione dei diritti umani e della libertà di stampa, ha risposto che in Marocco dobbiamo rispettare i tre pilastri che sono la monarchia, l’islam e l’integrità territoriale. Come se fossero fondamentalmente contraddittori con i valori universali della libertà di espressione del rispetto dei diritti dell’uomo. Nel momento in cui le società occidentali si pongono (male) delle domande sulla compatibilità dell’islam coi valori democratici, il nostro ministro degli affari esteri  fa loro sapere che, sì, è incompatibile con questi valori. E che dire dell’integrità territoriale e della monarchia? E’ questo il senso che diamo a questi due totem della nostra vita politica? Se questo è il livello del dibattito, questo non è patriottismo, ma hooliganismo.
Questa presa in ostaggio dei simboli di una nazione e la loro strumentalizzazione a beneficio di un regime che rifiuta i cambiamenti non è però senza resistenza.  Le rimostranze dell’UE devono essere prese come un incoraggiamento per tutte quelle associazioni, giornali, singoli individui che osano battersi per delle idee di libertà e di democrazia, Emarginati dalla élite al potere, ignorati dai media agli ordini, trovano in queste pressioni esercitate da altri paesi e istituzioni, anche se amici del Marocco, un sostegno gradito per una lotta peraltro molto difficile. Ma il loro lavoro conta sicuramente qualcosa nelle pressioni sul regime per una maggiore apertura. Bisogna ben ammettere ch’esso si è auto inflitto molte sgradevolezze.
Due serie di avvenimenti recenti sono all’origine dell’irritazione della UE. La repressione isterica che ha colpito la stampa qualche settimana fa e la gestione che il Marocco ha fatto del caso di Aminatou Haidar. Ciò che più colpisce quando si analizzano questi due esempi di repressione è la loro gratuità. In altri termini, che cosa sarebbe successo se il regime non si fosse accanito sulla stampa e se non avesse privato Aminatou Haidar della sua nazionalità prima di espellerla? A parte evitare l’umiliazione delle raccomandazioni/ingiunzioni della UE a rispettare la libertà di stampa e i diritti umani, niente. Quale surplus di rispetto ha guadagnato la monarchia utilizzando la sua giustizia agli ordini per mandare in prigione dei giornalisti, chiudere dei giornali, rovinare delle imprese giornalistiche? Quale prestigio ha accumulato nel trattare Aminatou Haidar come l’ha trattata? Come questo trattamento avrebbe convinto il resto del mondo della marocchinità del Sahara? Perché, se qualcuno l’avesse dimenticato, è questo che riteniamo di dover fare. Allora perché? Perché è nella natura di questo regime. Una natura, ahimè nutrita dalla nostra debolezza collettiva e dalla incapacità di costruire un paese rispettose della dignità dei suoi cittadini.
Il regime marocchino, come certi regimi autocratici, è diventato un eroinomane della repressione. Dei tossici che si bucano di autoritarismo e devono aumentare sempre la dose. In questa metafora noi collettivamente siamo gli spacciatori. Tacendo, farfugliando gli argomenti sedicenti patriottici di una stupidità stupefacente come è andato a fare Abdelouahed Radi questa settimana in Spagna. E non osando criticare i comportamenti e le decisioni manifestamente idiote. Allora svezziamoli.